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Nerone, un imperatore controverso e carismatico

Niente nato da me e da Agrippina può rivelarsi altro che un essere detestabile e una minaccia pubblica”.

Secondo Svetonio, questa frase sarebbe stata pronunciata dal padre di Nerone, Gneo Domizio Enobarbo, alla sua nascita. Infatti l’imperatore Lucio Domizio Enobarbo, meglio conosciuto con il nome di Nerone, viene spesso descritto come un tiranno sanguinario e paranoico ai limiti della follia. Un uomo ossessionato dalla paura di essere ucciso dai suoi nemici, assetato di potere e affetto da manie di protagonismo, un amante dei festeggiamenti più sfrenati e soprattutto colui che avrebbe incendiato Roma nel 64 d.C. Questa è l’immagine che ci è stata tramandata di Nerone.  Ma è stato veramente così?

Certo durante i suoi tredici anni di regno è riuscito a eliminare tutte le persone che potevano essergli d’intralcio: dal fratellastro Britannico, che poteva aspirare al trono in quanto figlio del predecessore Claudio, alla madre Agrippina, accusata di tramare alle sue spalle. E ancora si sbarazzerà della moglie Ottavia per sposare la sua amante Poppea, e allontanerà e costringerà al suicidio Seneca, suo maestro e consigliere.

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Busto di Nerone – Galleria degli Uffizi

In verità, però, non sarà il primo e neppure l’ultimo a ordire congiure. E allora perché la figura di Nerone è avvolta da un’aura così sinistra rispetto ad altri imperatori non meno crudeli e sanguinari? Il motivo è dovuto alle cattive notizie che lo avvolgono, provenienti da fonti a lui nemiche, da storici appartenenti a uno schieramento politico avverso alla sua politica come quello dell’aristocrazia senatoria. Solo recenti studi hanno rivalutato l’imperatore descrivendolo come un sognatore, un uomo che amava la bellezza e aveva a cuore il suo popolo. Ma chi ha ragione?

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Busto del giovane Nerone – Jastrow, opera propria, via Vikimedia Commons

L’ascesa al potere del giovane Nerone

Nerone è nato nel 37 d.C. e quando diventa imperatore, nell’anno 54, ha solo diciassette anni. Ma perché è proprio lui a succedere a Claudio? Il merito è senz’altro di sua madre Agrippina, una donna molto ambiziosa che non solo è la figlia dell’eroe militare Germanico e di Agrippina maggiore, nipote di Augusto, ma diventa anche la seconda moglie dell’imperatore Claudio. Prima di raggiungere questo obiettivo, però, viene esiliata dal fratello Caligola, che l’accusa di tramare alle sue spalle, negando così al nipote Nerone le cure della madre. Il piccolo Nerone si ritrova improvvisamente anche senza denaro perché, quando il padre muore, è sempre Caligola a confiscargli tutta l’eredità. Quando nel 41 d.C. Caligola viene ucciso, Agrippina torna finalmente dall’esilio e decide di occuparsi dell’istruzione del figlio per il quale ha grandi progetti. Lo affida inizialmente a due liberti greci, che gli insegnano il greco e il latino, e al compimento dei dodici anni gli assegna come maestro Seneca, il filosofo più famoso dell’epoca.

Infine per accelerare la sua ascesa al potere, una volta che Claudio rimane vedovo, Agrippina riversa tutte le proprie energie a battere le pretendenti e a sposarlo. A questo punto Claudio adotta Nerone che come rivale avrà solo Britannico, unico figlio maschio dell’imperatore, che però è di salute cagionevole. Agrippina non vuole correre rischi e perciò nel 54 d.C. pare avveleni il consorte, secondo la versione prevalente, lasciando campo libero a Nerone. Dopo essere stato acclamato dalla guardia pretoria, alla quale sembra che Agrippina non comunichi la notizia della morte di Claudio se non dopo aver preparato la successione del figlio, segue la ratifica del senato che dà così inizio all’impero neroniano. I suoi primi cinque anni di governo sono segnati dalla moderazione, sono anni in cui Nerone impronta una politica favorevole al senato, sotto la guida di Seneca e della madre che influenza molte sue scelte. Ben presto però il loro rapporto comincia a incrinarsi soprattutto per l’entrata in gioco  della bellissima Poppea, fonte di disturbo e indignazione sia per Ottavia, la consorte, sia per la madre.

