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Copertine

Una copertina è per noi un oggetto quasi religioso, nel senso etimologico del termine: un “legame” con l’idea da cui Globus ha avuto origine; un “legame” con i lettori.

La nostra ambizione e il nostro impegno non sono solo rivolti a fare per bene una rivista, ma cercare di costruire un modello attorno a quell’affascinante mestiere di raccontare delle storie. Nel nostro caso: immagini, parole e suggestioni dal mondo.
In questa prospettiva riconosciamo alla ‘copertina’ un ruolo fondamentale giacché essa rappresenta la carta di identità di una linea editoriale, la sua direzione, il suo stile, la sua riconoscibilità, la sua visione.

In questa sezione vogliamo perciò dare risalto alle copertine, alle storie che sottendono, agli autori che le realizzano.

Marcello Dudovich

Nella copertina del numero 13 viene proposta una rielaborazione originale, a cura di Giovanni Audino, di uno dei più celebri cartelloni promozionali realizzati da Marcello Dudovich: si tratta del manifesto prodotto nel 1934 per la nuova Fiat Balilla. Un manifesto innovativo per l’epoca, che presenta una dinamica ed elegante figura femminile in primo piano, mentre la vettura è definita sullo sfondo. Dudovich è stato uno dei precursori e un pilastro dell’arte pubblicistica italiana, con un suo linguaggio artistico riconoscibile e raffinato, che non disdegna l’umorismo fine e signorile. Un “cartellonista” colto che al messaggio effimero della pubblicità ha ancorato il messaggio duraturo dell’arte.

Giovanni Audino, graphic designer, compie i suoi studi all’Istituto Superiore di Design di Milano. Lavora per due anni presso un’agenzia di grafica e stampa a Reggio Emilia maturando esperienza come illustratore e operatore sui nuovi sistemi informatici. Consegue intanto il diploma di amministratore e addetto al Marketing di Imprese Cooperative. Ha frequentando corsi di aggiornamento a Messina, a Bari e a Milano sulle nuove tecnologie di stampa. Fonda un quindicinale di annunci gratuiti e un’agenzia pubblicitaria a Catanzaro, dove tuttora opera. Ha insegnato grafica pubblicitaria e comunicazione per conto dell’Ente formativo ECIPA. Dal 2002 lavora in proprio, collaborando con alcune tra le più importanti aziende regionali e nazionali.

Numero Tredici

Bronzi di Pergola

Un gruppo unico al mondo, una preziosità artistica e di inestimabile pregio: sono i Bronzi dorati da Cartoceto di Pergola, località sita nella  provincia di Pesaro-Urbino. Reperti straordinari e di incomparabile bellezza che dall’età romana sono giunti fino ai nostri giorni. Solo il caso lo ha reso possibile: sepolti in un terreno della località di Santa Lucia di Calamello,  sono affiorati la mattina del 26 giugno 1946 durante alcuni lavori di scavo. Le sculture – databili tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C. – sono realizzate con la tecnica della cera persa, impiegata nell’antichità per la fusione di statue cave in bronzo mediante la creazione di un modello di cera ideale per la realizzazione di figure di grandi dimensioni. Le statue di Pergola rappresentano l’unico gruppo di bronzo dorato di età romana attualmente noto. Sono espressione di quella politica di diffusione di immagini monumentali che ha contraddistinto il mondo romano dall’età tardo-repubblicana in poi.

Roberto Besana, nato a Monza, risiede a La Spezia. Un lungo passato da manager editoriale giunto sino alla direzione generale della De Agostini, coltiva la sua passione per la fotografia operando per lo sviluppo e realizzazione di progetti culturali attraverso mostre, convegni, pubblicazioni. Nella sua fotografia riverbera la sensibilità ai temi ambientali per i quali è attivo nella diffusione di conoscenza e rispetto. Le sue immagini sono principalmente “all’aria aperta”, laddove lo portano i passi. Ambiente e paesaggio sono i suoi principali filoni di ricerca. I suoi lavori fotografici sono presenti in libri e quotidiani, siti web, riviste. Al suo all’attivo innumerevoli mostre personali e collettive. Dirige o collabora alla realizzazione di eventi e festival culturali. Membro del comitato scientifico del periodico culturale Globus, curatore editoriale della collana “Fotografia e Parola“ di Oltre Edizioni, ha una rubrica fissa sul periodico .eco e NOCSensei. I suoi ultimi libri pubblicati:  L’albero, dialoghi tra fotografo e scrittore, 2020;  Il Paesaggio, dialoghi tra fotografia e parola, 2021;  La Sfilata del Palio del Golfo, 2021;  L’acqua, dialoghi tra fotografia e parola, 2022

