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Van Gogh, capolavori dal Museo Kröller-Müller di Otterlo, in mostra a Palazzo Bonaparte di Roma

Alla vigilia dei 170 anni dalla sua nascita, avvenuta il 30 marzo 1853, Palazzo Bonaparte di Roma ospita, fino al 26 marzo, la più grande e più attesa mostra dell’anno dedicata al genio di Van Gogh, costruita attraverso un percorso di 50 opere, tutte provenienti dal prestigioso Museo olandese di Kröller Müller di Otterlo. Un’esposizione che presenta le sue opere più celebri – tra le quali il famosissimo Autoritratto (1887) – e che racconta la storia dell’artista più conosciuto al mondo.

Vincent van Gogh Autoritratto Parigi, aprile – giugno 1887 Olio su cartone, cm 32,8×24, © Kröller-Müller Museum, Otterlo, The Netherlands

Vincent van Gogh fu un artista dalla sensibilità estrema e dalla vita tormentata. Celeberrimi sono i suoi attacchi di follia, i lunghi ricoveri nell’ospedale psichiatrico di Saint Paul in Provenza, l’episodio dell’orecchio mozzato, così come l’epilogo della sua vita, che termina il 29 luglio 1890, a soli trentasette anni, con un suicidio: un colpo di pistola al petto nei campi di Auvers. Nonostante una vita impregnata di tragedia, Van Gogh dipinge una serie sconvolgente di capolavori, accompagnandoli da scritti sublimi (le famose “Lettere” al fratello Theo van Gogh), inventando uno stile unico che lo ha reso il pittore più celebre della storia dell’arte.

Vincent van Gogh, Contadina che raccoglie il frumento, Nuenen, luglio – agosto 1885, Gessetto nero, gouache grigia, acquerello opaco, bianco e tracce di latte fissativo su carta velina,
52,2×43,2 cm, © Kröller-Müller Museum, Otterlo, The Netherlands

La mostra di Roma, attraverso le opere del Museo Kröller-Müller di Otterlo – che custodisce uno dei più grandi patrimoni delle opere di Van Gogh – e tante testimonianze biografiche, ne ricostruisce la vicenda umana e artistica, per celebrarne la grandezza universale. Un percorso espositivo dal filo conduttore cronologico e che fa riferimento ai periodi e ai luoghi dove il pittore visse: da quello olandese, al soggiorno parigino, a quello ad Arles, fino a St. Remy e Auvers-Sur-Oise, dove mise fine alla sua tormentata vita.

Vincent Van Gogh, I mangiatori di patate, Nuenen, aprile 1885, 
Litografia su carta velina, 28,4×34,1 cm, © Kröller-Müller Museum, Otterlo, The Netherlands

Dall’appassionato rapporto con gli scuri paesaggi della giovinezza allo studio sacrale del lavoro della terra scaturiscono figure che agiscono in una severa quotidianità come il seminatore, i raccoglitori di patate, i tessitori, i boscaioli, le donne intente a mansioni domestiche o affaticate a trasportare sacchi di carbone o a scavare il terreno; atteggiamenti di goffa dolcezza, espressività dei volti, la fatica intesa come ineluttabile destino. Tutte queste sono espressione della grandezza e dell’intenso rapporto con la verità del mondo di Van Gogh. Particolare enfasi è data al periodo del soggiorno parigino in cui Van Gogh si dedica a un’accurata ricerca del colore sulla scia impressionista e a una nuova libertà nella scelta dei soggetti, con la conquista di un linguaggio più immediato e cromaticamente vibrante.

Vincent Van Gogh Natura morta con un piatto di cipolle Arles, inizio gennaio 1889 Olio su tela, 49,5×64,4 cm © Kröller-Müller Museum, Otterlo, The Netherlands

È di questo periodo l’Autoritratto a fondo azzurro con tocchi verdi del 1887, presente in mostra, dove l’immagine dell’artista si staglia di tre quarti, lo sguardo penetrante rivolto allo spettatore mostra un’insolita fierezza, non sempre evidente nelle complesse corde dell’arte di Van Gogh. I rapidi colpi di pennello, i tratti di colore steso l’uno accanto all’altro danno notizia della capacità di penetrare attraverso l’immagine un’idea di sé tumultuosa, di una sgomentante complessità.

Il famoso autoritratto di Van Goght, nell’allestimento della mostra di Palazzo Bonaparte a Roma

L’immersione nella luce e nel calore del sud, a partire dal 1887, genera aperture ancora maggiori verso eccessi cromatici e il cromatismo e la forza del tratto si riflettono nella resa della natura. Ecco quindi che torna l’immagine de Il Seminatore realizzato ad Arles nel giugno 1888, con la quale Van Gogh avverte che si può giungere a una tale sfera espressiva solo attraverso un uso metafisico del colore.

Vincent Van Gogh, Il seminatore, Arles, 17 – 28 giugno 1888 ca,
Olio su tela, 64,2×80,3 cm, © Kröller-Müller Museum, Otterlo, The Netherlands

E così Il giardino dell’ospedale a Saint-Rémy (1889) assume l’aspetto di un intricato tumulto, mentre lo scoscendimento di un Burrone (1889) sembra inghiottire ogni speranza e la rappresentazione di un Vecchio disperato (1890) diviene immagine di una disperazione fatale.

Vincent van Gogh, Il burrone (Les Peiroulets), Saint–Rémy, dicembre 1889, Olio su tela, 73,2×93,3 cm
© Kröller-Müller Museum, Otterlo, The Netherlands
Vincent van Gogh, Vecchio disperato (Alle porte dell’eternità)
Saint–Rémy, maggio 1890, Olio su tela, 81,8×65,5 cm, © Kröller-Müller Museum, Otterlo, The Netherlands

La mostra è prodotta da Arthemisia, realizzata in collaborazione con il Kröller-Müller Museum di Otterlo ed è curata da Maria Teresa Benedetti e Francesca Villanti. Il generoso prestito da parte del Kröller-Müller Museum di Otterlo consente di proporre un’importante selezione di opere che documenta l’intero percorso artistico di Van Gogh. A introdurre il visitatore nel viaggio emozionale e intimo tra i capolavori dell’artista, dipinti significativi di altri pittori testimoniano la ricchezza di una collezione costruita con amore da Helene Kröller-Müller che ha dedicato gran parte della sua vita alla realizzazione del Museo. La Kröller-Müller, infatti, tra il 1907 e il 1938 mise insieme una raccolta senza eguali in Europa, che comprendeva dipinti di Picasso, Gris, Mondrian, Signac, Seurat, Redon, Cranach, Gauguin, Renoir, Latour e, naturalmente, Van Gogh. Fu colei che, prima di ogni altro, seppe apprezzare l’opera del pittore olandese, a cui si sentì legata riconoscendo nella sua arte la sua stessa spiritualità personale e non dogmatica.

di Emilio Tripodi