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Quando la grafica incontrò la musica. Le copertine dei 33 giri

Gli anni Sessanta e Settanta non furono solo un’ esplosione di creatività musicale, ma grazie alle copertine si formò un binomio inscindibile e sempre più innovativo, una forma di espressione artistica che ha rivoluzionato il mondo della musica.  Da semplici “buste” con un foro centrale, che dava la possibilità di leggere l’etichetta, il titolo del brano e l’autore, ci fu una trasformazione radicale, che divenne più di una simbolica raffigurazione del contenuto del 33 giri. Una nuova tendenza che creava profonde suggestioni a chi osservava quei piccoli capolavori.

Smash song hits by Rodgers & Hart
Smash song hits by Rodgers & Hart

Per identificare cronologicamente il primo album che si presentò in questa nuova veste, bisogna risalire al 1939. Alex Steinweiss, di professione grafico, intuì che quella sarebbe stata la nuova direzione che doveva intraprendere il mercato discografico. Non senza qualche perplessità la Columbia Records diede alle stampe “Smash song hits by Rodgers & Hart”, una raccolta di brani scritti da Richard Rodgers, pianista, e Lorenz Hart, paroliere. L’idea di Steinweiss, fu esaltata dalla Blue Note, sicuramente la label più rappresentativa del jazz. Tutti gli album della casa discografica americana, fondata da Alfred Lion e Francis Wolff, trovarono nelle foto dello stesso Wolff e nella grafica del designer Reid Miles un supporto visivo che, come accadde per la musica, ha ispirato le generazioni future.

Sonny Rollins Vol. 1
Sonny Rollins Vol. 1

Sin dai primi lavori, le foto in cui gli artisti erano immortalati in atteggiamenti spontanei ebbero un riscontro positivo.  “Sonny Rollins Vol. 1”, dello stesso artista, “Round about midnight at the Café Bohemia”, di Kenny Dorham, entrambi del 1955, e “No room for squares”, di Hank Mobley, pubblicato nel 1958, sono tra gli esempi del lavoro svolto da Wolff che, nelle varie sessioni di registrazione fece oltre tremila scatti, alcuni dei quali sono rimasti nella storia. Etichette di pari importanza come Verve, Impulse, Decca, Prestige, RCA Americana e Fontana seguirono l’idea sviluppata dalle case discografiche “rivali”, muovendosi sullo stesso territorio e cercando soluzioni analoghe. Fu un susseguirsi di scatti memorabili che riuscirono a rappresentare contemporaneamente la musica dell’artista e la sua immagine.  Possono essere considerate tali, soprattutto, due tra le copertine più iconiche del jazz, e non solo: “Kind of blue”, di Miles Davis, la cui foto ritrae il trombettista in concerto, alcuni anni prima che venisse registrato questo disco leggendario; e “A love supreme”, di John Coltrane, che lo stesso artista giudicò come la sua fotografia più bella mai scattata.

Kind of blu
Kind of blu
 A love supreme
A love supreme

Negli anni Sessanta e Settanta il linguaggio visivo dei 33 giri assume una importanza fondamentale, consolidandosi e sviluppandosi maggiormente negli anni a venire e seguendo il cambiamento delle mode. In un genere musicale come il rock, che stava evolvendosi più velocemente del jazz, in quel ventennio le copertine divennero ancora più attrattive, seducenti ed efficaci di ciò che era stato immaginato nell’epoca precedente. Non solo scatti di artisti famosi, ma trasformazione di vere e proprie opere d’arte che, in alcuni casi, aumentavano l’importanza degli stessi musicisti e dei loro dischi. Basti pensare ad Abraxas”, di Santana, che fu scelto dal chitarrista tra i tanti dipinti esposti nello studio di Mati Klarwein.

Abraxas
Abraxas

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di Giuseppe Panella – critico musicale