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L’Assedio di Catanzaro del 1528

Sanguinis effusione catanzaro

Dopo tre lunghi mesi, il 28 agosto del 1528 la città rompe l’assedio dei francesi favorendo la vittoria dell’Imperatore Carlo V d’Asburgo, che riuscì così a mantenere il Regno di Napoli

L’Italia del XVI secolo fu a lungo interessata dallo scontro tra le due massime potenze dell’epoca, la Francia e la Spagna, alle quali si alleavano, spesso passando opportunisticamente da uno schieramento all’altro, il Papato, i vari ducati, le repubbliche e le signorie che in quei tempi fiorivano numerose.

Tra il 1494 e il 1559 le armi non riposarono mai perché furono impegnate a combattere le Guerre d’Italia. L’obiettivo era la conquista della penisola italiana e del Regno di Napoli, e per raggiungerlo si affrontarono il re di Francia Francesco I di Valois-Angoulême e Carlo V d’Asburgo, inizialmente sceso in campo come re di Spagna e padrone delle colonie nel Nuovo Mondo e poi, man mano che andava ereditando i possedimenti della sua casata, anche quale sovrano di gran parte dei regni d’Europa e, infine, col titolo di imperatore del Sacro Romano Impero. Uno sconfinato  Impero sul quale, come amava ripetere lui stesso, non tramontava mai il Sole.

Ritratto di Carlo V a cavallo (Tiziano, 1548, Museo del Prado, Madrid)
Ritratto di Carlo V a cavallo (Tiziano, 1548, Museo del Prado, Madrid)

Gli anni cruciali, però, che determinarono l’esito finale in favore dell’imperatore Carlo V, furono quelli compresi tra il 1525 della Battaglia di Pavia – che registrò il tracollo delle truppe francesi e vide lo stesso Francesco I cadere prigioniero dell’esercito imperiale – il 1527 del terribile Sacco di Roma – ad opera delle sanguinarie orde dei lanzichenecchi che fecero scempio dei romani e dei soldati francesi che difendevano la capitale della cristianità – e, infine, il 1528 in cui l’estremo tentativo del re francese di conquistare il regno di Napoli si infranse contro la strenua resistenza della Capitale del Regno e dell’invincibile città-fortezza di Catanzaro.

Armatura rinascimentale da parata con elmo zoomorfo eseguita per Francesco I di Francia (Museo del Bargello, Firenze)
Armatura rinascimentale da parata con elmo zoomorfo eseguita per Francesco I di Francia (Museo del Bargello, Firenze)

In quell’anno, infatti, nel pieno vigore della calata in Italia delle truppe di Francesco I, mentre Napoli veniva accerchiata per mare e per terra ad opera del genovese Filippino Doria e di Odet de Foix, signore di Lautrec e Tenente Generale in Italia dell’esercito della Lega di Cognac, Catanzaro subiva analoga sorte da parte di Simone de Tebaldi, conte di Capaccio, e di Francesco di Loria, Signore di Tortorella, che erano scesi in armi in Calabria per occuparla, sottometterla e governarla in nome di Francesco I.

                    

Francesco I di Valois (in un dipinto del 1530 di Jean Clouet), re di Francia dal 1515 fino al 1547, data della sua morte. Diede l’incarico al maresciallo Odet de Foix (a destra, in un dipinto di Michael Sittow, 1517) di conquistare al Regno di Francia la città di Catanzaro

Entro le mura della città, che si era già preparata a resistere all’avanzata delle milizie del Tebaldi e del Loria, erano riparati don Pedro de Mendoza y Alarcòn, Governatore della Calabria, il duca Ferrante Spinelli di Castrovillari, Capitano Generale della Calabria e Basilicata, e numerosi altri nobili e cavalieri, con un nutrito seguito di uomini d’arme e soldatesca. L’assedio ebbe inizio i primi giorni del mese di giugno e durò per circa tre mesi durante i quali gli 11.000 armati catanzaresi resistettero eroicamente contro i 35.000 assedianti, impegnandosi più volte in scontri e scaramucce, respingendo con coraggio e perizia le scorrerie e gli assalti sotto le mura.

        Mura del castello di Catanzaro     Mura e torre del castello di Catanzaro

Castello di Catanzaro, mura lato ovest e torre

Alla fine del mese di agosto del 1528, il giorno 28, i due schieramenti vennero a giornata nel piano dove si congiungono i due corsi d’acqua che disegnano la rupe di Catanzaro. Le cavallerie e i fanti si scontrarono con impeto fragoroso, i nobili cavalieri duellarono in singolar tenzone fino a che il valore dei catanzaresi ebbe la meglio e fu chiara la loro vittoria, mentre gli assedianti si ritirarono rovinosamente abbandonando gli accampamenti. Simone de Tebaldi, ripiegato in Puglia dopo la cocente sconfitta, il 17 settembre 1528 inviò al re di Francia una lunga missiva per dare conto dell’insuccesso militare patito in Calabria e della sconfitta di Catanzaro, ch’egli definì “Cità assai bona et forte”.

assedio città

Questo assedio e la vittoria finale sono da annoverare senza alcun dubbio tra le più gloriose pagine scritte dai catanzaresi nella storia della loro città, oltre che del Regno di Napoli. Da provetti artigiani setaioli quali erano, seppero trasformarsi in uomini d’arme, superando le devastazioni del nemico, sopportando la fame e glorificando ogni lutto in nome di Carlo V, cui donarono anche gli ori e gli argenti per coniare una moneta di necessità, il Carlino ossidionale catanzarese utilizzato per dare il soldo alle milizie.

                                      

Il Carlino, la moneta coniata a Catanzaro durante l’assedio del 1528 per far fronte alla penuria di denaro e poter pagare i soldati. Si tratta di una moneta ossidionale in bassa lega d’argento che si spendeva esclusivamente all’interno delle mura cittadine. Ne sono noti solamente sette esemplari giunti fino ai nostri giorni.

Quanto la vittoria di Catanzaro sia stata determinante per il consolidamento dei domini in Italia dell’imperatore, è testimoniato dai privilegi che il Sovrano asburgico le concesse, nonché dalle numerose esenzioni e franchigie da dazi e gabelle. Più di tutti, però, valgono due Diplomi del 1531 e 1536 con i quali l’Imperatore attribuisce alla città i titoli di Magnifica, Nobile e Fidelissima e le concede – “Placet quod possint deferre aquilam cum uno capite” – l’onore di aggiungere l’aquila imperiale allo stemma cittadino; un’aquila che aveva meritato con lo spargimento del sangue – sanguinis effusione – e che le riconosceva il diritto di essere considerata città dell’Impero: una città sulla quale, appunto, non tramontava mai il Sole come in tutti i possedimenti di Carlo V.

Stemma cittadino di Catanzaro

Pochi anni dopo l’assedio, nel 1531, Carlo V riconobbe il valore della città e le concesse il titolo di “Magnifica e Fidelissima”. Con atto del 22 marzo  1536 (la cui pergamena originale è conservata nella Biblioteca De Nobili di Catanzaro) l’Imperatore confermò tale concessione e inoltre permise l’utilizzo dell’aquila imperiale nello stemma cittadino. Stemma tuttora in uso

Aldo Ventrici – cultore e studioso di storia locale