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Giuseppe Mazzullo, quando la pietra diventa arte

Correva l’anno 1913 quando a Graniti, un piccolo borgo siciliano della valle dell’Alcantara, nasceva Giuseppe Mazzullo, figlio di un capomastro e di una casalinga. Il destino gli serbò dei grandi successi come scultore e pittore con riconoscimenti in tutto il mondo. Sin da giovane mostrò grande passione verso l’arte, in particolare per la lavorazione delle pietre con cui creava le sue bellissime opere. In alcune interviste il maestro disse: ′′Vorrei scolpire come fanno il vento, la pioggia e le intemperie… la pietra per me è tutto′′.

Plessaura, 1975, 117x43x20, Taormina

Quando il maestro tornava da Roma, dove risiedeva, si recava al suo paese natìo per fare lunghe passeggiate nel torrente Petròlo, che scorreva lì vicino, alla ricerca della pietra giusta. Il Petròlo era per lui un ′′amico… il libro della vita… che gli regalava ogni volta un’idea′′.

Ritratto di Sebastiano Carta, 1945,  35 x20x19,  Taormina
Ritratto, 1960, 81x46x30, Taormina

Il maestro Giuseppe Mazzullo (Graniti, 1913 – Taormina 1988), fu influenzato dalle grandi correnti artistiche del tempo, quali Realismo, Espressionistico, Impressionismo e Futurismo. Da Graniti si trasferisce a Roma, dove studia alla Scuola libera del Nudo,e poi a Perugia, all’Accademia delle Belle Arti. Durante la sua vita sono state tre le fasi produttive, caratterizzate anche dall’impiego di alcuni materiali lapidei e dalla realizzazione di molteplici opere.

Meligerte, 1976, 204x1x 32, Taormina
Partigiano, 1979, 210x780x70, Taormina

Il periodo che va dal 1931-1970 è caratterizzato da statuine/sculturine che evocano il mito della Madre Terra, ma anche forme umane o animalesche che superano spazio e tempo e, giungono fino a noi, caratterizzate dal “non finito”  e da una materia aspra e non levigata. L’ultimo periodo (1970-1988) vede invece non solo un’enorme produzione di disegni, litografie e incisioni, ma anche un’assoluta tendenza alla stilizzazione geometrica, trovando nelle durissime rocce laviche dell’Etna uno splendido equilibrio tra Forma, Materia ed Emozioni.

Liagora, 1976, 121x51x19, Taormina

Le sue opere monumentali oggi si possono osservare in diversi borghi della valle dell’Alcantara (Gaggi, Francavilla), ma anche a Barcellona Pozzo di Gotta o all’EUR di Roma, e sottolineano sempre valori fondamentali quali la libertà, la non-guerra, la madrepatria, la gloria e il milite ignoto. La sua casa, in via Sabazio n° 34 a Roma, fu sede di incontro di molteplici artisti e intellettuali di ogni ideologia, quali Guttuso, Consagra, Ungaretti, Matta e D’Arrigo. Le sue numerosissime opere sono esposte a Parigi, Roma,  Berlino, Amburgo, Tokio, Hong Kong, San Paolo, etc.

Ritratto di Biagia Marniti, 1947, 30x20x40, Taormina

Oggi, salendo per la strada che porta al borgo di Taormina, il turista arriva di fronte a Porta Catania con una bellissima vista sul mare e, lasciata l’auto, direttamente sul centralissimo corso Umberto: girando subito a destra si rimane colpiti dal bellissimo giardino prospicente il Palazzo  dei Duchi di Santo Stefano, che ospita la Fondazione ′′Mazzullo′′.  In mezzo ad un bel verde con tante piante fiorite campeggiano le grandi ′′pietre′′ del maestro Mazzullo che affascinano da sempre i migliaia di visitatori che arrivano a Taormina da tutto il mondo.

Teatro greco di Taormina

Il Palazzo dei Duchi di Santo Stefano (XIII-XIV secolo), prima antica torre di guardia e poi Palazzo nobiliare del Casato dei San Martino – De Spuches, presso la centralissima Porta Catania, a Taormina, ospita molteplici sue opere e ne racconta la sua evoluzione culturale e artistica. Al suo interno, nelle tre sale sovrapposte (Colonna, Saffo ed Estate), tra le sue opere esposte spiccano per bellezza: “Saffo”, “Silvia”, in granito locale, ma anche “Issiona”, “Liagora” e “Plesaura”, in vulcaniti etnee e non per ultime, “Torso”, “Gatti” e “Amazzone”, in calcarenite grigiastra.

Palazzo dei Duchi di Santo Stefano, Taormina

È sicuramente una visita culturale da non perdere, in un clima gradevole anche in pieno inverno, che all’attento osservatore non può far altro che  ricordare i famosi colori, odori e sapori del buon Goethe.

di Ernesto Bellomo (geologo e naturalista) e Flaviano Garritano (storico)

Immagine in copertina: Potere occulto 1976, 116x57x22, Taormina

Ernesto Bellomo e Flaviano Garritano

Ernesto Bellomo e Flaviano Garritano