Vai al contenuto

Il Museo delle Streghe di Benevento

Il “Museo delle Streghe” di Benevento, diretto da Mario De Tommasi coadiuvato dagli antropologi Maria Scarinzi e Carmine Fusco, rappresenta un luogo di conservazione e trasmissione di antica cultura e di forte tradizione storico-sociale della città.

Proprio Carmine Fusco sottolinea quanto il Museo Janua sia “uno spazio di incontro storico-antropologico di ricerca effettuata sul territorio legata all’antica tradizione delle Streghe. In particolare abbiamo rivolto delle interviste mirate alle nonne della città, raccolte e trasmesse in un video di diffusione aperto a sempre nuove testimonianze, che rappresentano la maggiore e più preziosa fonte di informazione in grado di mantenere in vita una tradizione socio-culturale che altrimenti andrebbe persa col tempo”.

Il termine Janara significa “strega” nel dialetto beneventano, ma non solo, può anche indicare il passaggio di una porta dato che le streghe attraversavano le porte grazie a un potente unguento magico. A Benevento c’è un culto molto antico riferito alla magia bianca che collega fra loro, in un ideale triangolo incantato, le tre città di Benevento, Torino e Praga. Probabilmente questo rito è connesso agli dei egiziani Iside e Osiride, ritenuti rispettivamente madre e padre dell’imperatore Domiziano.

Benevento era una città ricca e strategicamente importante per l’impero romano dato che i due fiumi che l’attraversavano erano una fonte di fertilità e abbondanza paragonabile ad una piccola Mesopotamia. La figura del Vescovo della città, San Barbato, è legata al mito delle streghe e alle celebrazioni orgiastiche che avvenivano sotto la celeberrima pianta di noce di Benevento.  Durante il periodo dell’Inquisizione, nel 1400, le donne considerate streghe furono obbligate a confessare di riunirsi sotto al noce per compiere riti diabolici. In quell’epoca si erano mischiate fra loro forme di culto pagano provenienti dai longobardi con tradizioni religiose cristiane dei romani dovute alle battaglie e alle conquiste di confini territoriali che modificavano l’assetto storico-sociale e culturale: sotto l’albero magico di noce si diede così vita a nuovi rituali per esorcizzare e festeggiare le guerre vinte.

Nella terra sacra beneventana la Chiesa non acconsentì a tali riti barbarici che si rifacevano al demonio e alle streghe perciò, durante le confessioni religiose le donne che partecipavano agli incontri sotto il noce furono costrette a rivelare la natura diabolica dell’usanza. Il Vescovo San Barbato pose perciò fine alla credenza diffusa dei riti pagani sotto al noce convertendo i longobardi e donando alla città di Benevento un quadro sacro della Madonna delle Grazie che ripresenta una pseudo immagine della dea egizia Iside con il seno scoperto nel gesto di allattare il Bambino.

Nel Museo sono conservati oggetti tipici della tradizione dell’epoca, tra cui spiccano i fiocchi rossi usati per augurare salute e benessere; il tipico tarallo che rimanda al cerchio e all’anello come simbolo di amore eterno; un tarallo di forma più grande che veniva spezzato e offerto come cibo sponsale fuori dalla Chiesa come gesto e dono di condivisione accogliente in una società molto povera; delle bambole maschili e femminili preparate col grano come augurio di fertilità e abbondanza; un fiocco rosso legato a un pupazzo con una pannocchia simboleggia la fortuna e la ricchezza; il lucchetto che era considerato uno strumento malefico e veniva nascosto in casa della vittima come malaugurio; gli scritti della signora Nunzia Saginario, di fine ‘800, che contengono nel contempo simboli magici e preghiere con cui chiedeva di scongiurare i suoi mali fisici; le forbici che venivano lasciate aperte per allontanare il pericolo e che le spose il giorno del matrimonio nascondevano nell’abito nuziale per tagliare il malefico; pezzetti di carta velina, i “bocconcini” raffiguranti i Santi, che venivano fatti masticare ai bimbi per essere protetti; la treccia di capelli che blocca i cattivi pensieri, mentre i capelli sciolti sono segno di stregoneria; vari strumenti di tortura per le streghe e manuali del 1400 del periodo inquisitorio e guide per maghi.

Questa tradizione è viva e sentita ancora adesso a Benevento tanto è vero che, mentre ceno in una osteria tipica del centro storico, “Sapori di Corte”, il titolare Lorenzo Tufo e lo chef Francesco D’Aniello, con Michela Luongo, tutti molto giovani, mi intrattengono con racconti recenti di streghe informandomi cheil nome del fiume beneventano Sabato è legato al sabba che si svolgeva proprio in quel giorno sotto il noce quando le streghe si univano al diavolo perciò, ancora oggi, si usa dire: “Oggi è sabato” per distrarle e farle allontanare verso il noce. Le donne incriminate a quell’epoca possedevano grandi capacità scientifiche e competenze nella conoscenza delle proprietà di cura delle erbe mediche. Le streghe erano donne potenti e temute perché la loro cultura e la loro capacità intellettiva le rendevano libere e indipendenti. La janua è magica perché rappresenta ancora oggi il riscatto socio-culturale dato alla donna da parte della conoscenza che la emancipa da un passato di vessazioni e ingiustizie umane: non a caso il gheriglio della noce rimanda alle similitudine del cervello umano, simbolo di sapienza e intelligenza”.

Inoltre il Comune di Benevento ha costituito il “Distretto delle Streghe” che incentiva e potenzia il sistema commerciale cittadino tramite iniziative di marketing turistico intelligente che pongono la città come fiore all’occhiello nella valorizzazione delle numerose tipicità locali. Recentemente infatti il Comune ha creato il portale ufficiale virtuale di informazioni turistiche rivolto a chi desidera visitare e soggiornare in questa bellissima città molto curata e valorizzata dal punto di vista storico-culturale: https://beneventoturismo.it/

Isabella Puma – giornalista