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Gli arcani maggiori dei tarocchi

I Tarocchi, insieme con l’I Ching, costituiscono probabilmente il sistema di divinazione più usato al mondo. L’I Ching usa un sistema binario, a due valori, come quello usato dai computer. I due valori sono rappresentati da una linea continua o da una linea interrotta. Con l’uso di sei linee l’I Ching è in grado di rappresentare sessantaquattro possibili configurazioni di valori. Anche se il mondo antico era forse più semplice dell’attuale, sessantaquattro caselle per rappresentare l’universo sembrano un po’ poche.  A questo supplisce il commentario, volutamente oscuro, di ciascuna configurazione. Un mazzo di Tarocchi consiste di  normali carte da gioco suddivise in quattro semi di quattordici carte ciascuno. Queste carte sono chiamate Arcani Minori. Ad esse si aggiungono ventuno carte numerate da I a XXI, e una carta con il numero 0, il Matto, che può essere posta prima della carta I o dopo la carta XXI. Queste carte, Queste Arcani Maggiori o Trionfi, sono generalmente usate per la divinazione, anche se alcune letture utilizzano l’intero mazzo. Per la lettura, viene fatta una stesa, estraendo dal mazzo un numero di carte che va di solito da un minimo di tre ad un massimo di nove. Anche con il numero minimo di carte, le possibili combinazioni sono circa diecimila. È  quindi evidente che non può esistere un commentario per ogni possibile configurazione e che i Tarocchi devono essere interpretati in maniera molto più libera, considerando non solo il significato di ogni carta, ma anche la sua relazione con le altre carte della stesa.

La storia dei Tarocchi non è del tutto chiara. Esistono varie testimonianze dell’uso dei Tarocchi in Italia nel secolo XV e dunque in tempi relativamente recenti. Sembra però che le carte venissero usate per giocare e non per la divinazione, anche se i Tarocchi del pavimento del Duomo di Siena (sec. XIV-XV) pongono dei dubbi. Dal secolo XVIII in poi, diverse scuole occultiste hanno sostenuto che i Tarocchi fossero in realtà i Libri di Thot dell’antica tradizione egizia di Ermete Trismegisto. Eliphas Lévi, esoterista francese dell’Ottocento, individuò invece la loro origine nella Cabala ebraica. In quest’ottica il mazzo di Tarocchi diventa uno strumento di introspezione e di crescita esoterica, anziché uno strumento di divinazione.

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di Giovanni Maria Sacco – fotografo e computer scientist

Giovanni Maria Sacco

Giovanni Maria Sacco

Sono nato a Roma nel 1954 e fotografo da quando avevo otto anni. Moltissime cose catturano la mia attenzione: rovine moderne (che fotografo dal 1975), fotografia industriale, nature morte (post mortem, in realtà), ritratti, nudi, ma la lista è lunga. Al di là di questi aspetti diversi, il mio tema principale è la morte o, detto meno brutalmente, l’impermanenza delle umane cose. Trovo bellezza e dignità nel declino silenzioso. Allo stesso tempo, sono profondamente interessato alla metafisica. In questo ciclo di vita e morte, apparentemente senza ragione, esiste qualcosa che è immutabile? E, da un’altra prospettiva, esiste qualcosa che possa esorcizzare l’orrore dell’esistenza e della morte? Per la maggior parte dellamia vita sono stato un computer scientist, per trent’anni professore di Informatica all’Università di Torino e, non sorprendentemente, cerco l’eleganza matematica anche nelle mie fotografie: tutto e solo cio’ che serve, niente di più, niente di meno. La composizione è profondamente influenzata dal mio interesse per la pittura, da Duccio ai contemporanei. I miei lavori hanno ottenuto più di novanta premi nei principali concorsi internazionali, tra cui International Photo Awards, Prix de la Photographie Paris, Moscow Foto Awards, Tokyo Foto Awards, Monochrome Awards, ecc. e sono stati esposti a Torino, Milano, Roma, Trieste, Venezia, Arles, Glasgow, New York, Miami, Tokyo, Dali and Zurich. Uso fotocamere digitali e, sempre più frequentemente, pellicola in bianco e nero in formati che vanno dal 6x6 al 20x25cm.View Author posts