Nel 1959, durante i lavori per collocazione di alcune tubazioni al Pireo, furono rinvenute le statue in bronzo delle dee Atena e Artemide. In passato, diversi studiosi si sono occupati di queste statue, ritenendo che fossero conservate in un magazzino del porto di Atene in attesa di essere caricate su una nave. In base al rinvenimento di una moneta di Mitridate VI dell’87 a.C. vicino alla statua di Atena, è stato ipotizzato che queste due statue facessero parte del ricco bottino fatto da Silla nell’86 a.C., dopo la conquista e il saccheggio di Atene. Secondo un’altra teoria, invece, queste statue erano state preparate per essere sottratte all’imminente attacco dei Romani.

In base ad alcune caratteristiche tecniche e stilistiche, in particolare la resa del panneggio, la statua di Atena è stata attribuita a Cefisodoto il Vecchio, padre di Prassitele, noto anche per altre sculture di questa divinità, e datata tra il 360 ed il 340 a.C.
Cefisodoto apparteneva ad una famiglia di scultori e si era formato nella tradizione di Fidia, proseguendo la tradizione di Alcamene. La sua opera più nota era collocata nell’agorà di Atene e rappresentava la dea Irene (“Pace”) con il piccolo Pluto (“Ricchezza”) in braccio. Questo gruppo scultoreo fu eretto attorno al 373 a.C., quando Atene, grazie ad una serie di campagne – in particolare le vittorie della seconda lega navale attica guidata da Timoteo (Pausania, I, 8, 2; IX, 16, 1-2) –, aveva ripreso le sue intense attività commerciali nel Mediterraneo. È proprio in questa scultura che possiamo osservare il panneggio che caratterizza le opere di Cefisodoto, nonché la testa dell’ovale pienamente definito e dai lunghi capelli che cadono sulle spalle.

Tutte queste caratteristiche evidenziano la ricerca di un approfondimento psicologico, che nel caso della scultura di Irene vede anche un’intensa trattazione dello sguardo che rivolge al piccolo Pluto, che crea un legame silenzioso tra i due personaggi. Questo gruppo scultoreo ebbe una grandissima fama, tanto da essere riprodotto su monete, anfore panatenaiche e rilievi marmorei. Diverse copie sono state realizzate in età romana, in particolare quella conservata presso la Gliptoteca di Monaco. Tra le altre opere attribuite a Cefisodoto possiamo ricordare un gruppo con le nove Muse realizzato per il santuario dell’Elicona ed eseguito in collaborazione con Strongilionee Olimpiostene (Pausania, IX, 30, 1) ed un Ermes in bronzo con in braccio il piccolo Dioniso ricordato da Plinio (Naturalis historia, XXXIV, 50).


Entrambe le statue provengono dal porto ateniese del Pireo, che prende il nome da un demo dell’Attica ed è situato sulla costa occidentale a circa sette chilometri da Atene, ad ovest del monte Imetto e a sud di Egaleo. Il centro del demo doveva essere collocato molto probabilmente sulla collina Munichia. All’inizio del V secolo a.C. il Pireo divenne il principale porto di Atene, prendendo il posto del Falero durante le guerre persiane, in quanto fu fortificato da Temistocle (Diodoro, XI, 41, 2; Pausania, I, 1, 2). Le prime fortificazioni di questo demo risalgono al tempo del tiranno Ippia, che dotò di mure la collina di Munichia. Nel corso del V secolo a.C. il Pireo crebbe di dimensioni, seguendo l’impianto ideato dall’architetto Ippodamo di Mileto (Aristotele, Politica, II, 1267b), con ampie strade dritte che contrastavano con quelle tortuose di Atene, per questo la sua agorà fu denominata Ippodamia.
di Giancarlo Germanà Bozza
In copertina: Dettaglio della statua di Atena del Pireo