Poppea – Museo Nazionale Romano -TcfkaPanairjdde, CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons

Ma per il momento a Nerone interessa difendersi da Britannico: ormai ha quattordici anni e potrebbe diventare un pericoloso rivale. Secondo Tacito, per risolvere questo problema avrebbe chiesto aiuto a Locusta, un’avvelenatrice di fiducia che si era già occupata di uccidere Claudio. Britannico viene invitato a un banchetto, e qui gli viene offerta una bevanda molto calda già assaggiata e quindi sicura. Essendo bollente però, chiede che venga diluita con dell’acqua, ed è in questo recipiente già pronto che è contenuto il veleno. Non si sa se sia andata veramente così, ma si sa che la morte è stata preceduta da un presunto attacco epilettico, malattia di cui pare soffrisse Britannico, e Nerone riuscirà a liquidare l’accaduto come conseguenza di questo fatto.

Ormai stanco delle minacce di Agrippina – racconta Svetonio – Nerone è deciso a eliminarla, e prima prova con il veleno per ben tre volte ma senza successo. Poi fa predisporre un meccanismo sul soffitto della camera della madre che dovrebbe caderle addosso durante la notte, ma anche questo piano fallisce. Ordina poi di farla affogare durante il naufragio della nave su cui si trovava, ma riesce ancora a salvarsi. Alla fine, stremato, nel 59 d.C. ordina che venga uccisa a coltellate.

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L’Imperatore Nerone davanti al corpo di Agrippina – Pietro Negri

A questo punto, dopo essersi liberato della madre, ripudia la moglie accusandola di adulterio: Ottavia prima finisce in esilio e poi viene uccisa. Ora può sposare Poppea. Seneca, riflettendo sul fatto che è l’unico dei consiglieri dell’imperatore rimasto in vita, decide di andarsene, e ora la figura di spicco più vicina a Nerone diventa Tigellino, a cui viene assegnata la carica di prefetto del pretorio. È interessante sottolineare che in precedenza Tigellino era stato mandato in esilio con l’accusa di aver commesso adulterio con Agrippina ma, una volta tornato a Roma, era diventato amico dell’imperatore, forse perché i due condividevano le stesse passioni e gli stessi eccessi. Da questo momento Nerone, libero da ogni controllo, comincia a condurre una vita disordinata e piena di vizi, passando dal libertinaggio, al lusso, dall’avarizia, alla crudeltà senza freni. Ma qualcosa sta per avvenire, qualcosa che cambierà il destino non solo dell’imperatore ma anche della sua città.

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Le fiaccole di Nerone – Henryk Siemiradzki

L’incendio di Roma

Tra il 18 e il 19 luglio del 64 d.C. avviene una tragedia che cambierà la storia di Nerone e di Roma: un grande incendio che verrà ricordato per secoli. Sembra fosse una notte d’estate rovente con la presenza di vento, due condizioni ideali per la propagazione di un rogo. Ma l’incendio fu doloso o accidentale? Difficile dirlo. Da secoli si fronteggiano queste due ipotesi diverse tra gli storici. Certo è che un incendio così poteva scoppiare in qualsiasi momento, dato il caldo secco dell’estate romana e la prevalenza in città di materiale infiammabile come il legno. Inoltre all’epoca si accendevano un’infinità di fuochi per le più svariate esigenze, dalle cucine ai laboratori artigianali. Dopo quasi duemila anni si conosce il punto esatto da cui si propag l’incendio: il Circo Massimo. Le sue arcate ospitavano negozi, botteghe e magazzini ed è probabile che  uno di questi sia stato il luogo in cui si accese la prima scintilla. Secondo Tacito, le fiamme avanzarono velocemente e in breve tempo avvilupperanno l’intero lato del Circo. A nulla servirono gli sforzi dei vigili accorsi sul luogo, nonostante pare che fossero ben 7000 nella Roma neroniana, perché i mezzi utilizzati risultarono poco efficaci. Prima di questo tragico evento, Roma era la più grande e la più popolosa città dell’antichità ma, il 28 luglio finito l’incendio, è ormai una distesa di rovine e di storia andata in cenere con migliaia di morti. Sul Palatino, particolarmente devastato dalle fiamme, si trovavano i palazzi di Augusto, Tiberio, Caligola e anche il nuovo di Nerone: la Domus Transitoria. Un grave colpo.

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Grande incendio di Roma – Karl Theodor von Piloty (1826-1886), CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons

E l’imperatore come reagisce? Anche qui i pareri sono discordanti: chi crede che nel suo delirio fosse estasiato dallo spettacolo, quasi certamente una falsità inventata per screditarlo, e chi ritiene invece che si fosse impegnato nei soccorsi. Fin da subito su Nerone circolano le malelingue, i cittadini romani cominciano a farsi domande: e se fosse stato proprio lui a dare l’ordine di appiccare il fuoco?