Numero Dodici

Venere e Marte, gesso di Antonio Canova

Nella copertina del numero 11, edizione su carta dell’equinozio d’autunno 2023, rendiamo omaggio ad uno dei più grandi scultori di tutti i tempi: Antonio Canova. L’opera è intitolata Venere e Marte, ed è stata realizzata nel 1816. Il gesso, 210x122x60 cm, si trova nella città natale dell’artista veneto, a Possagno (TV), ed è custodito dal Museo Gypsotheca Antonio Canova. La fotografia è di Angelo Aldo Filippin, ed è stata scattata nel 2022 in occasione della mostra “Io, Canova. Genio europeo”  tenutasi al Museo Civico di Bassano del Grappa (VI) dal 15 ottobre 2022 al 12 marzo 2023.

Angelo Aldo Filippin fotografa fin dai primi anni ’70. La sua esperienza si è concentrata
principalmente nella tecnica del monocromatico (bianco/nero), della quale è un profondo conoscitore. Nel 1979, nella sua città natale in provincia di Vicenza, ha partecipato alla fondazione del Circolo “Marostica Fotografia”, club tuttora in piena attività. Negli anni ’80 ha partecipato ai principali concorsi fotografici nazionali aggiudicandosi numerosi premi. Ha esposto in molte città italiane. Nel 2015, nell’ambito di Expo Milano, ha partecipato alla prima edizione della Biennale della Fotografia diretta da Vittorio Sgarbi. Dal 2005 ha iniziato a catalogare il suo vasto archivio analogico, frutto del suo lavoro in diversi luoghi del mondo.

Numero Undici

Machu Picchu e gli Imperi d’oro del Perù

L’immagine della copertina del numero 10 è tratta dal percorso illustrato che nella mostra “Machu Picchu e gli Imperi d’oro del Perù. In mostra 3000 anni di civiltà dalle origini agli Inca” (MUDEC, Milano, dall’8 ottobre 2022 al 19 febbraio 2023) ha raccontato, lungo le pareti della sala dedicate alla mitologia, il viaggio dell’eroe Ai Apaec attraverso i tre mondi che coesistono simultaneamente nella cosmologia andina: il Mondo di Sopra; il Mondo del Qui e Ora, e il Mondo di Sotto.

Ai Apaec in riva al mare incontra il Granchio. Il suo scopo non è uccidere i suoi avversari, bensì ottenerne i poteri soprannaturali.

Sconfiggendo il Granchio l’eroe acquisisce il potere di camminare nella sabbia.

Numero Dieci

L’Essenza Duale di Antonio Saladino

La copertina del n. 9 ospita l’artista Antonio Saladino, con la sua “Essenza Duale”. Egli costruisce ogni singola opera come identità di uno spazio comune che la rapporta alle altre opere del suo progetto, come astri di una costellazione. Definisce ogni opera nella sua unicità espressiva, all’interno di un oggetto scultoreo che è allo stesso tempo forma e modello linguistico-plastico carico di valenze significanti, di reminiscenze delle proprie memorie la cui definizione simbolica viene ripetuta per ogni singola opera, per ogni parte del tutto. In questa serie di opere, l’artista traduce l’essenza mutevole di universi artistici differenti, in un continuo flusso ideativo da cui s’origina l’essenza generativa dell’opera, che diventa, in questo caso, dimora di bellezza condivisa, ovvero “essenza duale”.

Antonio Saladino, ceramista, scultore e pittore, è diplomato in Arte della Ceramica, ha frequentato la facoltà di Architettura ed è abilitato all’insegnamento di Disegno e storia dell’arte. Socio fondatore dell’Associazione archeologica Lamezia, successivamente dei “Magazzini Voltaire” e infine del centro “Angelo Savelli Artecontemporanea”, ha collaborato con la Sovrintendenza archeologica della Calabria. Espone i suoi lavori sin dal 1972.

