Vai al contenuto

L’occhio in gioco. Percezioni, impressioni e illusioni nell’arte

“L’occhio in gioco” è una di quelle mostre che si presume di poter ammirare in una delle grandi sedi espositive di New York o Londra. Laddove ci si attende qualcosa che vada molto oltre il consueto, il già visto. L’occhio guarda, cattura, legge, ordina, compone. Ma può essere ingannato, raggirato, imbrogliato.

Disco base per zootropio, Wheel of life, edito da H.G. Clarke & Co., Londra 1870, © Museo Nazionale del Cinema, Torino – ph Giorgio Tovo

Camminando sul confine tra arte e scienza, tra colore e movimento, questa mostra racconta nei secoli la sottile differenza tra ciò che è vero e ciò che potrebbe esserlo ma non lo è. Originale nel taglio curatoriale, affidato a Luca Massimo Barbero per la parte storica e a Guido Bartorelli, Giovanni Galfano, Andrea Bobbio e Massimo Grassi dell’Università di Padova per la parte dedicata al Gruppo N e alla psicologia della percezione, questa ricchissima esposizione è visitabile a Padova al Palazzo del Monte di Pietà a Padova, sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, dal 24 settembre 2022 fino al 26 febbraio 2023, in collaborazione con l’Ateneo Patavino,  nell’ambito delle celebrazioni per gli 800 anni di storia e attività di una delle Università più antiche al mondo, e nel solco dell’indagine del rapporto tra arte e scienza già inaugurato nel 2017 con la mostra “Rivoluzione Galileo, l’arte incontra la scienza”.

Moses Harris Natural Systems of Colours Printed at Laidler’s Office, Princes-street, Licester-Fields., (tra 1769 e 1776), Londra, Royal Academy of Arts – RA Book Collection

Nel percorso de “L’occhio in gioco” si è condotti a misurarsi con arte, fotografia, miniatura, scultura, scienza e tecnica. Assistendo all’inganno del movimento e dello stesso colore, con occhio e mente condotti a percepire come un unicum ciò che nella realtà fattuale è composito. Fenomeni che erano già ben noti ad artisti, alchimisti e filosofi dei tempi lontani, come testimoniano le antiche miniature e le mappe celesti presenti in mostra, esempi primigeni della necessità e abilità dell’uomo di accostare colori dando vita a una sorta di caleidoscopio magico.

Edoardo Landi, Monotipo SB 01, Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo

Immagini del mondo e antiche sfere armillari sono accostate a costruzioni Bauhaus e contemporanee, a rivelare una continuità inaspettata. Arte e scienza, nelle sue svariate accezioni dagli studi sull’ottica alla teoria del colore, insieme per dar vita ad un confronto affascinante di concetti, movimenti, miraggi. Gli studi di Goethe, Runge e Henry sono accostati in mostra con le opere dei grandi maestri che hanno affrontato, ciascuno a proprio modo, il tema della percezione visiva: da Seurat a Kandinsky, da Klee a Boccioni. Dal movimento rappresentato agli oggetti in movimento, un vorticoso alternarsi di strumenti scientifico-tecnologici e oggetti artistici portano il visitatore a scoprire gli albori del cinema (dai fratelli Lumière a Man Ray) e della fotografia sperimentale (da Bragaglia a Muybridge).

Vasilij Kandinskij, Wechselstreifen, 1933, acquerello su carta, 35 x 25 cm – Collezione Intesa Sanpaolo © Archivio Patrimonio Artistico Intesa Sanpaolo – ph Paolo Vandrasch, Milano
Paul Klee, Transparent-perspectivisch gefügt (II.), 1921 Lugano, Vitart S.A
Umberto Boccioni, Bozzetto per La città sale, 1910 Milano, Pinacoteca di Brera ©Pinacoteca di Brera, Milano

In un percorso che alterna i grandi protagonisti del secolo breve, da Calder a Munari, da Duchamp a Vasarely, si scopre che anche senza l’uso del colore l’occhio umano può essere ingannato, che il ritmo e la geometria, concetti così apparentemente immutabili, possono distorcere e ridisegnare la realtà. Non mancano, infine, le incursioni dell’optical nel mondo del costume, della moda e del design. Una mostra che richiede di essere guardata da vicino, incrociando le date e gli avvenimenti, in un percorso nel quale ad opere emblematiche come “Bambina che corre sul balcone” di Giacomo Balla o “Grey Scramble” di Frank Stella, si accostano curiosi strumenti destinati a creare immagini fugaci e sorprendenti. Nella città di Galileo, non poteva non trovare spazio la tradizione di studi e sperimentazioni condotte, fin dal 1919, dalla scuola della psicologia della percezione dell’Università degli Studi di Padova. Ricerche nel campo della visione che hanno avuto uno straordinario impatto innovativo e che, travalicando l’ambito accademico e disciplinare, hanno contribuito a stimolare, a partire dagli anni Sessanta, un ambiente artistico-culturale d’avanguardia proiettando la città di Padova e i suoi artisti sulla scena internazionale.

Ennio Chiggio, Tondo 1966, Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo
Toni Costa, Monotipo, Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo
Manfredo Massironi, Alveare, Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo

Questa seconda parte dell’esposizione mette a confronto un’accurata selezione di documenti e studi accademici con le opere del Gruppo N, costituito proprio a Padova da Alberto Biasi, Ennio Chiggio, Toni Costa, Edoardo Landi e Manfredo Massironi, e di Marina Apollonio: tutti protagonisti indiscussi della “nuova tendenza” ottico-cinetica. La mostra trova così completezza in un ampio approfondimento monografico che ripropone le opere, gli ambienti e gli allestimenti degli anni Sessanta. Grande rilievo è dato anche alla scuola di psicologia della percezione sviluppata all’interno dell’Università di Padova. Nello specifico, vengono approfondite le figure di Cesare Musatti, Fabio Metelli e Gaetano Kanizsa: in particolare, sono esaminati i loro principali temi di studio e i rapporti fra la loro ricerca scientifica e quella artistica delle avanguardie ottico-cinetiche.

Immagine di copertina: Marina Apollonio, Dinamica circolare 6Z+H, 1968, Padova, collezione dell’artista