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La Wunderkammer di Beppe Mecconi in mostra a Carrara

«Mentre ero sdraiato ad occhi chiusi, iniziai ad ascoltare il rumore delle foglie sopra di me. All’inizio, facevano solo una dolce musica non articolata; ma, dopo un po’, il suono sembrò iniziare a prender forma, e a modulare gradualmente delle parole; finché, alla fine, mi sembrò di poter distinguere queste, dissolte a metà in un piccolo oceano di note» (Phantastes, George MacDonald).

A metà tra l’armonia delle parole e il vortice sensibile del colore rimane lì sospesa l’estetica fantasia di Beppe Mecconi, una visione fiabesca che si consuma nell’immersione poetica ed emozionale della sua produzione artistica. E se, come scriveva Edgar Allan Poe, “quel che vediamo, quel che sembriamo non è che un sogno dentro a un sogno, la cifra stilistica del “pittore dei poeti” scenografa perfettamente l’illusione di una realtà silenziosa e coinvolgente che si fa arte oscillando tra la bellezza minimale della cultura orientale e i tormenti sensibili del color field painting.

Tutto ciò è visibile nel prestigioso palazzo Micheli Pellegrini di Carrara dove si celebra “Wunderkammer – Poesie”, la camera delle meraviglie di Mecconi che presenta un dialogo tra poesia e pittura, cultura e natura, sviscerando un processo creativo teatrale e sincero. La mostra, curata da Anna Paola Micheli Pellegrini e Giancarlo Rossi, sorprende sia per l’estetica narrativa sia per l’atmosfera incantata, a tratti esotica, che accompagna il racconto dell’artista in una ricerca sospesa tra anima e significato della parola.

“Quando leggo un testo – spiega Mecconi – nasce subito l’idea del dipinto. Nel processo artistico cerco di arrivare all’essenziale spaziando in tutte le epoche letterarie attraverso diversi stili”. E proprio di diversi linguaggi si parla osservando tali opere, dolci astrazioni di un artista a tutto tondo la cui ricerca si misura nell’interdisciplinarità delle arti tra pittura, musica, poesia, danza, arrivando ad un teatro metafisico di sensazioni e contemplazioni. Questa sfera emozionale si può percepire nei trenta dipinti esposti nella galleria carrarese, insieme a dodici pezzi di grafica policroma della serie “Haiku”, magistralmente messi in dialogo dai curatori con alcuni oggetti artistici straordinari e immaginifici, riprendendo quel concetto collezionistico e protomuseale seicentesco.

Cattura l’occhio, al centro della sala, un abito di scena originale utilizzato nel film “55 giorni a Pechino”, un cimelio prezioso che si riflette nell’orientalismo sensibile dei dipinti, da cui l’artista del Golfo dei Poeti ricerca l’essenzialità di un gesto che si fa performance, eguagliando quei pittogrammi cinesi in cui la forma pittorica si unisce alla parola.

L’arte di Mecconi è caratterizzata da un movimento vivente, un’esecuzione poetica che non è mera riproduzione di oggetti inanimati, bensì manifestazione del potere di trasmettere vibrazioni interiori attraverso la scelta del colore, della carta e dei pennelli. Il sentimento espressivo viene evocato e sentito nel gesto dell’artista che trasmette un eterno fluire di emozioni e forze che caratterizzano il suo processo creativo. Tali sensazioni passano così all’opera stessa che, cristallizzata nella materia e nel tempo, espande le sue proprietà nello spazio circostante. Come l’uomo preistorico lasciava nel buio della caverna l’impronta della sua esistenza estetica nella natura, così Mecconi riflette la sua fanciullesca necessità creativa e la sua esperienza multiculturale nel “fare segno”, concretizzando la consapevolezza di un linguaggio metaforico e simbolico cosciente.

L’artista Beppe Mecconi

di Francesco Marinello – giornalista e storico dell’arte

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