Numero Nove

I Bronzi di Riace

In una calda giornata dell’agosto del 1972 il limpido mare magnogreco di Riace restituiva ai comuni mortali due uomini di bellezza presto divenuta leggendaria, emersi come Venere dalle acque al termine di un lungo oblio durato quasi due millenni. Non si trattò di un ritrovamento, ma di una rinascita. I bronzi di Riace sono tra quelle memorie di assoluta bellezza che appartengono al mondo prima che ai cultori dell’antico. A mezzo secolo da questo importante ritrovamento, «Globus» ne celebra la bellezza immortale dedicando la copertina ad un primo piano del Bronzo A, fotografato da Luigi Spina

Luigi Spina, classe 1966, laureato in Scienze Politiche, è un fotografo alla cui base del suo processo creativo sta l’uso del bianco e nero. Filo conduttore nelle sue opere è la ricerca della bellezza. Una bellezza che, da sempre, è sfuggevole, temporanea, tuttavia, mitica e rigeneratrice se paragonata con la caducità della vita umana. Da ciò trae motivo per confrontarsi con la memoria degli uomini o meglio con le tracce che tanti ci hanno lasciato in eredità. Bellezza, Tempo, Morte e Fede. Perciò i suoi principali campi di ricerca sono gli anfiteatri, il senso civico del sacro, i legami tra arte e fede, le antiche identità culturali. Ha pubblicato oltre 22 libri fotografici e realizzato campagne fotografie per enti e musei. La rivista «Artribune» lo ha nominato miglior fotografo dell’anno 2020.

Numero Otto

Il sorriso dell’Avana

Una meravigliosa Cadillac Type 61 Coupe 1950 sfreccia su San Lazaro, la strada che corre parallela al Malecon dell’Avana. La capitale cubana ha il suo indiscutibile fascino. Le automobili colorate degli anni Cinquanta, ancora oggi presenti in gran numero, sono figlie di quel periodo del secolo scorso quando, prima della Revolución, l’isola caraibica divenne un luogo molto frequentato dagli statunitensi che qui trovavano nightclub e gioco d’azzardo. Quelle fantastiche autovetture, ancora circolanti, si possono considerare a tutti gli effetti un museo diffuso e mobile: un vero e proprio elemento identitario habanero.

Paolo Ferraina cresce in una famiglia di fotografi osservando meticolosamente il lavori dei nonni paterni e del padre, fotografo glamour. Laureato all’Accademia di Belle Arti di Catanzaro si occupa di fotografia e videografia di varia applicazione (artistica, documentaristica, sociale) ed esplora campi quali l’arte contemporanea seguendo interventi e vite d’arte. Attraverso l’opera Isole Umane mette propone una serie di scatti che da più prospettive portano in risalto la capacità dell’uomo di distaccarsi dalla quotidianità mettendo a fuoco il concetto di “isolamento”.

Numero Sette

L’esercito di terracotta di Xi’an

L’esercito di terracotta (detto anche Armata di terracotta, o Guerrieri di Xi’an) è il più imponente e più importante sito archeologico cinese. Si tratta del mausoleo del primo imperatore della dinastia Qin, risalente al III sec. a.C., e il cui ritrovamento è datato 1974. Queste figure, che oggi sono visibili in numero di circa 2000 ma che dovevano arrivare forse addirittura a 10000, furono create per ordine del primo imperatore cinese appositamente per la sua tomba. Quella di Xi’an è ritenuta la più grande scoperta archeologica del XX secolo. Dal 1987 fa parte del patrimonio UNESCO ed è considerata l’ottava meraviglia del mondo.

