Durante l’epoca a cavallo tra i secoli XV e XVI nel territorio friulano sono emerse alcune fondamentali figure di artisti, le quali hanno dato lustro e prestigio a questo territorio: in questo periodo si sviluppò una scuola pittorica di un certo rilievo, seppur di ambito provinciale, che si espresse segnatamente nella decorazione a buon fresco di chiese e di logge rinascimentali ma anche nella produzione di polittici e di pale d’altare pregevoli.

Sicuramente la personalità più importante è stata quella di Giovanni Antonio de’ Sacchis, detto il Pordenone (1483 ca. – 1539) il quale ebbe un percorso artistico di straordinaria rilevanza in tutto il Rinascimento italiano tanto da essere annoverato da Giorgio Vasari come “il più raro e celebre… nell’invenzione delle storie, nel disegno, nella bravura, nella pratica de’ colori, nel lavoro a fresco, nella velocità, nel rilievo grande et in ogni altra cosa delle nostre arti”. Il Pordenone è celebre soprattutto per gli affreschi della controfacciata del Duomo di Cremona, eseguiti tra il 1520 e il 1521, con la rappresentazione della grande Crocifissione, la Resurrezione e la Deposizione

La Crocifissione, eseguita dal Pordenone tra il 1520-21, è un capolavoro assoluto dell’artista friulano che suscita meraviglia e commozione ogniqualvolta lo si ammiri all’interno del Duomo di Cremona: l’affresco, di cm 920 x 1200, è straordinariamente imponente e si trova sopra la commovente Deposizione, pure dello stesso autore, nella controfacciata, a destra del portale centrale. La Crocifissione si caratterizza per uno stile magniloquente e drammatico che si fonde con una notevole carica espressiva riconducibile al pathos popolare delle Stazioni del Sacro Monte di Varallo.
Il Pordenone ebbe una sua bottega molto industriosa con numerosi allievi, tra i quali emergerà la figura di un artista che viene ricordato dalle fonti non solo perché replicherà i moduli compositivi del maestro ma anche per averne sposato la figlia Graziosa: l’artista in questione è Pomponio Amalteo (1505-1588).

Ma facciamo un passo indietro per ripercorrere le varie tappe della pittura friulana del Rinascimento attraverso le principali personalità attive nella regione e nelle zone limitrofe (l’influsso della scuola friulana, a sua volta influenzata da quella veneta, si diffuse soprattutto nel trevigiano o nei centri costieri come Portogruaro). Prima fra tutte è quella di Pellegrino di San Daniele (1467- 1547), attivo soprattutto in provincia di Udine e di Pordenone e persino presso la corte ferrarese degli Estensi. L’artista friulano sarà un punto di riferimento per lo sviluppo della pittura rinascimentale in Friuli: nella sua produzione artistica egli coniuga riferimenti al tonalismo veneto con le novità della scuola ferrarese caratterizzata dalla tensione lineare, dall’esasperazione espressiva ma anche dall’uso razionale della prospettiva di Piero della Francesca.

Nella pala di San Giuseppe la figura del Santo, posto sull’asse mediano del dipinto, si staglia contro una veduta di rovine architettoniche che si dispongono in profondità con una fuga di archi e di colonne secondo un uso molto sapiente della prospettiva aerea, memore delle architetture del Bramante ma anche delle ricerche spaziali di Fra’ Carnevale di Urbino. San Giuseppe invece risente del tonalismo di Giovanni Bellini e di Cima da Conegliano. Non dobbiamo dimenticarci che Pellegrino si formerà inizialmente presso Antonio da Firenze a cui si deve l’insegnamento dell’uso della prospettiva di Leon Battista Alberti e di Piero della Francesca. Fondamentale nella sua formazione è stato il perfezionamento all’interno della bottega di Domenico da Tolmezzo (1448-1507), artefice della cosiddetta “Scuola di Tolmezzo”, gruppo di artisti friulani attivi verso la seconda metà del ‘400.

