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Le anfore di Capomulini

relitto di capomulini

Del relitto di Capomulini, adagiato nello Ionio di Catania, avevo sentito parlare più volte. Certo, tra leggende e pseudoverità subacquee, non avevo mai avuto la possibilità di esplorarlo personalmente e, per questo, non riuscivo nemmeno ad immaginarlo. Avvertivo tuttavia forte l’emozione di poter arrivare lì dove il mare custodisce gelosamente la Storia da più di duemila anni.

relitto di capomulini

La presenza di quel relitto era stata segnalata nel 2009 ed esso fu completamente rilevato nel 2016 quando la Soprintendenza del Mare ha definito la caratterizzazione e lo stato di conservazione di quel giacimento archeologico che “vive” su un fondale compreso fra i 55 e i 70 metri ed è caratterizzato dalla presenza di centinaia di anfore, di cinque diverse tipologie, contenenti probabilmente vino, databili fra la fine del II secolo a.C. e la metà del I secolo a.C.

Esso, con verosimile certezza, sembrerebbe essere quello di una nave affondata, probabilmente a seguito di condizioni meteo marine avverse, che si è si capovolta con tutti i manufatti non consentendo al materiale ligneo di resistere agli agenti marini. Osservando la disposizione, la forma e le dimensioni del cumulo, composto da circa 400 anfore di varia fattura, si stima che la nave fosse lunga una ventina di metri. Ad una estremità – quella che dovrebbe essere la posizione della prua – sono visibili le ancore di piombo e le contromarre, mentre nell’altra – probabilmente la poppa – sono presenti dei tubi (forse usati per la sentina) e delle tegole.

Ma ciò che più colpisce è che le anfore, di varie forme, sono divenute un rigoglioso substrato per animali sessili e non, e quasi ognuna di esse è ormai diventata una sicura tana per scorfani, gronghi, murene ma soprattutto aragoste. Certo, la profondità del sito ma, ancora di più, la presenza di corrente, non sono condizioni sempre ideali per affrontarlo; e tuttavia, quando ci si ritrova sul fondo nel punto in cui poche decine di metri ti separano da esso, sembra di essere magneticamente attirati e contemporaneamente circuiti da una diversa dimensione spesso indescrivibile che riesce a farti tornare indietro nel tempo.

Testo e fotografie di Giovanni Laganà – ingegnere e fotosub naturalista