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Omar Galliani: il tempo senza tempo del disegno

Ripercorrendo la genesi linguistica e il tratto distintivo della  ricerca artistica di  Omar Galliani, in una retroversione cronologica  fino  all’origine del  suo cammino, si evince  come essa  affondi le proprie radici  nella classicità rinascimentale del disegno. E per Galliani “il disegno non ha tempo” – come suggerisce il titolo della recente mostra tenutasi al Marca di Catanzaro e curata da Vera Agosti – travalicando di fatto l’appartenenza ad un ben preciso periodo, ad un tempo storico definito, diventando di fatto“ infinitissimo”,  estrema dilatazione temporale che annulla il “qui e ora” diventando per ciò stesso  veicolo d’eternità.

Mantra per Laura, 1999 – Matita su tavola + oro in foglia – Dittico

Spinti da un’urgenza di appropriazione conoscitiva,  davanti alle opere di Galliani,  fatalmente  si viene coinvolti in  un continuo  gioco di seduzione visiva, rapiti  dai taciti richiami che  da queste si irradiano. L’indagine conoscitiva si  sofferma   su di esse nel tentativo di  cogliere  particolari, minuti dettagli  che connotano l’alfabeto creativo  dell’artista.  Le tessiture segniche, la trama di linee  tracciate dalla grafite  sulla tavola (prevalentemente di pioppo), sulla carta o sulla tela,  introducono al suo universo espressivo, alla sua sensibilità pienamente contemporanea che ripete e rimodula, in soluzioni sempre nuove, l’essenza di un viaggio nel tempo, nelle estensione storiche dell’arte, in uno scavo continuo  che coniuga le  lontananze temporali con  le distese mobili e mutevoli del presente, in un riproporsi infinito del disegno: destino della mano, che percorre e segna le superfici, e traccia  dilatata, quasi impalpabile, del proprio tempo interiore. Il percorso analitico va dalla sostanzialità dei concetti, che affiorano dalla sintassi figurale dell’opera, alla prodigiosa capacità disegnativa che svela, attraverso incredibili sovrapposizioni di segni, la partitura più propriamente evocativa, la memoria del tempo, le suggestioni poetiche e immaginative. L’attraversamento visivo del suo lavoro, di forte impatto emozionale, permette di ricostruirne la formazione stilistica, di risalire all’essenza evolutiva stessa del suo linguaggio, sviluppata  in un’ampia trattazione di temi, dalla natura alla bellezza, dalla vita  all’arte, dall’infinito del Cosmo alla finitezza e caducità dell’uomo,  dalla bruciante attualità della pandemia, alla sacralità della  morte.

Dalla bocca e dal collo del foglio, 1977 – Matita su carta + collage

Dalla bocca e dal collo del foglio, disegno del 1977, di derivazione caravaggesca, riconduce agli esordi dell’artista. Nell’esplorazione analitica del grande trittico Tempio del sole, del 1989, la sua  struttura materica, per certi versi informale, cattura e intriga nell’alchimia della visione con le smarginature, le sgocciolature  prodotte dalla polvere di grafite diluita, rimandando a stratificazioni di polvere depositate dal trascorrere del tempo, che lasciano affiorare apparizioni, tracce di vissuto, di storia (la lineare geometria strutturale  di un tempio); scorie sedimentate da cui erompe la tempesta del disegno in formazione, da cui esso nasce al mistero della luce e  l’opera è essa stessa  tempio e simbolo di luce. D’altronde, tutto il lavoro di Omar Galliani  è metafora  di uno straordinario viaggio proiettato verso la luce, dentro la luce, dentro la sua  impalpabile sostanza spirituale che traduce l’eterna aspirazione dell’uomo al trascendente. Nelle  monumentali  opere della serie dei Mantra del 1999, l’artista riproduce, da maestro del disegno qual è, frame filmici identificativi della realtà occidentale che contrappone alla densa spiritualità  di frasi  scritte in sanscrito su foglia oro. Esse propongono un’originale dicotomia tra oriente e occidente  che coniuga, in un prezioso tessuto compositivo,  la luce dell’universo,  la sua dimensione spirituale,  alla vita. Altre e  imponenti  opere irretiscono gli occhi: Roma, Omar, Amor, del 2012, presentata  nell’omonima mostra, in cui l’artista celebra il suo legame con la città eterna, culla del disegno classico; il trittico del 2008, La principessa Lyu Ji nel suo quindicesimo anno di età, quello della sua morte, che ripercorre la breve  storia di Lyu Ji, di cui Galliani  è venuto a conoscenza  durante un suo soggiorno a Xi’an, per una  delle sue numerose mostre in Cina. In quell’occasione rimane affascinato dalla sintassi scultorea che caratterizza  la tomba di questa principessa poetessa; un reperto archeologico su cui sono raffigurati a bassorilievo i suoi oggetti, i fiori, le passioni  della vita quotidiana, in un’emozionante narrazione visiva che Galliani trasfigura in un magico viaggio di bellezza e perfezione creando un intenso ponte dialogico tra  culture,  un fertile luogo di confronto tra  oriente  e   occidente.

Roma Amor, 2012 – Matita su tavola

L’artista, pur relazionandosi con le densità segniche del passato, non sfugge all’incombente presenza del quotidiano, agli  accadimenti del proprio tempo, dalle problematiche ambientali a quelle sociali che egli traduce con la forza epica  del suo disegno, come per De rerum natura, e per  le opere della serie Baci rubati/covid 19, realizzate nel 2020, durante il primo lockdown. Con esse restituisce al nostro sguardo quei  gesti di affetto, di tenerezza che presuppongono il contatto, la vicinanza fisica e che l’isolamento forzato, in un tempo sospeso intriso di doloroso silenzio, ci ha sottratto. Fotogrammi rubati alle distese virtuali del web, brulicanti di immagini; frammenti di  realtà virtuale cui il tratto lieve della sua matita ha dato forma e verità di visione, ricomponendo e compensando nella sostanzialità dell’opera quella negazione che i tempi hanno generato.

De Rerum Natura, 2020, Matita su tavola pastello

Sono emblematiche del suo lavoro recente altre due grandi opere: Chlorophelia e NGC/7419; quest’ultima, del 2020-2021, è uno straordinario disegno su tavola che Omar Galliani ha dedicato al figlio Massimiliano, anche lui artista di grande talento, scomparso prematuramente nell’agosto del 2020. Dopo la morte  del figlio, all’artista appare in un sogno ricorrente il numero 7419. Una ricerca fatta in rete gli rivela che il numero corrisponde ad una costellazione, quella di Cefeo, incredibilmente a forma di matita. Così  l’opera, nella luce accerchiante di stelle,  espande e disperde tra le distese smisurate del cosmo, i misteri  cui  invano l’uomo  chiede risposte.  Essa  è l’ideale  punto per cui fermarsi e da cui ripartire nell’infinito ripetersi del disegno, senza  limiti di tempo, solamente obbedendo al movimento ritmico  della mano e al battito del cuore, in punta di matita. E matita per Galliani  equivale a disegno.  Il disegno è tutto il suo mondo; un mondo che si   dispiega tra miriadi di linee che incidono, segnano il legno, si stratificano, dilatano la misura del tempo, la annullano restituendo all’artista la  possibilità  di sopravvivere alla morte, di rinascere nell’infinito dello spazio e del tempo, forse in una costellazione.

NGC7419, 2020-2021 – Matita su tavola (Fotografia di Carlo Vannini)

di Teodolinda Coltellaro – critico d’arte