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Il design del mobile esaltato dal Premio Lissone al MAC Museo d’Arte Contemporanea

L’ottava edizione del Premio Lissone Design è visitabile fino al 25 settembre 2022 al MAC Museo d’Arte Contemporanea dell’omonima cittadina brianzola che conserva un ruolo culturale, economico e commerciale nevralgico in Italia per il settore arredamento.

Fin dagli anni Sessanta e Settanta la provincia briantea si configura come il primo centro italiano del mobile e ha visto operare imprese del territorio che, nel corso dei decenni, hanno realizzato prototipi di importanti architetti e designer: un’eredità manifatturiera che è anche un’identità territoriale, da sempre incentrata sul saper fare.

Curato da Francesca Guerisoli, direttrice artistica del Museo, e Anty Pansera, storica e critica del design che si è occupata della selezione dei progettisti coinvolti,  l’Ottavo Premio Lissone Design mette in scena dieci tra studi di progettazione e designer che, nel loro insieme, ben rappresentano il florido contesto di laboratori e industrie che operano in Brianza.

Per l’evento sono stati selezionati dieci studi di designer con una duplice partecipazione: «la prima – come illustra Francesca Guerisoli – ritenuta significativa del proprio percorso progettuale, la seconda riferita a un “mobile che non c’è” prototipato per l’occasione – o descritto attraverso disegni, rendering, fotografie o video – che, in un’ottica di ricerca, risponda alla particolare attualità che stiamo vivendo e alle profonde trasformazioni degli habitat domestici degli ultimi anni. I progettisti – differenti per generazione, formazione, modalità metodologiche e realizzative – operano singolarmente o a quattro mani».

Giuria del premio: Michele Cuomo, architetto e designer, già premiato alla I edizione dell’ADI Compasso d’Oro International Award dedicato al tema “Design for Food and Nutrition” per il suo progetto di Food design Canna di Fucile; Raimonda Riccini, professore ordinario all’Università Iuav di Venezia, vicepresidente dal 2020 del direttivo SID, fondatrice e past president dell’Associazione italiana degli storici del design e direttrice della rivista “AIS/Design. Storia e ricerche”; Marco Sammicheli, curatore per il settore design, moda e artigianato della Triennale Milano e direttore del Museo del Design Italiano.

Inaugurata il 30 aprile 2022, la mostra si caratterizza per un meraviglioso percorso espositivo lungo i piani del Mac, con un allestimento sofisticato e simbolico curato dall’architetto Sandra Faggiano.

Francesca Guerisoli ci ha illustrato le proposte dei dieci studi selezionati, un bellissimo viaggio tra la creatività e il saper fare tutto italiano che il mondo ammira. Lo Studio Bartoli Design, oggi dei fratelli Paolo e Anna, come pezzo storico ha selezionato la poltroncina 1085 edition (Kristalia, 2015/2016), che ha rappresentato, oltre che una sfida coinvolgente per tutto lo studio, anche un ottimo esempio di collaborazione tra industria ed eccellenze artigiane a cavallo tra Brianza e Friuli. Il prototipo Wunder dalla iconica forma cilindrica, si ispira alla palina di ormeggio delle gondole, decorata al suo interno da una grafica surreale firmata Jacopo Prina.

Il giovane progettista Matteo Di Ciommo progetta e costruisce in legno poetici oggetti d’uso. La sua proposta “storica” è Specchio all’ora della luna, che presenta la superficie riflettente tagliata al laser, la decolorazione delle nuvole in larice massello e la cornice in ciliegio. Come prototipo presenta Falsa credenza, un mobile, un tempo protagonista della sala da pranzo, ora profondamente innovato nelle forme e nel contenuto. Particolare la partecipazione di Patrizia di Costanzo, design manager e ricercatrice, e Paolo Pallucco, imprenditore, che documentano la riedizione del 1980 di sedie, sgabello e tavolo (non più in produzione, ma ricercati dai collezionisti), di Jacobus Johannes Pieter Oud progettati nel 1927 per le cinque case a schiera per l’Esposizione di Architettura al Weissenhof di Stoccarda, un omaggio a Giuseppe Terragni e Antonio Carminati e al loro edificio in Piazza della Libertà a Lissone.