La leggenda vuole che l’esecutore materiale sia Tigellino, il prefetto del pretorio, su ordine dello stesso Nerone. Questa voce è alimentata dal fatto che l’incendio, ormai spento dopo sei giorni, riprenda all’improvviso in un luogo aperto proprio nelle proprietà dello stesso Tigellino. Ma che motivo avrebbe avuto per desiderare che la capitale del suo impero fosse rasa al suolo? Molti lo accusano di voler ricostruire Roma a sua immagine, soprattutto per realizzare il sogno di una grande reggia, per la cui costruzione serviva almeno un terzo della superficie della città. Ma non potendo confiscare un’area così grande, sebbene fosse l’imperatore, avrebbe approfittato dell’incendio, forse ordinando al suo braccio destro di far ripartire o alimentare le fiamme insieme ad altri uomini. Ciò che si sa è che, dopo l’incendio, requisisce l’intera zona, abbatte le rovine e costruisce sopra il Foro. Nerone trasforma la capitale in un immenso cantiere. La nuova Roma che nascerà, sarà ricoperta da materiali pregiati come il marmo, il granito, il travertino, il tufo e abbandonerà il legno tanto pericoloso. Le voci maligne su di lui continuano a circolare e Nerone, per metterle a tacere, sa che deve spostare l’attenzione da sé e trovare un capro espiatorio. E così addossa tutta la colpa dell’accaduto ai cristiani, che sono pochi e da tempo sono guardati con sospetto. Il cristianesimo, per il momento, è solo una delle tante religioni che pullulano un po’ ovunque dentro i confini dell’impero, e alle sue origini attecchisce soprattutto fra i ceti più bassi della popolazione perché offre una speranza di felicità in un’altra vita, nel paradiso, anche ai più poveri.

Sotto il comando di Tigellino, i pretoriani iniziano una vera caccia ai cristiani, i quali non hanno alcuna possibilità di difendersi dalla terribile accusa che viene loro mossa. Il destino di chi viene catturato è solo la morte, dato che non vengono istruiti processi, una morte terribile tra atroci sofferenze e uno degli spettacoli più seguiti e richiesti dal popolo. Oltre a essere divorati dalle belve feroci nel circo, damnatio ad bestias, o crocifissi lungo le strade, come accade all’apostolo Pietro, alcuni cristiani vengono cosparsi di pece e arsi vivi. Anche se l’incendio distoglie per qualche mese l’attenzione sull’uso sempre più spregiudicato del potere da parte dell’imperatore, i problemi stanno per arrivare.

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Christian Dirce – Henryk Siemiradzki

La congiura del senatore Pisone e gli ultimi anni

Secondo la versione più accreditata, dopo aver ordinato una serie di delitti in suo nome per proteggerla, Nerone uccide Poppea durante uno scatto d’ira colpendola, incinta, con un pugno. Nei giorni successivi alla morte ordina che il corpo della donna non venga bruciato sul rogo, secondo l’usanza romana, ma imbalsamato, seguendo il costume orientale cui pare Poppea fosse molto legata. È solo il principio della fine. Nel 65 d.C. un senatore di nome Pisone organizza una congiura contro Nerone a cui partecipano persone a lui molto vicine, oltre a numerosi membri dell’esercito che vorrebbero un imperatore moralmente più degno. Però Nerone scopre cosa sta succedendo e prende seri provvedimenti contro tutti i sospettati. Pisone, quando vede arrivare le guardie imperiali, si suicida ma nasce l’ipotesi che non sia lui il vero ideatore di questa cospirazione ma Seneca, l’ex maestro di Nerone, che viene subito interrogato. Nonostante affermi di non saperne niente, viene “invitato” al suicidio per evitare un umiliante arresto. Ritenendosi ormai perduto, Seneca si toglie la vita.

