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La Santa Maria Maddalena di Caravaggio e il tema dell’estasi mistica tra Seicento e Settecento

La Santa Maria Maddalena di Caravaggio, dipinto molto dibattuto dalla critica negli ultimi decenni, costituisce, nell’ambito del cospicuo patrimonio iconografico della pittura di tutto il Seicento, il precedente figurativo di primaria importanza per comprendere a fondo la genesi della tensione drammatica e sensuale da cui deriverà la raffigurazione dell’estasi mistica nelle pale d’altare del periodo barocco. Il dipinto di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, è conosciuto attraverso numerose copie (per lo più eseguite da copisti del Seicento, tra cui Louis Finson), ma di cui esiste una versione di grande qualità, la cosiddetta Maddalena Klein   in collezione privata, la quale viene annoverata tra le poche candidate ad essere accolte nel catalogo tutt’ora molto controverso di Caravaggio.

Caravaggio, Maddalena Klein

Sulla scorta delle fonti più accreditate, relative alla biografia del pittore lombardo, quali il  Mancini e il Bellori, la Maddalena in estasi venne dipinta nel 1606, durante la sosta nei feudi dei Colonna, dove l’artista ormai fuggiasco trovò ospitalità per evitare la condanna a morte in contumacia che gravava su di lui dopo l’assassinio di un suo rivale al gioco della pallacorda, tale Ranuccio Tomassoni, fatto di sangue avvenuto il 28 maggio dello stesso anno. Caravaggio dipinse una figura di Maria Maddalena in atteggiamento estatico, rappresentata di tre quarti con i capelli rossi sciolti e le mani intrecciate. La testa appare riversa, gli occhi socchiusi e la bocca ansimante, mentre le lacrime le scorrono sul volto contratto in uno spasmo di dolore e di afflizione profonda. La Maddalena indossa una camicia bianca così discinta da farle intravedere sia il petto che le spalle; il vestiario della santa è completato da un mantello di un rosso molto vivo che avvolge gli arti inferiori e parte della roccia sulla quale poggia il braccio sinistro della santa. La postura assunta dalla figura contratta dal dolore e l’atteggiamento di prostrazione ed estremo pathos saranno il punto di partenza di tutta quella raffigurazione delle sante in meditazione o in estasi che caratterizzeranno la pittura europea tra Seicento e Settecento con degli esiti altissimi raggiunti in pittura da Carlo Saraceni e da Simon Vouet nonché dal Bernini e dalla scultura napoletana settecentesca nell’ambito della produzione scultorea.

Caravaggio, Maddalena Klein

In merito al dipinto caravaggesco, Mia Cinotti afferma nel 1971 che quest’invenzione (assolutamente originale e inedita nel panorama figurativo dei primi anni del Seicento) della santa assopita sarà di grande importanza per lo sviluppo del tema fra i pittori del Nord Europa. Aggiunge, inoltre, che il Caravaggio esprimerà una tendenza alle raffigurazioni dell’isolamento ascetico, in parte riscontrabile anche nel bellissimo dipinto del San Francesco d’Assisi in estasi di Hartford. Caravaggio stravolge  la classica iconografia della Maria Maddalena, mostrando la santa oppressa dal peso del peccato e ritraendola già convertita, immersa in una contemplazione estatica come rivelano la fronte corrugata, gli occhi come stravolti, le labbra socchiuse e le dita intrecciate.

Caravaggio, San Francesco in estasi

Nella cultura cristiana l’estasi mistica è vissuta in genere come un rapimento improvviso della propria anima ad opera dello spirito santo, una condizione in cui il pensiero è pervaso da un’entità sovrannaturale, divina. In tale stato si determina un’alterazione, della percezione spazio-temporale e dei processi sensoriali con conseguenti reazioni di paralisi piuttosto che di allucinazioni, interpretate tutte come l’effetto dell’invasione di Dio nel proprio spirito. Queste manifestazioni incarnano simbolicamente gli episodi evangelici del Calvario di Gesù quali la flagellazione e la crocifissione, rappresentando compiutamente il modello ispiratore di tutte le manifestazioni somatiche dei grandi mistici. La fenomenologia dell’estasi è sovente accompagnata da intense prostrazioni corporali e piaghe che testimoniano le sofferenze patite da Cristo, classificate dagli studiosi come malattie mistiche. Tra le manifestazioni più eclatanti ricordiamo le stimmate che compaiono sulla fronte come se si trattasse di ferite provocate dalla corona di spine o addirittura in grumi di sangue su alcune parti del corpo quali il costato, le mani e i piedi. Questi segni della passione possono assumere forme differenti come croci, cuori e ostie oppure compaiono sotto forma di semplici arrossamenti sulla pelle; talvolta, la fuoriuscita di sangue ha una cadenza ciclica, in relazione al venerdì santo. Il primo santo a cui comparvero le stimmate fu San Francesco d’Assisi, patrono d’Italia, mentre si trovava sul Monte della Verna, precisamente il 14 settembre 1224. Una profonda espressione di estasi mistica è ravvisabile nella grande pala del San Francesco in estasi sostenuto da un angelo del 1729, un  olio su tela centinato di cm 379 x 188, capolavoro di Giambattista Piazzetta, attualmente ubicato presso i Musei Civici di Vicenza; restaurata nel 1911, la tela proviene dalla chiesa dell’Aracoeli, sull’altare che si trova nella parete a sinistra ,entrando dal portale maggiore.

Giovanni Battista Piazzetta, Estasi di San Francesco

Si sa che il dipinto venne rimosso per essere sistemato nel coro, dietro il presbiterio dove ha sofferto molto i danni dell’umidità: addirittura lo storico Sebastiano Rumor (1914) testimonia che prima di questo intervento di restauro la tela era così ossidata che non si riusciva a scorgerne il soggetto. L’opera mostra una notevole affinità compositiva con la pala di San Vitale a Venezia raffigurante l’angelo custode con i San Luigi Gonzaga e Sant’Antonio da Padova, soprattutto nell’andamento zigzagante delle figure che sembrano levitare in cielo ma anche nella straordinaria forza drammatica: il Piazzetta mette in scena un dramma shakespeariano con una straordinaria regia compositiva e una tensione emotiva che non trova riscontro nella coeva produzione artistica veneziana. In basso, s’intravede una figura di frate immerso nella lettura, senza ombra di dubbio trattasi di Frate Leone, biografo di San Francesco. Dall’altra parte il Piazzetta ha inserito un cranio, una sorta di memento mori ,visto di scorcio e fortemente illuminato. Le tonalità brune presenti nella pala sono rischiarate da alcuni brani di assoluta poesia in pittura che si traducono in forti bagliori di luce ravvisabili nel manto del grande angelo dalle ali spiegate che sta sorreggendo San Francesco e nel panno con cui questi tampona le stigmate nel costato. L’estremo ardimento spaziale procura la sensazione di caduta e di vertigine. Leslie Jones ha osservato nel 1982 che in questo dipinto il Piazzetta fonde due episodi della vita del santo di Assisi: l’estasi mistica e la stigmatizzazione.

di Francesco Caracciolo – storico dell’arte