Nella produzione poetica dell’Italia unita pochi sono i riferimenti all’antico, che traspare appena percettibile dietro alcuni versi. Le immagini sono appena accennate e non dominano come in una stampa del Piranesi, dove i ruderi governano maestosamente la scena. Al contrario, l’antico viene evocato sullo sfondo per impreziosire un soggetto che non necessariamente deve rimandare al passato.

Le Terme di Caracalla in una stampa di Piranesi in Ridolfino Venuti Cortonese, Accurata e succinta descrizione topografica delle antichità di Roma, III ed., Roma 1824.

Situla bronzea con decorazione a sbalzo su diverse fasce, VI secolo a.C., rinvenuta nella necropoli della Certosa (tomba 68) a Bologna – Museo Civico Archeologico – Rielaborazione da G. Camporeale, Gli Etruschi in Europa, in G. Camporeale (a cura di), Gli Etruschi fuori d’Etruria, Verona 2001, pp. 102 – 129.
Il poeta che, per eccellenza, ci propone la storia nella sua ciclicità è Giosuè Carducci, nei cui versi emerge una “memoria stratigrafica”, da intendersi come la successione di singole realtà documentarie testimoniate dalle scoperte archeologiche. L’esempio più significativo lo possiamo trovare nelle strofe centrali di Fuori alla Certosa di Bologna, in Odi barbare. Nel 1879, Carducci fu suggestionato dai primi scavi della Certosa, immaginando una necropoli in cui fondere presente e passato, ma anche vita, amore e morte. Appena tre anni prima, nel 1876, erano state pubblicate le prime due dispense di una più ampia opera, completata nel 1884 per i tipi della Regia Tipografia di Bologna, nella quale Antonio Zannoni illustrò la scoperta del sepolcreto etrusco della Certosa. Questa importantissima scoperta era iniziata con il rinvenimento casuale di una tomba “a cista”, avvenuta durante i lavori di sistemazione del Chiostro delle Madonne. In tre anni furono riportati alla luce 421 tombe, che gettarono una nuova luce sulla storia della città e favorirono la nascita del Museo Civico, inaugurato nel 1871. In una lettera a Edoardo Brizio del 1° gennaio 1873, conservata presso la Biblioteca dell’Archiginnasio, Zannoni scrive che “… dopo moltissime considerazioni ho prescelto la forma descrittiva completa, cioè ho fatto la descrizione del processo, e del dettaglio di tutto lo scavo ripartito anno per anno: in una parola ho descritto ogni tomba sia nella sua disposizione, che ne’ suoi dettagli con quella minore, o maggiore estensione, che l’importanza d’ogni tomba richiede. Con ciò, a mio avviso, ognuno ora e per l’avvenire ha sott’occhio il risultato di quanto si è scoperto: ognuno per ogni tomba ha una singola descrizione… L’opera, ripeto, è lunga, ma almeno sarà uno specchio di tutto lo scavo”.

Planimetria del Cimitero Comunale della Certosa – Tratto da A. Zannoni, Scavi della Certosa di Bologna. (Riproduzione di una tavola del testo)
di Giancarlo Germanà Bozza – archeologo, docente di Storia dell’arte e di Valorizzazione dei beni archeologici – Accademia di Belle Arti di Palermo