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La morte di Seneca – Jacques Louis David

Scampato al colpo di Stato, l’imperatore decide di trasferirsi per un po’ di tempo in Grecia, forse preoccupato per nuovi possibili complotti, realizzando un sogno che aveva da ragazzo. Questo viaggio è forse una delle sue poche uscite dalla città di Roma, dato che non ha mai voluto seguire il proprio esercito in battaglia. Infatti la sua politica estera procedeva sulla via diplomatica volta a contenere più che ad avanzare, tranne per un paio di casi eccezionali: l’occupazione dell’Armenia, per confermare qui il protettorato di Roma contro le aspirazioni dei Parti, e la repressione di una ribellione in Britannia. In Grecia Nerone rimane a lungo dimostrando il suo continuo interesse per la cultura  ellenistica e, quando nel 66 d.C. arriva a Corinto, in occasione dei giochi istmici, proclama la libertà dei Greci. Con questo non si intende affermare che i Greci possano staccarsi dall’impero, ma che non dovranno pagare più i tributi e non dovranno più obbedire ai magistrati romani per quanto riguarda l’amministrazione interna. Questa decisione suscita grande entusiasmo in Grecia, soprattutto per la liberazione dalle tasse, e scatena invece molta disapprovazione e malcontento nei Romani.

Alla fine del 67 d.C., non si conoscono le ragioni precise, Nerone viene avvisato di fare urgentemente ritorno nella capitale. Nelle province fioccano le ribellioni, il Senato  non aspettava altro, e ora l’imperatore è solo. Una notte Nerone si accorge che nel palazzo non è rimasto nessuno e, abbandonato anche dai suoi fedelissimi, cerca di fuggire ma riesce solo a rifugiarsi nella villa di un suo liberto. Qui gli giunge la notizia che il Senato lo ha detronizzato e dichiarato “nemico pubblico”. Sentendosi braccato, tenta di suicidarsi conficcandosi un pugnale in gola ma invano: sarà il suo liberto Epafròdito ad aiutarlo spingendo il pugnale fino in fondo il 9 giugno del 68 d.C.

I successori di Nerone

Dopo la morte di Nerone, che non ha lasciato eredi, scoppia una guerra civile. Il potere passa nelle mani dei legionari che in due anni acclamano ben quattro imperatori: Galba che regna per sette mesi, Otone per tre, Vitellio per nove e infine Vespasiano, generale delle truppe in Oriente, che riesce a imporsi stabilmente per dieci anni dal 69 al 79 d.C. Capostipite della dinastia dei Flavi, Vespasiano fa cominciare nel 72 d.C. l’edificazione del Colosseo, anche chiamato appunto Anfiteatro Flavio, che prenderebbe il nome dal Colosso di Nerone posto nelle vicinanze, ossia una statua di proporzioni enormi in bronzo dorato, raffigurante l’ex imperatore nelle sembianze di un Dio. Vespasiano fa modificare questa statua, sostituendo la testa con quella del Dio Sole con sopra una corona con sette raggi. Suo figlio Tito, salito al trono, porta a compimento la costruzione del Colosseo, che inaugura nell’80 d.C. E ancora il fratello Domiziano è l’ultimo della sua stirpe.

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Il Colosseo oggi

La Dinastia Flavia condanna Nerone alla damnatio memoriae, cioè alla cancellazione di ogni suo ricordo, di ogni sua effigie e di ogni opera da lui realizzata. Questo provvedimento era nato in età repubblicana con intenzioni onorevoli: si credeva infatti che, eliminando il ricordo delle azioni riprovevoli del passato, non si corresse così il rischio che si ripetessero. Questa è la ragione per cui, ancora oggi, le figure di molti imperatori sono avvolte dal mistero, come nel caso di Nerone, nonostante gli storici abbiano sfatato parecchi miti negativi che li riguardano.

Nerone e il popolo

Non esiste solo il Nerone sanguinario, spietato con i suoi avversari politici, o il Nerone matricida e uxoricida. Esiste anche il Nerone amico del popolo, attento ai problemi delle classi più umili. Secondo coloro che credono nella sua buona fede pare che, nei primi anni di regno, avesse l’abitudine di travestirsi e uscire di notte per ascoltare i discorsi della gente e scoprirne i bisogni. Addirittura avrebbe ordinato ai suoi prefetti di raccogliere le denunce fatte dagli schiavi, che in quest’epoca vivevano in condizioni disumane e subivano molti maltrattamenti dai loro padroni. Sicuramente era un modo per ingraziarsi il popolo romano e contrastare il senato, ma comunque le misure prese avevano una certa importanza. Ad esempio elargirà 400 sesterzi a ogni cittadino e distribuirà gratuitamente frumento ogni mese. Svaluterà la moneta d’oro, che era usata principalmente dai più ricchi, garantendo maggiore potere economico alla moneta d’argento, utilizzata invece dal ceto medio dei commercianti e degli artigiani.

