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Il Museo nazionale della fotografia di Brescia

La collezione permanente del Museo Nazionale della  Fotografia di Brescia affonda le proprie radici nella nascita del Cinefotoclub. Fin dal 1953 i soci cominciarono con lungimiranza a raccogliere e preservare apparecchiature fotografiche e cinematografiche, con l’obiettivo di creare una collezione che oggi è fruibile alla cittadinanza. Nel corso dei decenni la raccolta continuò a crescere, tanto che fu esposta in diversi sedi del centro cittadino a partire dal 1983, fino all’apertura della sede attuale in contrada Carmine nel 2006.

Apparecchio Gasc & Charconnet in legno per lastre di vetro nel formato 55×55 cm (Parigi, seconda metà dell’Ottocento) che domina la Sala delle milleduecento macchine fotografiche del Museo

Nel periodo della pandemia è stata compiuta un’opera di riordino delle vetrine e dell’allestimento, arrivando all’inserimento online del catalogo delle apparecchiature fotografiche. Nelle sale espositive del Museo vengono allestite cinque nuove mostre fotografiche ogni mese, e nel percorso museale il visitatore può compiere un affascinante viaggio nella storia della fotografia, partendo da una raccolta di rarissimi esemplari fotografici a positivo diretto unico, rappresentativi dei primi processi fotografici che si diffusero subito dopo l’invenzione di Daguerre, annunciata il 7 gennaio 1839. Nelle vetrine è possibile ad esempio ammirare un apparecchio dagherrotipo in legno del 1840 di origine francese e numerosi ritratti delle origini fissati su lastre di rame argentato, seguendo il procedimento di Daguerre.

Apparecchio in legno a lastre, inizi del 1900

A partire dal 1852, con il processo al collodio umido, inizialmente applicato alle lastre in vetro (ambrotipi) e poi alle lamine in ferro laccato in nero (ferrotipo), fu possibile utilizzare supporti più economici, rendendo progressivamente popolare il ritratto fotografico. La confezione dell’immagine era impreziosita da eleganti astucci decorati o elaborate cornici, coerentemente al valore economico di questi gioielli fotografici, ambiti da una élite benestante e dalla borghesia che poteva celebrare in questo modo la rappresentazione della sua ascesa sociale. Una svolta fu rappresentata dalla nascita della carte de visite, nel 1854, realizzata attraverso un processo più veloce ed economico che permise la diffusione del ritratto anche alle classi meno abbienti. Il formato è quello simile a un biglietto da visita e queste immagini entrarono a far parte di elaborati e pittorici album di famiglia.

Ritratto di coppia in studio. Ritratto di famiglia: un uomo e una donna seduti si tengono per mano. Dagherrotipo angloamericano,1850-1860 ca. – Archivio Museo Nazionale della Fotografia Cinefotoclub Brescia

Nel Museo sono custoditi molti esemplari di apparecchiature e visori stereoscopici, gli antenati del nostro 3D, passatempo della borghesia di secondo Ottocento.  Sempre di quel periodo è l’apparecchio in legno che domina la “Sala delle milleduecento macchine fotografiche”, di imponenti dimensioni, che permetteva di ottenere negativi su lastra di vetro nel formato 55×55 cm.

Kodak 96 Model Pocket 1896-1897

L’evolversi dello sguardo è andato di pari passo con l’evolversi della tecnologia: con il passare dei decenni le macchine si fecero sempre più piccole e i supporti sempre più veloci e facili da utilizzare: nel 1888 Kodak mise sul mercato la Kodak n.1, la prima macchina a utilizzare un rullino di carta sensibilizzata; il Museo possiede il modello successivo del 1896, la Kodak 96 model pocket. Al centro della sala delle macchine fotografiche si possono ammirare quattro vetrine dedicate alla storica fotocamera Leica, uscita sul mercato nel 1925 e diventata il più celebre apparecchio fotografico della storia. Fu la prima ad utilizzare la pellicola 35 mm e permise la cattura dell’istante decisivo. Non a caso la Leica è legata indissolubilmente al nome del grande fotografo francese Henri Cartier-Bresson, che basò tutte le sue fotografie su quel momento di pura realtà, non messa in scena ma spontanea, che riassume l’essenza di una situazione o di un soggetto. Nella collezione del Museo è presente la riproduzione della Leica UR del 1914 e diciassette modelli del primo periodo dal 1926 al 1951, dieci fotocamere modello M e altri modelli a partire dagli anni  Settanta, tra cui i modelli CL, SL e il modello R. Una vetrina è dedicata alle copie della Leica, che raccontano la storia del secondo dopoguerra attraverso delle fotocamere polacche, alcune in ottone, vendute come originali tedesche ai soldati a fine conflitto. Rivale della Leica, la celebre Contax della ditta Zeiss Ikon, fotocamera che venne utilizzata dal coraggioso fotoreporter ungherese Robert Capa per raccontare lo sbarco in Normandia degli alleati il 6 giugno 1944.

Leica
Zeiss Ikon Contax I, 1932

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A cura di Roberto Besana

Fotografie: Museo Nazionale della Fotografia di Brescia

Testo di Luisa Bondoni  – storica e critica della fotografia, curatrice del museo

Luisa Bondoni

Luisa Bondoni