Al Vittoriale degli Italiani di Gardone Riviera una mostra a cura di Marco Di Capua, con le opere di trenta importanti artisti italiani ed internazionali, rievoca la figura e la personalità di Vittorio Cini, con la sua straordinaria vita da imprenditore, collezionista e mecenate. Il titolo, “Vittorio Cini. L’ultimo Doge”, si ispira alla definizione che ne diede Indro Montanelli. L’esposizione è in programma dall’11 marzo al 10 settembre 2023 presso il Ricovero del MAS e all’interno del D’Annunzio Segreto. Le opere sono state selezionate dal curatore Marco di Capua e in molti casi realizzate appositamente per l’evento.
L’esposizione – inaugurata per la stagione primaverile 2023 del Vittoriale, nell’anno del 160° anniversario della nascita di d’Annunzio – nasce dalla volontà di Francesco e Riccardo Avati in occasione della riedizione dello scritto di Anna Guglielmi Avati nipote di Vittorio Cini, di riportare all’attenzione di studiosi e artisti la figura di questo protagonista della storia e della vita economica, politica, sociale e culturale italiana del Novecento, di cui la Avati ricostruisce azioni e vicende in relazione al periodo fascista, per dimostrare il carattere rigoroso, coraggioso e libero del nonno.
Il percorso espositivo disegnato da Marco Di Capua vuole raccontare la figura di Cini sotto una nuova luce, offrendo ai visitatori una rilettura della “pluridimensionalità del personaggio” attraverso alcuni significativi documenti originali e appunto le opere di artisti – Riccardo Ajossa, Tahar Ben Jelloun, Marco Bernardi, Alberto Biasi, Vito Bongiorno, Andrea Boyer, Ettore de Conciliis, Stefania Fabrizi, Shay Frisch, Giuseppe Gallo, Carlo Gavazzeni Ricordi, Rosaria Gini, Alessandra Giovannoni, Elisa Grezzani, Claudio Koporossy, Umberto Mariani, Riccardo Monachesi, Isabella Monari, Giorgio Ortona, Tommaso Ottieri, Mimmo Paladino, Achille Perilli, Elena Pinzuti, Piero Pizzi Cannella, Oliviero Rainaldi, Mauro Reggio, Giovanni Tommasi Ferroni, Emilio Vedova e Ortensio Zecchino – che hanno lavorato appositamente per questa mostra o che appaiono legati a Cini da un medesimo percorso ideale, tracciato dal curatore seguendo i luoghi, le parole e concetti che ben descrivono questo imprenditore, collezionista e mecenate.
Numerosi lavori insistono proprio sui luoghi nei quali Cini lasciò un segno indelebile, a partire dalla città di adozione, Venezia, dove egli abitò nel cinquecentesco palazzo sul Canal Grande, a San Vio, e dove promosse il recupero dell’Isola di San Giorgio Maggiore fondandovi il primo ente privato italiano volto alla ricerca umanistica. E ancora la terraferma, la zona industriale di Porto Marghera, del cui quartiere urbano gettò le basi; e, naturalmente, Roma la città Eterna, dove Mussolini gli affidò la gestione di una delle più straordinarie avventure dell’urbanistica moderna: l’Esposizione Universale. Altre opere rinviano alle sue iniziative imprenditoriali (ad esempio nel settore dell’industria elettrica) e alla sua vicenda biografica: una «geografia ciniana» che svela, come scrive Di Capua, «un DNA creativo e civile, progettuale ed estetico che condiziona e rende evidente, in modo lampante, il senso moderno della civiltà italiana».
Il catalogo della mostra “Vittorio Cini. L’ultimo Doge al Vittoriale” pubblicato dalla casa editrice Il Cigno GG Edizioni, propone la riedizione dello scritto di Anna Guglielmi Avati sul nonno Vittorio Cini, un saggio critico sull’esposizione di Marco di Capua, ma anche un prezioso contributo di Giordano Bruno Guerri che scrive: “Cini guardò sempre al duce con occhi disincantati e fu tra i primi a capire – durante la guerra – che di lui occorreva liberarsi al più presto.”