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Editoriale 2/MMXXI

Cosa ci fa l’Armata perduta di Cambise II in copertina? È un evento che riguarda una storia assai lontana nel tempo, risalente al VI secolo a.C., eppure vicina a noi per i significati di mistero e di dubbio che possiamo attribuirle; significati che accompagnano la nostra esistenza, a qualsiasi latitudine, in tutte le generazioni. È una buona metafora per rappresentare il senso di smarrimento che l’uomo ha di fronte a cose inspiegabili. Di più: oltre ogni arrendevole rassegnazione, il mistero dell’Armata perduta è il simbolo di uno spirito genuinamente critico che si pone domande, che cerca risposte, che ricerca con pervicacia le ragioni del suo cammino.  Infatti, al di là dell’episodio storico tramandatoci da Erodoto che ci parla di 50.000 soldati persiani inghiottiti dalla sabbia del deserto sotto la violenta spinta del khamsin, il temibile vento egiziano, ciò che questo e altri misteri dell’antichità ci consegnano è l’avventura di spostarci e di spostare sempre un po’ più oltre l’orizzonte di ciò che sappiamo o che crediamo di sapere. La sfida più appassionante che dovremmo proporci è quella di alimentare sempre il senso di curiosità e di meraviglia. Quanto tutto ciò sia fondamentale per dare un senso non già o non solo ai misteri di luoghi,  popoli e antichità,  ma alla nostra intera esistenza, ce lo ricorda Albert Einstein:  “Non smettere mai di domandare. La curiosità ha il suo motivo di esistere. Non si può fare altro che restare stupiti quando si contemplano i misteri dell’eternità, della vita, della struttura meravigliosa della realtà”.

Fabio Lagonia