L’immagine di questa copertina, e quelle del rispettivo articolo sull’esercito di terracotta, sono state realizzate in analogico nel 2005 e finora mai pubblicate, da Angelo Aldo Filippin, che fotografa fin dai primi anni ’70. La sua esperienza si è concentrata principalmente nella tecnica del monocromatico (bianco/nero), della quale è un profondo conoscitore. Nel 1979, nella sua città natale in provincia di Vicenza, ha partecipato alla fondazione del Circolo “Marostica Fotografia”, club tuttora in piena attività. Negli anni ’80 ha partecipato ai principali concorsi fotografici nazionali aggiudicandosi numerosi premi. Ha esposto in molte città italiane. Nel 2015, nell’ambito di Expo Milano, ha partecipato alla prima edizione della Biennale della Fotografia diretta da Vittorio Sgarbi. Dal 2005 ha iniziato a catalogare il suo vasto archivio analogico, frutto del suo lavoro in diversi luoghi del mondo.

Numero Sei

Inseguendo il coniglio bianco

È un’elaborazione fotografica di Paul Brouns. “Un cortile ad Amburgo in Germania è stato il punto di partenza di questa composizione. Sono rimasto incantato da tutte le linee e le finestre intorno e dalle nuvole sopra. Per migliorare questa sensazione magica ho allargato la profondità prospettica al centro della composizione e l’ho sfumata in una nuvola di fronte”.

Paul Brouns è un fotografo olandese che vive e lavora vicino ad Amsterdam. Osservatore attento del mondo urbano, è attratto dalla poesia astratta e ritmica degli edifici e delle facciate in particolare. Si concentra solo su elementi particolari dell’architettura, come il “ritmo” delle finestre e il colore delle superfici delle pareti. Di proposito Brouns lascia fuori dalla sua attenzione e dal suo obiettivo tutto ciò che insiste attorno agli edifici, per cui il suo focus è completamente diretto alle pareti. Ogni fotografia racconta una storia diversa a motivo delle caratteristiche peculiari dell’edificio, combinate con la luce e i dettagli del momento specifico in cui l’immagine viene catturata.

Numero Cinque

Re Italo – illustrazione di Frelly (Enrico Focarelli Barone)

Col Re Italo germogliarono le primordiali idee di unificazione, condivisione, fratellanza e di identificazione di un popolo con un determinato territorio. Una sorta di unità creata nel territorio centrale della penisola calabrese (che oggi chiamiamo Istmo di Catanzaro), dando origine ad un’unificazione basata sull’aggregazione di più territori e popoli, sull’adozione di leggi comuni e sull’istituzione dei sissizi, usanza che rispondeva alla necessità di annullare ogni interesse privato che si potesse anteporre a quello comunitario e che produceva una forma di compartecipazione etica perché orientata verso la saggezza e la felicità. (Illustrazione di Frelly – Enrico Focarelli Barone)

Enrico Focarelli Barone, alias Frelly, è un illustratore freelance. Laureato in Illustrazione all’Istituto Europeo di Design di Roma (IED) si è specializzato in disegno editoriale ed illustrazione concettuale. Lavora da molti anni sia nel campo dell’editoria che in quello della pubblicità. Colori pastello, linee semplici e mondi surreali, sono il filo conduttore delle sue illustrazioni concettuali dove sogno e realtà si incontrano.

Numero Quattro

Il ventilatore – acrilico su tela di Emilio Tadini, 1972

È questa un’opera del periodo in cui – siamo negli anni ’70 del secolo scorso – Emilio Tadini indaga sulla relazione tra soggetto e oggetto, che interessa non solo il mondo della pop art ma anche la relazione psicoanalitica e filosofica del Novecento. L’oggetto è testimonianza della presenza dell’uomo, è storia, è simbolo e rappresentazione. Nell’opera la scatola sembra rovesciare nell’apparente vuoto oggetti e soggetti (trasformati in manichino alla De Chirico maniera). L’uomo è nello spazio, nella scena del mondo, insieme alle cose e, con esse, si muove nel caos esistenziale rappresentato dal ventilatore.

Emilio Tadini – Nato a Milano nel 1927, morto il 2002, laureato in Lettere, con la sua vena creativa ha attraversato pressoché tutte le forme dell’arte: è stato infatti pittore, scrittore, poeta, drammaturgo, traduttore, saggista e giornalista. Dal 1997 al 2000 ha pure ricoperto la carica di presidente dell’Accademia di Belle Arti di Brera. Nel 2008, in sua memoria, è stato fondato un museo-archivio nel capoluogo lombardo.

