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“Seduta di coppia”.  La personale di Antonio Pronostico, miglior illustratore 2021

Il Premio Artribune come Migliore Illustratore 2021 è andato ad Antonio Pronostico.  Nato nel 1987, Pronostico ha studiato comunicazione visiva a Firenze, dove ha iniziato a disegnare e con due grandi amici ha fondato il Collettivomensa, rivista autoprodotta di letteratura e fumetto. Nel 2019, insieme al regista Fulvio Risuleo, ha pubblicato Sniff, il suo primo graphic novel, edito da Coconino Press. Successive pubblicazioni sono state Passatempo, Cinque e poi Tango. Ha collaborato con diverse riviste. La sua prima personale è stata realizzata a Roma nel 2017, col titolo Amore, amore un corno. Nel 2020 ha esposto i suoi lavori alla Galerie Glénat a Parigi.

Dal 5 febbraio fino al 5 marzo 2022 Antonio Pronostico espone a Roma la sua “Seduta di coppia”, mostra personale presentata da Rosso20sette arte contemporanea, nella sede di via del Sudario, 39.

 

Di seguito un testo critico scritto da Fabiagio Salerno

Sulla rivista c’è un’immagine: un soggiorno dai pavimenti in resina. E un camino addossato al muro con due ciocchi di legno – cilindri perfetti, dalla corteccia liscia – che non bruciano. Non si vedono tracce di cenere, parrebbe che il fuoco non sia mai stato acceso. Enormi vetrate inquadrano un paesaggio da cartolina dai contorni sfumati nella nebbia, tra poco cadrà una nevicata copiosa. I muri caldi di cemento faccia-vista toccano terra esatti, non hanno battiscopa, segnano uno spazio perfettamente quadrato. Al centro un solo faro illumina una sedia, in acciaio cromato e pelle nera. È una Barcellona di Mies Van der Rohe, è vuota. Non doveva finire così. Quando alla fine dell’Ottocento William Morris diede slancio alle idee dell’Art and Craft, che hanno gettato le basi di quello che oggi chiamiamo design, non poteva avere idea del significato che la parola avrebbe assunto nel tempo: prodotti da cartolina per un pugno di ricchi. Con lo sviluppo dell’industria e la cultura del consumo di massa, la preoccupazione di Morris era far sì che si producessero prodotti di qualità alla portata di tutti – terrorizzato dalla prospettiva che la realizzazione in serie di oggetti comuni ci avrebbe condotti ad abbrutimento e omogolazione.

Sono un architetto. Un giorno chiesi a un falegname di Firenze di fare delle sedie per una casa in collina di clienti facoltosi. Gli diedi piena libertà: al contrario di quanto avveniva in epoca proto-industriale, oggi è un lusso possedere oggetti artigianali. Il falegname mi consegnò una serie di sedie comodissime e dai dettagli ineccepibili, ma anonime. Rimasi deluso. Mi spiegò che questo è ciò che fanno gli artigiani da sempre: prodotti funzionali. La distorsione è pretendere che un falegname sia necessariamente un artista. Ne esistono di falegnami-artisti, ma se a un falegname chiedi una sedia, molto probabilmente ti darà una sedia a forma di sedia. Nella visione di Morris il design industriale doveva essere il ponte tra l’artigiano e i consumatori, che avrebbero avuto finalmente la possibilità di elevare la propria esistenza tramite bellissimi prodotti a basso costo. Nell’era della riproducibilità tecnica, ci sembra ovvio che l’ideazione di un oggetto (ordinario o straordinario che sia) sia un processo complicato, frutto degli sforzi di menti eccelse; mentre la sua produzione in serie sia un fatto meccanico, che non richiede sforzi. Il progettista di oggetti – il designer – è quindi un intellettuale privo di manualità, che modella le idee che qualcun altro realizzerà. Questo lo rende molto architetto e poco artigiano, poiché la sua idea è mediata da un processo industriale. Aver uniformato in quel processo la realizzazione degli oggetti a quella degli edifici, ha fatto sì che tutti i grandi architetti dell’era moderna si siano cimentati nel design di oggetti di largo impiego. La sedia è la regina del design industriale (per qualcuno se la gioca con la lampada), perché è una sintesi dell’architettura: materia, forma e struttura si condensano in un oggetto semplice, la cui funzione è così chiara che non va spiegata.

Invece della funzione sociale del design immaginato da Morris è rimasto poco: esiste una frattura profonda per cui gli oggetti di design sono così preziosi da elevare lo spirito elitario dell’alta borghesia. Ho iniziato a capirlo quando ho visto portare in soggiorno una LC2, la poltrona disegnata da Le Corbusier, e dopo lo scatto di una foto riportarla via. L’architettura è un’immagine e il design è il suo decoro. Ci meravigliamo quando un progetto finito è davvero identico al suo render – e la sedia è un orpello tra gli altri: caratterizza l’immagine di uno spazio rigorosamente vuoto. Così perfino un oggetto d’uso quotidiano come la sedia ha finito per perdere la sua funzione. Il divano ci ha inghiottiti a tal punto da riuscire a diventare insieme seduta e tavolo da pranzo, che sfruttiamo mangiando sushi con lo sguardo proiettato nell’orizzonte di serie Netflix. Le cucine ruotano attorno a isole circondate di sgabelli, e nelle sale riunioni di Google spadroneggiano i pouff.

In un viaggio in Marocco mi innamorai di uno spazio senza sedie. Attorno a un vuoto dal perimetro irregolare, si distribuivano sedute fatte di cassetti, sportelli e anfratti polverosi. Sopra uno scaffale basso si snodava un serpentone di cuscini, a volte doppi o tripli, dove erano assenti emergeva il nudo del legno. Su quella che possiamo quasi considerare una sorta di singolarissima sedia stavamo in venti, poi c’erano due gatti, qualche libro, un pezzo di pane e un narghilè. Mentre quella seduta ci accoglieva parlavamo tra noi, intenti a osservare il centro vuoto. La vita era lungo il perimetro. Sono certo che se avessi dovuto fotografare quell’enorme spazio vuoto ci avrei messo una sedia griffata, disegnata da un grande architetto.

Con le sue Sedute di coppia Antonio Pronostico tenta di dar vita a oggetti spesso ostili, costringendo su sedie coppie di innamorati intenti nelle più varie attività: c’è chi prende un libro in cima a uno scaffale, chi amoreggia, chi si consola, chi sonnecchia. Sono sedie spesso scomode – questo si coglie anche nella stilizzazione del fumettista – eppure in questa serie di immagini Pronostico è riuscito in un’impresa che tante volte è sfuggita a chi quelle sedie le ha progettate: ci ha portato la vita.

 

 

 

 

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