Domenico da Tolmezzo è un artista raffinato e molto colto che risentirà della pittura veneta dei Vivarini, pur restando legato per certi versi alla tradizione gotica veneziana: nella Pala di Santa Lucia dei Musei Civici di Udine l’artista quattrocentesco concepisce la scena come un polittico là dove le eleganti e lineari figure sacre sono inserite all’interno di una classica intelaiatura architettonica, anch’essa dipinta a tempera su tavola, con la presenza di lesene decorate a grottesche e di timpani curvilinei che si incurvano a mo’ di volute; in basso, la rappresentazione della Sacra Conversazione con la Madonna al centro e gruppi di Santi ai lati (con Santa Lucia in adorazione della Madonna); in alto, Gesù sostenuto dagli angeli e ai lati vi sono altre figure angeliche su fondo dorato. L’uso dell’oro sullo sfondo è riconducibile immediatamente alla formazione tardogotica di Domenico. Presso di lui si forma pure un altro fondamentale esponente della scuola friulana tra Quattrocento e Cinquecento, ossia Giovanni Martini (1470 ca. – 1535), nipote di Domenico, di cui erediterà la bottega. Proficua è stata pure l’attività del Martini nei centri di Udine, Spilimbergo e Portogruaro, il cui stile molto rigoroso e fortemente plastico si riassume segnatamente nella splendida Pala di San Marco e Santi nel Duomo di Udine con riferimenti all’arte dei Vivarini, di Cima ma anche del Mantegna.

Le figure spigolose e la rigorosa impaginazione prospettica rinviano puntualmente alla Pala Brera di Piero della Francesca. Nella rassegna degli artisti friulani non può mancare Giovanni da Udine (1487- 1561), allievo inizialmente di Giovanni Martini, di cui s’è detto, e poi del grande Raffaello Sanzio. Prima di trasferirsi a Roma dove entrò nella bottega di Raffaello (1514), è documentato il passaggio a Venezia presso la bottega di Giorgione sempre agli inizi del Cinquecento. L’artista, attivo soprattutto a Roma nel corso del XVI secolo, ebbe una forte rivalità con Giulio Romano ed è famoso soprattutto per le raffigurazioni delle grottesche molto in voga a quell’epoca, quali le decorazioni delle Logge vaticane.

In particolare, l’artista udinese rivolse la sua attenzione specialmente alle imprese decorative dei palazzi romani, quali la Farnesina, Villa Madama e palazzo Baldassini. A Venezia operò cose notevoli lavorando per i Grimani alla decorazione del palazzo di famiglia a Santa Maria Formosa. Dopo questa fugace disanima circa l’evoluzione della pittura friulana, ci mettiamo sulle tracce di Pomponio Amalteo che nacque a Motta di Livenza nel 1505 e fu l’allievo prediletto del Pordenone, sposandone la figlia Graziosa. In seguito, Pomponio si trasferirà nel 1536 a San Vito al Tagliamento dove vi morirà nel 1588. Del suo maestro, Pomponio riprodurrà lo stile magniloquente e drammatico ma finanche i suoi schemi compositivi dando vita a composizioni molto affollate di figure dalla forte gestualità. Egli ambienta le sue scene sacre talora in contesti paesaggistici con vedute urbane e laghi (come nelle Storie di Sant’Andrea del Duomo di Portogruaro) oppure all’interno di una rigorosa e studiatissima scatola architettonica in cui trovano spazio le sue figure dal forte risalto plastico e luministico. Oltre al Pordenone, nella formazione del suo stile hanno contribuito fortemente, in primis, Tiziano e Palma il Vecchio e poi la Maniera veneta (Vasari ci narra che l’artista soggiornò e lavorò a Venezia), ma perfino le stampe e i disegni in cui sicuramente non mancarono gli apporti dell’arte tedesca o nordica in generale. Numerose fonti testimoniano la sua capacità imprenditoriale e quella di sapersi reinventare persino dopo la morte del suo maestro, il Pordenone, avvenuta a Ferrara in circostanze misteriose nel 1539. Con il suo maestro condividerà numerose commissioni pittoriche e anche dopo la morte di quest’ultimo Pomponio porterà a termine il lavoro già iniziato. Non è sempre stato facile individuare l’impronta artistica dell’allievo attivo nelle chiese del Friuli e del Veneto dalla matrice compositiva e cromatica del Pordenone che resterà sempre il principale punto di riferimento nel corso della sua esistenza, pur accentuando maggiormente il carattere popolaresco e provinciale della sua maniera pittorica, sconfinando in un Manierismo che avrà pochi contatti con le radici culturali romane o lombarde. Tipico della sua arte sarà l’abitudine ad affollare le scene di personaggi secondo un gusto per l’horror vacui che costituisce uno dei limiti dell’artista. Fu un pittore prolifico e si sposò cinque volte. In questa sede vorrei analizzare brevemente alcune sue opere che lo rappresentano maggiormente a partire dal ciclo di affreschi del coro, coperto da una volta a crociera costolonata, della chiesa di Santa Maria Assunta di Lestans, frazione di Sequals in provincia di Pordenone. Il ciclo venne ideato nel 1525 dal Pordenone e portato a termine da Pomponio Amalteo entro il 1546, utilizzando almeno in parte i disegni preparatori del suo maestro: esso consiste nella rappresentazione di episodi tratti dalle Sacre Scritture in cui il significato simbolico prevalente risiede nella Redenzione profetizzata e realizzata; inoltre, sulle pareti l’artista crea un legame tra gli ultimi momenti della vita di Cristo ed importanti episodi della vita della Vergine; la decorazione sulle pareti si snoda in senso orario e in fasce sovrapposte che si leggono dall’alto verso il basso e sempre a partire dalla parete sinistra. Le lunette contengono le Storie della vita della Vergine, mentre nella fascia sottostante, sulla parete di sinistra, si erge la grande figura del re Davide, vestito all’orientale con il turbante, il quale suona una viola da gamba seduto su un alto basamento.