Numero Tre

L’Armata perduta di Cambise II – Illustrazione di Francesco Bongiorni

Nelle sue Storie Erodoto ci racconta di un’armata composta da 50.000 soldati persiani guidati da Cambise II, figlio di Ciro il Grande, improvvisamente inghiottiti dalla sabbia del deserto sotto la violenta spinta del Khamsin, il temibile vento egiziano. Siamo nel 525 a.C. circa. Scopo della missione militare era quella di combattere gli Ammoni, cioè gli abitanti di quella che oggi è l’oasi di Siwa nel deserto libico-nubiano, forse per controllare il commercio del silphium e incendiare l’oracolo di Zeus. Un’intera armata di cui si sono perse le tracce, tranne quelle trovate pochi anni fa durante alcune spedizioni archeologiche.

Francesco Bongiorni – Nato nel 1984, illustratore, vive e lavora tra Madrid e Milano. Dopo aver frequentato il corso di pittura all’accademia di Belle Arti NABA di Milano, ha trovato nell’illustrazione un’efficace sintesi alle iniziali vocazioni per il fumetto e la pittura. Collabora regolarmente con “The New York Times”, AC Milan, Air France, “The Guardian”, Washington Post”, “The Wall Street Journal” e “Le Monde”. Nel 2018 gli viene assegnata la medaglia d’argento nella categoria Institutional presso la Society of Illustrators di New York.

www.francescobongiorni.com
Ig: @francescobongiorni

Numero Due

Teatro dell’Opera di Oslo (Norvegia), sede della Den Norske Opera & Ballett – Fotografia di Karsten Thormaehlen

Il nuovo Teatro dell’Opera di Oslo è considerato il più grande progetto culturale della Norvegia del dopoguerra. L’edificio, modellato su un iceberg galleggiante, è stato progettato e costruito (2003-2008) dallo studio di architettura norvegese Snøhetta, con Christoph Kapeller design leader e direttore del progetto. Ha più di 1.100 sale interne, con il palco principale dotato di 1.358 posti a sedere. La grande sala ricorda per forma, dimensioni e struttura, quella della Semperoper di Dresda. La facciata dell’edificio è composta per il 90% da marmo bianco di Carrara italiano e per il rimanente da granito norvegese.

Karsten Thormaehlen – Nato nel 1965 a Bad Kreuznach (Germania), ha studiato Design della Comunicazione all’Università Tecnica di Wiesbaden e lavorato come fotografo freelance, direttore artistico e creativo per rinomate agenzie pubblicitarie in Germania, Francia e Stati Uniti. Insegna, tiene seminari ed espone i suoi progetti in tutto il mondo. È stato menzionato due volte tra i migliori 200 fotografi pubblicitari al mondo. Ha vinto il Leone d’oro per la Creatività al Lions Festival di Cannes, ha ricevuto più volte il Premio della Fotografia di Parigi e due volte il premio Taylor Wessing Photographic Portrait Prize della Galleria Nazionale di Londra.

Numero Uno

La Porta di Fès – Illustrazione di Angela Maria Russo

Fès è la città dei sogni, con un’atmosfera da fiaba tutta sua, popolata da personaggi tipici che si aggirano e si nascondono tra le viuzze dei vari quartieri. Si entra nella città vecchia, protetta da poderose mura, dalla sua porta più bella: la porta Bab Boujloud, splendida con le sue innumerevoli maioliche azzurro cielo e verde giada su cui brilla il sole.

Angela Maria Russo – Laureata in Scienze Biologiche, è anche una bravissima illustratrice partecipando, in tale veste, a numerose mostre in Italia e all’estero. Alcuni suoi lavori sono presenti nelle collezioni di Hunt Institure, Pittsburgh (USA); Centro di documentazione dell’Illustrazione Contemporanea, Bolzano; Fondazione Universitaria Salerno; Fondazione Nazionale Collodi e in varie collezioni private. Ha partecipato a numerose mostre sui taccuini di viaggio. Ha pubblicato, come autrice e illustratrice, alcuni libri sulla natura e sui viaggi. Insegna acquerello in varie strutture pubbliche e private.

Numero Zero