Era una notte insonne, quella in cui gli spostamenti tra una spalla e l’altra nel letto ti permetterebbero di completare una mezza maratona, quando stanco della fatica decisi di passare un po’ di tempo sul cellulare. Tra social network e articoli il tempo trascorreva inesorabile. Ad un tratto un tonfo, un rumore metallico che echeggiava nella stanza. Girai il cellulare cercando di fare luce con lo schermo, ma nulla, non vi era traccia di nessuno né tantomeno di oggetti sul pavimento, il che mi lasciò parecchio atterrito, mentre dal pavimento veniva su un fumo denso e carico di odori. Qualcosa che bruciava, pensai, ma non feci in tempo ad alzarmi che una voce mi gelò: “Good night Mister!”. Apparve un sigaro con un omone, o un omone con un sigaro che indossava un Homburg color grigio, con un viso glabro ed una giacca di Saxony Tweed. “Lasciate che mi presenti: il mio nome è Sir Winston Leonard Spencer Churchill, Primo Lord dell’Ammiragliato, Cancelliere dello Scacchiere e del Ducato di Lancaster nonché Primo Ministro di Sua Maestà la Regina Elisabetta II e suo padre il Re Giorgio VI”.
Pensai ad uno scherzo della mia mente, magari dovuta ad una botta nicotinica silente data dal sigaro fumato dopo cena, o magari che la cena stessa non l’avessi digerita. Ma non curante del mio stato proseguì: “Mi perdoni, ma nel mio girovagare ho terminato i miei amati sigari, mi indicherebbe dove poterne acquistare?”. Non mi lasciò il tempo di proferire risposta che uscì dal taschino il suo orologio Moeris della Royal Navy, osservò l’orario, fece una breve riflessione e domandò: “Sarebbe così gentile da rifornirmi?”. Allucinazione o non allucinazione non si poteva certo negare una simile richiesta a Sir Winston, e così, facendo un gesto accondiscendente con il capo, mi alzai dal letto e celermente mi recai all’humidor. Glielo porsi tutto affinché potesse avere libertà di scelta, ma soprattutto perché non volevo sembrare troppo generoso o troppo taccagno. Ne scelse qualcuno e di differenti formati, poi prese il Romeo y Julieta Churchill in tubos che avevo acquistato qualche ora prima, lo osservò, lo aprì e tirò fuori il sigaro. Lo passò tra le dita e sotto il naso due-tre volte per carpire gli aromi. “Interessante – proseguì – ha una capa colorado opaca (la fascia esterna del sigaro) con dei toni bruni, ruvida e di buona costruzione. Ed al naso vi è una buona intensità con note erbacee tendenti al secco e lievemente speziate”.
Subito dopo chiese: “Mister, lo potrebbe accendere? Non riesco a trovare il mio accendino”. Dannata accensione, pensai. Ad ogni modo rimase soddisfatto della combustione, lo mise in bocca e iniziò la fumata. I minuti trascorrevano e preso dal coraggio e vuoto dallo stupore stavo per rivolgergli la parola quando asserì: “Questo formato di sigaro è il mio preferito, pensate che la fabbrica di Romeo y Julieta durante la Seconda Guerra Mondiale mi regalò una fornitura illimitata di sigari con un’anilla (la fascetta di carta) personalizzata del formato Clemenceau, che aveva come misure 178×47. Ora so cosa state pensando e pertanto senza che mi domandiate qualcosa vi schiarisco io le idee: sempre la fabbrica di Romeo y Julieta, più o meno nel decennio del 1910, dedicò il nome della vitola (formato di un sigaro) ad un mio collega, il Primo ministro francese Georges Clemenceau per i suoi meriti durante la Conferenza di Versailles, e tale formato rimase in commercio, se i miei informatori hanno detto il vero – ridacchiando – fino al 1980, per poi essere sostituito dallo Julieta n°2. Inoltre essendo un amante ed intestatario di questi sigari, noto che vi è stato un cambio di anilla negli anni, ma sono sicuro che queste cose le sa”.
Riprese a fumare, il fumo, denso e blu, incontrava il cappello e creava rivoli in stile trecce di Berenice. Assaporava ed inalava il fumo con una tale concentrazione che sembrava stesse studiando gli attacchi per annientare i nazisti, quando continuò: “L’apertura della fumata si attesta sulle note erbacee, con echi di legno stagionato ed una leggera e piacevole piccantezza sulla lingua che scompare non appena inizia, così per dire, il secondo terzo e dove le note aromatiche predominanti sono i frutti secchi, credo essere una noce brasiliana”. Ritornò concentrato e tra una boccata ed un’altra inseriva qualche aneddoto sui suoi viaggi per il mondo e le nottate insonni durante i cupi periodi bellici. I minuti passavano, la stanza era avvolta da una nube e Sir Winston algido nello studiare i puros. “Mio giovane amico, siamo arrivati all’ultimo terzo.
Le note piccanti sono riapparse e le noci brasiliane sono state coperte dal vigore delle mandorle amare leggermente tostate. Ma purtroppo, essendo un prodotto giovane e non condizionato per bene, debbo dire che nel finale è leggermente scomposto nell’equilibrio e nella qualità aromatica. Si percepiscono note amaricanti ed una forza media costante. Ma non disperate, anzi consideratele una buona base di partenza per l’evoluzione del manufatto, poiché in prospettiva, e fidatevi di me, è uno dei sigari che dev’essere posto sul Monte Olimpo”. Avrei voluto ringraziarlo e fargli delle domande, ma come da leitmotiv non ci riuscii. “Ora devo andare, ma voglio congedarmi con un consiglio, lo stesso che dissi al sultano Ibn Saud: la mia religione mi impone come rito assolutamente sacro il fumare sigari e il bere alcolici prima, dopo e se del caso durante tutti i pasti e nell’intervallo tra un pasto e l’altro”.
Un lampo illuminò la stanza. Girai e rigirai la testa, toccai il pavimento e mi ritrovai per le mani un Ronson Whirlwind. Il tempo di accenderlo… e scomparve anche quello.
di Massimiliano Cinque – Passione Habanos, Habanos Club Italy