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Il fascino dell’antica città di Luna rivive nel nuovo museo

La città chiamata Luna dai romani, Luni per i contemporanei, la devi immaginare più che vedere. La sua è oggi un’architettura prevalentemente orizzontale, come si conviene ad un sito archeologico antico di oltre duemila anni. Le linee di pietra e marmo, resti di un passato fiorente, disegnano in negativo il profilo di questo avamposto di Roma in provincia di La Spezia, al confine tra Liguria e Toscana: eppure, nonostante la spoliazione prodotta dal passare dei secoli, non è difficile indovinare gli isolati a pianta rettangolare e il rigore dei decumani basolati o rivestiti di basoli di calcare, i portici, il grande tempio dedicato alla dea Luna con lo spazio sotto agli spioventi del tetto ornato da statue in terracotta, il Foro e l’area delle botteghe, l’anfiteatro con i suoi settemila spettatori, le domus con giardini e fontane sul mare. E poi il porto, naturalmente, con le navi in partenza e arrivo.

Oggi, ad aiutare l’osservatore ad immergersi nell’atmosfera del II secolo a.C. contribuisce anche il rinnovato Museo archeologico nazionale di Luni. Inaugurato a fine maggio, è una scommessa, vinta, con la storia. Perché trasmette intatto il fascino dei luoghi, a partire dal mistero del nome, indicato, di volta in volta, come un possibile riferimento al culto di Artemide, la Diana dei latini, o come un richiamo alla forma semicircolare del porto e della baia che lo ospita, così simile ad una falce di luna. O, ancora, al biancore delle cave di marmo apuano che disegnano il paesaggio circostante. E poi in gioco c’è l’anatomia stessa del sito, prodotto di stratificazioni successive e perciò di narrazione complessa.

Nei 600 metri quadrati di esposizione del  Casale Benettini Gropallo sono condensati in uno sforzo inedito più di mille anni di vita di uno dei tesori archeologici italiani. Da tanto Luni esercita il suo fascino. L’allestimento museale, che unisce rigore scientifico a moderne tecniche di comunicazione, rappresenta la caparbia determinazione di un territorio alla tutela del suo passato e, insieme, è segno virtuoso della vitalità culturale di un intero paese. Il progetto scientifico, finanziato dal Ministero per i Beni Culturali, porta la firma di Antonella Traverso e Marcella Mancusi, rispettivamente direttore e conservatore del Museo, ed ha coinvolto l’intero staff della Direzione regionale Musei Nazionali Liguria e GRTF Studio di Giovanni Tortelli e Roberto Frassoni di Brescia. “Una struttura moderna che – dichiara Alessandra Guerrini, a capo della DRMN Liguria – abbiamo voluto allestire in un antico casale settecentesco, perfettamente inserito nel paesaggio”.

Il mosaico di Oceano

Una scelta, quella di non costruire nuovi volumi, che risponde alla grande attenzione per il sito. Intorno si estendono ventiquattro ettari di parco archeologico tutti da scoprire.  Dentro sfilano oltre duecento reperti tra statue, sculture in marmo, mosaici raffinati, come quello che raffigura Oceano sullo sfondo di una scena marina o il ritratto di Medusa. E i volti eternati nella pietra degli antichi abitanti: ritratti di imperatori, consoli, gente comune che osservano il visitatore in un dialogo silenzioso che attraversa il velo del tempo.

Se il primo piano del casale è dedicato al legame di Luni con il marmo e, quindi, con l’arte e le manifatture, al secondo piano l’edificio tenta la sintesi di un’appartenenza che è ligure e poi romana. La narrazione va indietro fino al 177 a.C. quando duemila cittadini romani partecipano alla fondazione di una colonia lontanissima da Roma. Ciascuno di loro riceve tredici ettari di terreno in un’area compresa tra il fiume Magra e il Comune di Pietrasanta. Luna nasce così. Citata da Marziale e dall’immancabile Plinio per il pregio dei prodotti locali, è attenzionata anche dal geografo greco Strabone che di lei dice: “è sia città che porto”. Un perfetto riassunto del destino di un sito unico. Nata per essere avamposto per la conquista della Spagna, Luni scopre presto una vocazione tutta sua. E un benessere economico visibile nei resti delle architetture locali. Merito delle vicine cave: quello che passerà alla storia come il bianco di Carrara, nel II secolo a.C. è il marmo definito “lunense” che presto riveste la città eterna. Con la dinastia Giulio-Claudia e la prima età imperiale la città cresce in fama e bellezza: sorgono edifici pubblici e privati, il Capitolium intitolato a Giove, Giunone e Minerva, la Curia per le assemblee cittadine. E poi fontane, giardini, statue.

Da qui in poi è tutto un susseguirsi di eventi lungo la direttrice della storia: il terremoto del IV secolo, le ricostruzioni, la crisi dell’impero, la dominazione longobarda, le devastazioni saracene, il culto cristiano con la basilica che diventa tappa per i pellegrini lungo la via francigena. C’è spazio perfino per un pirata danese, Hasting, che nell’860, si finge morto per poi “resuscitare” durante la cerimonia funebre all’interno della cattedrale cittadina e mettere a ferro e fuoco la città scambiata per Roma. Poi il Barbarossa e l’abbandono definitivo in età medievale quando le piene del Magra modificano la geografia della piana e spostano più avanti la linea di costa, impaludando il porto un tempo fiorente. Fino al 1306, quando Dante durante il soggiorno a Sarzana, visita Luni. E la ricorda nella Divina Commedia tra le città morte: “Se tu riguardi Luni e Urbisaglia come sono ite, e come se vanno di retro ad esse Chiusi e Sinigaglia, udir come le schiatte si disfanno non ti parrà nova cosa né forte, poscia che le cittadi termine hanno” (Paradiso, XVI, 73-79)

Seguono secoli di abbandono con il tessuto urbano trasformato in luogo di approvvigionamento di materiali da costruzione, mentre gli oggetti di pregio prendono la strada di collezioni private, come quella di Lorenzo il Magnifico. Ma questa terra non sembra rassegnarsi all’oblio: nel XIX secolo attira l’attenzione di studiosi e ricercatori impegnati in campagne di scavo. Una per tutte quella finanziata dal re Carlo Alberto con i reperti che confluiscono al Museo Regio di Torino. Nel 1964 infine nasce il Museo Archeologico Nazionale di Luni: la sua eredità oggi è raccolta dalla nuova realtà espositiva che restituisce voce alla città della Luna. Una voce che in fondo non ha mai smesso di raccontare e raccontarsi attraverso i secoli.

Le visite sono possibili secondo il seguente orari ( per i gruppi è richiesta la prenotazione): dal martedì al sabato dalle 8.30 alle 19.30; domenica da giugno a settembre dalle 8.30 alle 19.30, da ottobre ad aprile dalle 8.30 alle 13.30; i lunedì di maggio e giugno dalle 8.30 alle 13.30.

di Alessandra Gonella – Fotografie: Museo Archeologico Nazionale di Luni

Autore

  • Giornalista, laureata in Lettere classiche, sempre alla ricerca di nuovi libri e storie da raccontare. Ha collaborato con diversi giornali, una rete televisiva e svariati siti internet. Si occupa di comunicazione a livello istituzionale.

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