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Busto di Nerone – Musei Capitolini – cjh1452000, CC BY-SA 3.0 via Wikimedia Commons

Come tanti prima e dopo di lui, anche Nerone per guadagnare consensi usa l’arma del divertimento. Essendo un notevole appassionato di spettacoli, istituisce a Roma i  giochi detti “neroniani, che prevedono gare di musica e poesia. La particolarità di questo imperatore è la sua convinzione, magari alimentata dai sudditi più compiacenti, di essere un grande artista. E non si esibisce in una sola disciplina ma in diverse: da suonatore di cetra a cantante, da poeta ad attore, e pure ballerino. Il tutto però con una certa prudenza. Infatti non esordisce subito dopo la sua nomina, ma attende una decina d’anni cominciando con il canto, e lo fa a Napoli, una città meno esposta di Roma. Si racconta che sia stato chiamato sul palco per numerosi bis e che, nonostante lo scandalo suscitato nel vedere un imperatore/cantante, questo successo lo spinga ad andare avanti. Ma in verità com’era Nerone come cantante? Si dice che avesse una voce roca, bassa ma potente. Sembra fosse molto serio e professionale e che scrivesse lui stesso i testi da intonare al pubblico. Pare si sottoponesse anche a un’alimentazione specifica che prevedeva di non mangiare mele poiché all’epoca si credeva rovinassero le corde vocali, e facesse invece scorpacciate di fichi secchi, che erano un immenso sollievo per i cantanti e i musicisti.

Roma prima e dopo l’incendio: la Domus Transitoria e la Domus Aurea

La Domus Transitoria è un esempio perfetto della domus neroniana prima dell’incendio, e deve il suo nome alla funzione di collegamento che ricopriva tra il Palatino e l’Esquilino. Ma la sua vita fu breve perché sulle sue fondamenta è stata costruita la Domus Aurea subito dopo l’incendio, ancora più lussuosa della precedente.

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Volta della Domus Transitoria, la prima reggia di Nerone

Quello che resta del primo palazzo è comunque un trionfo di magnificenza: pavimenti marmorei intarsiati con la tecnica dell’opus sectile, una decorazione simile al mosaico ma con l’utilizzo di diverse lastre di marmo disposte in modo da creare composizioni geometriche, volte affrescate con materiali preziosi e un ninfeo con funzione di teatro. La Domus Aurea è il palazzo imperiale più grande e sfarzoso che Roma abbia mai visto, ricoprendo un’area compresa fra quattro colli, e meritandosi il nome di rus in Urbe, “campagna in città”, perché comprende non solo edifici ma anche campi, vigneti, boschi e pascoli.

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Ricostruzione Domus Aurea realizzata dalla Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici e Culturali

Nel parco Nerone aveva fatto costruire un lago artificiale chiamato stagnum Neronis, talmente grande che su di esso, una volta prosciugato, sorgerà il Colosseo. Nel vestibolo del portico intorno alla domus si stagliava il Colosso di Nerone, la gigantesca statua progettata dallo scultore greco Zenodoro, che era visibile da ogni angolo della capitale e scintillava al sole per via del bronzo. Oggi si può ammirarne solo una piccola parte, ma la sua estensione era di circa 16.000 metri quadrati e gli affreschi ne ricoprivano circa 30.000. Dato che Nerone era un vero appassionato collezionista e data la sua predilezione per l’arte ellenistica, la domus era davvero piena di sculture saccheggiate in Grecia. Infatti sul colle Oppio, nel XVI secolo, fu ritrovato il gruppo scultoreo del Laocoonte, oggi custodito ai Musei Vaticani, in cui si vedono dei terribili serpenti che avvolgono nelle loro spire Laocoonte e i suoi figli. Questa era la punizione inflitta loro da Poseidone per aver cercato di opporsi all’ingresso del cavallo nella città di Troia.

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Laocoonte – Musei Vaticani

Ma la parte più sorprendente di questo ambiente è la Sala Ottagona, dove l’imperatore probabilmente conservava ed esponeva le sue opere d’arte agli ospiti durante i banchetti. La volta gigantesca ha un foro centrale, che permetteva alla luce del sole di filtrare e inondare la stanza. La vera particolarità è la sua forma ottagonale, ispirata alle regge orientali: prima di Nerone, infatti, non esisteva nulla di simile nell’architettura romana.

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Sala Ottagona

Nerone sarà anche stato uno degli uomini più odiati e temuti dell’antichità, ma è stato pure un uomo poliedrico, dai mille volti e dai mille interessi vissuto in un periodo di grandi cambiamenti, che ha cambiato per sempre il futuro dell’Occidente.

Foto in copertina: Il rimorso dell’imperatore Nerone dopo l’assassinio di sua madre – John William Waterhouse – Collezione privata

Sheila Gritti

Sheila Gritti