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Baia e Puteoli, la storia di Roma sul fondo del Mediterraneo

Ventagli di alghe sui mattoni rossicci degli antichi muri, anemoni e ascidie tra marmi bianchissimi, vecchie tegole sparse disordinatamente sul fondale, spugne porose sulle tessere bianche e nere di un grande mosaico a motivi geometrici; e ancora, polpi rintanati tra i basoli consunti di una strada costiera, e saraghi, cernie, cavallucci di mare e nuvole di guarracini, tra stanze e corridoi, terme e magazzini in un perenne, surreale volo nell’azzurro del mare e nella storia. C’è tanta vita tra le rovine sommerse distese in una sequenza quasi ininterrotta lungo la costa che univa Posillipo a Capo Miseno, nella parte occidentale del Golfo di Napoli: vita che si riappropria di spazi un tempo all’asciutto, popolosi e trafficati, e che rende unica al mondo l’esperienza di un tuffo tra le antiche città di Baia e Puteoli, veri e propri paradisi dell’archeologia subacquea e del patrimonio sommerso globale.

Baia – Replica della statua del Compagno di Ulisse con l’otre, nel ninfeo di Punta Epitaffio

Come il Vesuvio ha sepolto Pompei, Ercolano, Oplontis e Stabia, “congelandole” con l’eruzione del 24 agosto (o ottobre?) del 79 d.C., e regalando al contempo alla posterità i siti archeologici più importanti e meglio conservati del Mediterraneo antico, così i vulcani dei Campi Flegrei, dall’altra parte della Baia di Napoli, hanno condannato un’intera fascia costiera a una lenta sequenza di sprofondamenti e riemersioni, il bradisismo, in un impressionante respiro della terra che ancora oggi costringe la popolazione a modificare di tanto in tanto banchine e punti di attracco in continuo movimento: così nella tarda antichità sprofondò Baia, il resort di lusso dell’aristocrazia di Roma repubblicana e imperiale, e parte di Puteoli, oggi Pozzuoli, il grande porto annonario verso cui convergeva tutto il grano destinato alla gigantesca popolazione dell’Urbe, sul fondo del mare.

Puteoli – Pavimento in opus signinum nell’area del Portus Julius

A Baia, le ville marittime dei più grandi personaggi di Roma antica, fiorite a partire dal I secolo a.C. intorno alle tante sorgenti termali naturali legate al vulcanesimo della zona, e costruite senza badare a spese, con decorazioni sontuose, grandi giardini, porti privati e intere terrazze artificiali sull’acqua, furono lentamente sommerse dalle onde, insieme alla parte marittima del grande palazzo imperiale, con la straordinaria sala del Ninfeo-Triclinio di Claudio, in cui l’imperatore in persona poteva accogliere i suoi ospiti al cospetto delle statue di Dioniso e della sua nobile famiglia, mentre sul fondo, in una finta grotta, un grande gruppo scultoreo raccontava l’episodio omerico dell’incontro tra Ulisse e Polifemo, con l’astuto eroe intento a servire vino al mostruoso ciclope: un’esaltazione della civiltà contro la barbarie e del mondo agricolo avvezzo alla vinificazione contro l’arretratezza del mondo pastorale, ma anche un rimando chiarissimo a un’altra grande grotta-ninfeo, quella della villa di Tiberio a Sperlonga, dove le sculture riprendevano lo stesso episodio un attimo dopo, con Odisseo pronto ad accecare il suo orrendo avversario.

Baia – Replica della statua del compagno di Ulisse nel Ninfeo di Punta Epitaffio

A Pozzuoli, il gigantesco molo caligoliano (forse in realtà realizzato da Nerone), una gettata di piloni lunga 312 metri e sormontata da colonne, archi trionfali e sculture, cuore di un porto a misura di Roma, come descritto dalle fonti antiche, iniziò a sprofondare insieme alle interminabili banchine, alle difese costiere, alle botteghe sul mare, alle file ordinate degli horrea, i depositi realizzati per stoccare grano, cereali e ogni mercanzia in attesa della ridistribuzione verso i porti di destinazione, o del trasporto finale verso la Capitale. Sprofondò anche il portus Julius, il grande bacino artificiale militare voluto da Ottaviano, futuro Augusto, per liquidare la questione dei pirati, convertito, dopo lo spostamento della flotta a Miseno, in un nuovo scalo commerciale e in un comodo spazio per l’allevamento di ostriche e frutti di mare.

Baia – Il promontorio di Punta Epitaffio

Oggi i moli, le strade, i mosaici, sono il regno silenzioso delle creature marine, ma vengono raggiunti anche da un numero crescente di visitatori in pinne e muta: con l’istituzione del Parco Sommerso di Baia, al principio degli anni Duemila, e la chiusura di tutte le attività che maggiormente impattavano sul patrimonio sommerso, la pesca, il traffico commerciale, il diporto nautico, l’ancoraggio indiscriminato, 177,8 ettari di area marina sono divenuti il centro dell’archeologia subacquea mondiale e un modello a cui molti siti, nel resto del Mediterraneo, guardano con particolare interesse. La ricerca va avanti, sempre con maggior spinta grazie alla recente creazione del Parco Archeologico dei Campi Flegrei, e si testano metodi e tecniche per restaurare direttamente sul fondo del mare i preziosi e fragili resti dell’antico, ma sono soprattutto la fruizione e la valorizzazione le grandi sfide dell’area sommersa: si migliora l’esperienza di sub e apneisti, si accolgono scolaresche sulle classiche barche dal fondo trasparente, si studiano nuovi sistemi per la visita virtuale e in realtà aumentata, con le più recenti tecnologie. La Baia dei Cesari e il grande porto sommerso sono stretti tra un’area urbanizzata in continua espansione e un golfo trafficato e affollato, ma hanno attraversato il volgere di venti secoli, restituendoci, meglio di molti altri siti, storie e contesti di Roma antica; a noi la responsabilità di conservare queste meraviglie per i secoli futuri.

Baia – Il mosaico a pelte della Villa con ingresso a Protiro

Testo e fotografie di Michele Stefanile – archeologo subacqueo – Scuola Superiore Meridionale – Università di Napoli Federico II