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Egitto. Viaggio verso l’immortalità

Faraoni, piramidi, sontuosi corredi tombali, mummie che si risvegliano, misteri… l’eterno, esotico fascino dell’antico Egitto, così come diffuso da infiniti film e racconti. “Egitto. Viaggio verso l’immortalità”, a Palazzo Sarcinelli di Conegliano (TV) dal 23 ottobre 2024 al 6 aprile 2025, conduce il visitatore nella realtà sottesa al fantasmagorico turbinio di leggende sorte intorno ai faraoni e agli altri dèi; per scoprire, e capire, le credenze ed i riti che accompagnavano la morte nell’Egitto dei faraoni, riti e credenze così pervasivi da sopravvivere all’occupazione romana. Miti non troppo dissimili da quelli di altre religioni, fatta forse salva una specifica necessità: quella di preservare i corpi per garantirsi la vita eterna.

Statua raffigurante Iside e Horo, bronzo, Epoca Tarda (656 – 332 a.C.)
Cassa canopica, legno stuccato e dipinto, Nuovo Regno – Terzo Periodo Intermedio (1550 – 656 a.C.)

Si tratta di una mostra rigorosamente scientifica, a cura di Maria Cristina Guidotti, organizzata da ARTIKA e Contemporanea Progetti, in collaborazione con il Comune di Conegliano. La totalità delle opere esposte proviene dal Museo Egizio di Firenze (Museo Archeologico Nazionale di Firenze), in esclusiva a Conegliano dopo la tappa internazionale in Danimarca.

Canopo della defunta Takharet, alabastro, Epoca Tarda (656 – 332 a.C.)

La mostra indaga l’inizio del viaggio verso l’immortalità, le pratiche di imbalsamazione, la funzione dei corredi che accompagnavano il defunto verso i Campi di Iaru, poi conosciuti come Campi Elisi e, volendo, il Paradiso. Più di cento reperti straordinari, compresi alcuni scoperti nel corso della spedizione guidata dal mitico Jean-François Champollion (il decifratore dei geroglifici) e da Ippolito Rosellini (il padre dell’egittologia italiana), raccontano in cinque sezioni il percorso di corpo e anima verso l’eternità.

Sarcofago di Padimut, legno stuccato e dipinto, Terzo Periodo Intermedio (1070 – 656 a.C

Gli antichi egizi credevano che la morte non costituisse la fine della vita, ma che questa continuasse sotto un’altra forma. L’anima del defunto però, per continuare a vivere, doveva avere la possibilità di reincarnarsi nel proprio corpo: da ciò derivava la necessità di rendere non deperibile il corpo stesso e quindi la ricerca di metodi sempre più sicuri e perfezionati di imbalsamazione, che venne praticata dagli egiziani fin dalle prime dinastie della loro storia millenaria. Tutti i rituali funebri, perfino i più macabri, non miravano esclusivamente alla preservazione del corpo del defunto, bensì ad assicurare il proseguimento della vita nell’aldilà. Proprio questo è lo spunto principale che viene sviluppato dall’esposizione di Conegliano.

Statua di Ptah-Sokar-Osiride, legno stuccato e dipinto, Epoca Tarda (656 – 332 a.C.)

Immagine in copertina: Maschera di mummia, cartonnage, Epoca Tolemaica (305 – 30 a.C.)

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