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Charles Lindbergh, 21 maggio 1927: la prima solitaria trasvolata atlantica

“Lindbergh ce la fa”: così il New York Times segnalò l’evento nella prima pagina del 22 maggio 1927. Un volo durato trentatré ore e mezza. La clamorosa notizia fece il giro del mondo e galvanizzò Calvin Coolidge, l’allora presidente degli Stati Uniti, che disse: «Il popolo si unisce alla mia gioia per la brillante conclusione del suo eroico volo». E assegnò al giovane eroico aviatore l’onorificenza della Distinguished Flying Cross, nominandolo colonnello della riserva dell’aviazione degli Stati Uniti. Anche Il governo francese gli concesse un’onorificenza, quella della Legion d’Onore.

Stiamo parlando della prima solitaria trasvolata sull’Oceano Atlantico, con partenza il 20 maggio 1927 da New York e arrivo a Parigi la sera del giorno successivo. Erano passati vent’anni dal leggendario volo dei fratelli Wright, e altri luttuosi tentativi di attraversare quei 5800  chilometri. Ora una nuova rivoluzione attendeva il mondo dell’aviazione, un nuovo importante passo evolutivo per portare l’uomo a solcare i cieli e rendere concreta la profezia di Leonardo da Vinci che, osservando il volo degli uccelli, ebbe l’intuizione che lo indusse ad affermare:  “Quando avrete conosciuto il volo, camminerete sulla terra guardando il cielo, perché là siete stati e là vorrete tornare”.  Charles Augustus Lindbergh, pioniere dell’aviazione definito e scelto come “Uomo dell’anno” dal Time nel 1927, è così entrato nella storia dell’umanità. Otto anni prima un’analoga impresa era stata già compiuta da due aviatori britannici, John Alcock ed Arthur Whitten Brown i quali percorsero una rotta più breve ed in minor tempo, tra Terranova in Canada e la costa occidentale dell’Irlanda.

Charles Lindbergh davanti lo Spirit of St. Louis

La storia particolare di questa impresa nasce nel 1919 quando Raymond Orteig, proprietario dell’Hotel Lafayette di New York, mette in palio 25.000 dollari per chi avesse volato non-stop dalla metropoli statunitense alla capitale francese, o viceversa. Il giovanissimo Charles aveva all’epoca appena diciassette anni. Otto anni dopo, il premio fu finalmente assegnato, e se lo aggiudicò proprio lui grazie al coinvolgimento dell’azienda Ryan Aeronautical Company di San Diego che progettò specificamente per lo scopo un velivolo denominato “Ryan NYP”, poi ribattezzato come “Spirit of St. Louis”. La sfida da affrontare era rischiosoa, un vero e proprio azzardo poiché il mezzo avrebbe dovuto attraversare l’immensità dell’Atlantico seguendo una navigazione precisa. Si trattava di un monoplano con un serbatoio posto di fronte al pilota che non consentiva la visibilità anteriore ma solo quella laterale;  altri serbatoi stavano nelle ali e nella fusoliera, per un totale di 1700 litri. Lo Spirit of St. Louis pesava 975 chili e costò circa 11.000 dollari. Fu consegnato soltanto un mese prima dell’impresa e Lindbergh poté effettuare qualche volo di prova.

Lo Spirit of St. Louis in esposizione al National Air and Space Museum di Washington DC (ph Jawed Karim)

Il momento tanto atteso arrivò alle 7:52 del 20 maggio 1927. Il venticinquenne Charles decollò dalla pista di Roosvelt Field, vicino a New York, accompagnato solo da un paio di bussole, un cronometro, un mirino da bombardiere, un orologio e un thermos di caffè. Per ridurre al minimo i pesi sull’aeromobile rinunciò persino alla sua radio ricetrasmittente! Indossava solo un giubbotto con pelliccia, con cui la sua immagine successivamente sarebbe divenuta iconica.  Gli ostacoli da superare durante la trasvolata furono le vibrazioni, il freddo, il gelo, il maltempo. E naturalmente il sonno. Passò l’intera giornata del 21. E passò anche la notte. Arrivò dapprima sull’Irlanda, proseguì verso l’Inghilterra e finalmente in Francia. Per poter atterrare prima che facesse buio, Lindbergh chiese qualcosa di più al suo “Spirit of St. Louis” e quando arrivò sopra Parigi, all’aeroporto Le Bourget, vide una distesa interminabile di gente ad attenderlo nei pressi del luogo di atterraggio;  decine di migliaia di persone festanti ed entusiaste lo attendevano per portarlo in trionfo e tributargli tutti gli onori.

Mappa dell’impresa compiuta in solitaria e senza scalo dall’aviatore Charles Lindbergh,  tra il 20 e il 21 maggio del 1927

L’aquila solitaria, come fu soprannominato Charles Augustus Lindbergh, volò trentatré ore e mezza sui cieli oceanici per una distanza di 5809 chilometri, poi certificata dalla Federazione Aeronautica Internazionale il 31 agosto del 1927. Purtroppo la sua vita cambiò bruscamente nel 1932 a seguito di una drammatica tragedia familiare: il figlioletto di appena due anni venne rapito e, nonostante il pagamento di un riscatto, dopo due mesi fu ritrovato morto. Quel tragico evento lo indurrà ad emigrare in Europa nel vano tentativo di dimenticare un così forte dolore. Venne richiamato in patria alla vigilia della II Guerra Mondiale, costretto a dare consulenze per le operazioni belliche in ambito aeronautico, nonostante egli fosse esplicitamente schierato per l’isolazionismo americano, cosa che porterà il presidente Roosevelt a radiarlo dalla Riserva.  Lindbergh partecipò comunque alle missioni aeree nel Pacifico e negli anni Cinquanta il presidente Eisenhower gli conferirà una medaglia al valore.

Charles Lindbergh

Dopo la II Guerra mondiale si dedicò alla scrittura e nel 1954 vinse il Premio Pulitzer col suo libro autobiografico The Spirit of St. Louis. Morì nel 1974 ad Hana, un villaggio delle Hawaii, sulla cui isola di Maui è sepolto. Dopo la sua morte ha ispirato la letteratura, il cinema e la musica. La sua impresa rivoluzionaria e storica ha cambiato il mondo poiché ha lasciato intravedere la possibilità di nuove e migliori comunicazioni fra i popoli. Un’impresa epica che poteva essere realizzata solo da personalità forti. Così, lo stesso Lindbergh, descrisse la sua passione per il volo: «Scienza, libertà, bellezza, avventura: cosa si può chiedere di più alla vita? Il volo aereo ha unito tutti gli elementi che ho amato. C’è scienza in ciascuna curva di un profilo aerodinamico, in ogni angolo tra il puntone e il filo, nell’intercapedine di una candela di accensione o nel colore della fiamma di scarico. C’è libertà nell’orizzonte illimitato e sui campi aperti dove si atterra. Un pilota è circondato dalla bellezza della terra e del cielo. Sfiora le cime degli alberi insieme agli uccelli, salta valli e fiori, esplora i canyon che guarda come un bambino».

Immagine in copertina: Elaborazione grafica di Matteo Lagonia