Partiamo per il nostro viaggio alla scoperta dei Nabatei evocando tre elementi che nell’immaginario collettivo appaiono fra di loro sempre accostati: oro, incenso e mirra. Sono i doni che i re Magi hanno offerto al neonato Gesù, carichi del loro specifico significato simbolico, ovvero la regalità, la spiritualità, la passione. Se ci immergiamo nella dimensione temporale di quell’epoca, questi tre elementi assumono ulteriori significati. Innanzitutto i Magi, nella rappresentazione consueta che se ne fa, erano dei saggi venuti da Oriente per adorare il figlio di Dio. Ed erano carovanieri del deserto.
Menzionati nel Vangelo di Matteo non vengono però specificati né il loro numero esatto né i loro nomi (che compariranno nel IX secolo nel Liber Pontificalis di Ravenna). Sappiamo che battevano la cosiddetta “via dell’Incenso”, la tratta in uso fin dall’epoca dei Romani per collegare l’estremità della penisola arabica con il Mediterraneo. Una via che nel nome esplicita quel commercio di spezie così importante anche per le relazioni esistenti da tra Oriente e Occidente. Le carovane, in questo percorso, transitavano dunque attraverso l’attuale Arabia Saudita facendo tappa a Medina e alla biblica Dedan – sulle cui rovine nel VI sec. a.C. fu poi fondata Al-Ula – per poi giungere nella leggendaria città di Petra, nell’odierna Giordania, e proseguire ancora verso nord.
Sono le terre abitate dai Nabatei, popoli discendenti da Ismaele, nomadi dei territori desertici. In quei luoghi gestivano, per l’appunto, il commercio dell’incenso, acquisendone il controllo e quindi importanza e prestigio. Dei veri e propri signori del deserto organizzati in una solida monarchia, al punto da guadagnarsi tra il III secolo a.C e il I d.C. il rispetto dei Romani. Fu Traiano, nell’anno 106, ad assorbirli nell’impero e ridurli a provincia denominata Arabia. Dei Nabatei non si parlerà più a partire dal VII secolo, quando infine arrivarono gli Arabi, e furono dimenticati dalla storia.
Abili commercianti e pastori seminomadi, i Nabatei sono un popolo leggendario la cui eco giunge fino a noi attraverso le magnifiche testimonianze archeologiche da cui si evince quanto fosse organizzata quella società, quanta bellezza sprigionassero le loro città soprattutto a motivo dell’arte scultorea, ciò che non presenta uguali in tutto il Medio Oriente. Di questa tribù è incerta l’origine: alcuni studiosi la individuano nel sud-ovest della penisola arabica, odierno Yemen, altri invece propongono un’origine più orientale; quest’ultima ipotesi è supportata dalla somiglianza linguistica con la Mesopotamia, territorio dal quale i Nabatei tra il VI e il IV secolo a.C. potrebbero essere migrati nell’attuale Giordania quando i Persiani mostrarono scarso interesse in quell’area.
Testo e fotografie di Luca Monti
Immagine in copertina: Al Ula – Arabia Saudita. Fotografia di Osama Ahmed Mansour, per gentile concessione di Al Ula Royal Commission