A destra campeggia la raffigurazione dell’Ultima Cena con Cristo seduto sotto un ricco baldacchino e circondato dai suoi discepoli. Colpisce l’elemento narrativo di grande effetto della figura del giovane San Giovanni che dorme teneramente appoggiato sul petto di Nostro Signore secondo un’insolita iconografia).


Sopra l’intera scena corre un fregio con putti e festoni. Un altro capolavoro di Pomponio è la Sacra Conversazione del 1533, fortemente ispirata all’arte del Pordenone, con i Santi Rocco (l’autoritratto dell’artista), Sebastiano, Cosma, Damiano e Apollonia nel Duomo di San Vito al Tagliamento

In essa i personaggi sono inseriti entro un solido impianto architettonico che si traduce in un tempio con colonne ed abside: le figure sacre, che si dispongono su piani sfalsati con un certo gusto scenografico e sicure conoscenze prospettiche, mostrano varietà di atteggiamenti e un intento ritrattistico (Sant’Apollonia raffigurerebbe forse Orsina, la moglie morta due anni prima dell’esecuzione della pala). Tra le collaborazioni più proficue col suo maestro si situa negli anni ’20 la realizzazione degli affreschi della cappella Malchiostro nel Duomo di Treviso, tra cui spicca la figura di San Liberale, patrono della città veneta.

Interamente concepita da Pomponio è invece la straordinaria decorazione dell’arco trionfale e del coro della chiesa dei Battuti a San Vito al Tagliamento con le Storie della Vergine ed episodi biblici nei pennacchi, a partire dal 1535, e con la splendida cupola in cui appare il Padre Eterno benedicente tra un turbinio di angeli e santi, profeti, sibille e l’Assunzione di Maria

Alla fase matura della sua produzione pittorica risale l’Ultima Cena (1574), un tempo nel presbiterio del Duomo di Udine e attualmente conservata presso i Musei Civici. Opera quest’ultima di grandi dimensioni in cui la scena è affollata di figure collocate all’interno di un animato interno di un palazzo friulano.

di Francesco Caracciolo
Immagine in copertina: Pomponio Amalteo, Re Davide, affreschi del coro di S. Maria Assunta di Lestans (PN) – Immagine Wikimedia Commons
Fonti: Ridolfi, Le meraviglie dell’arte ovvero le vite degli illustri pittori veneti e dello Stato, Venezia, 1648
G.Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori, Firenze, Giunti,1568
Affreschi del Friuli, Ist. per l’Enciclopedia del Friuli, Udine, 1973
Friuli-Venezia Giulia – Guida storico artistica naturalistica, Bruno Fachin Editore, 2004
Cosma, Martini Giovanni, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 71, Roma, 2008.
https://www.dizionariobiograficodeifriulani.it/amalteo-pomponio/
https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_Santa_Maria_dei_Battuti_(San_Vito_al_Tagliamento)#