Un articolato repertorio di materiali ci accompagna in un affascinante processo creativo. Il loro “mobile che non c’è”, Annalou e la fata verde, propone invece un diverso e autonomo uso ad uno “storico” oggetto di servizio, una toilette e un beauty case di “nuova generazione” che attinge al repertorio della memoria. Massimo Farinatti, profondamente attento a nuovi modi di vivere l’ambiente domestico che declina in realtà produttive innovative, propone come oggetto iconico il tavolino Bice (Albatros, 2011), in lamiera piegata e verniciata che può trovare spazio non solo nell’ambiente bagno. Come prototipo ecco Giano, lo sgabello che non c’è che ripropone quel valore della condivisione e cita i due anelli-cerchi intrecciati segno iconico della tomba Brion, capolavoro di Carlo Scarpa. gumdesign, studio composto dalla designer Laura Fiaschi e dell’architetto Gabriele Pardi, per testimoniare il loro percorso progettuale hanno selezionato Mastro (De Castelli, 2012, selezionato all’ADI Design Index dello stesso anno) – eccezionalmente “fuori concorso”, a motivare le loro modalità progettuali -, un particolare tavolo da lavoro che richiama il tradizionale, ma dallo stoccaggio compatto. In concorso, gli si affiancano i Calici Caratteriali (Colle Vilca, 2011), sperimentale collezione di bicchieri, reinterpretazione concettuale di una forma che non perde il suo valore/ruolo funzionale.

Per il “mobile che non c’è”, Frammenti: coniugando alto artigianato e tecnologia, presentano armadi in metallo con diversi usi, di fatto contenitori di storie ed emozioni. Giorgio Gurioli, votato da sempre alla ricerca e all’innovazione, come suo oggetto rappresentativo ha selezionato Hara (Kundalini Italia, 2002), seduta dalle forti valenze plastiche, che si propone nello spazio con una forma senza soluzione di continuità. Nel 2002 la seduta è stata valutata da numerose riviste come il miglior oggetto di “design extrasensoriale”. Il prototipo Bufflat, per “il mobile che non c’è”, è un tavolo da buffet bidimensionale e ultrapiatto, con accessori dedicati in grès. Ilaria Marelli, che si occupa di allestimenti e interior design legati al mondo della moda e del design, ha selezionato come prodotto rappresentativo della sua storia Ara (Nemo, 2003), famiglia di lampade da terra e da parete in alluminio estruso e dalla tecnologia innovativa “Dim to Warm”, grazie alla cui diminuzione dell’intensità luminosa corrisponde un aumento della temperatura colore.

Per “Il mobile che non c’è”, Marelli propone Tavolo consolle vaso, che parte da una reale esigenza del periodo pandemico: avere un tavolo extra in casa per riuscire a gestire home working e didattica a distanza di tutta la famiglia. Il tavolo è pensato anche come outdoor, perfetto per i balconi grazie alle sue dimensioni strette e lunghe. Elena Salmistraro, nome di spicco della nuova generazione del design italiano votato alla libertà creativa e di espressione, propone la libreria Roue/ruota (Emmemobili, 2019) in cui, celebrando il know-how dell’azienda, allude alla sua posizione leader nel processo produttivo del legno curvato. Il suo “mobile che non c’è”, Eppi, è un pouf extralarge, divano/isola, dal futurista poggiatesta/tromba.

Marta Sansoni ha selezionato come suo oggetto rappresentativo Campanellino, che fa parte della collezione autoprodotta “…bianco solo” (Hybrids, 2011). Il piccolo mobile è un contenitore in mdf laccato matt con pomelli lucidi, dotato di cassetti, nicchia e piano di appoggio. Lo affianca Revealing the unexpected, il prototipo di un mobile contenitore fuori dagli schemi, con una composizione libera che ospita al suo interno un alberello, richiamo al grido d’aiuto della natura. Infine, Carlo Trevisani, da sempre interessato ad approfondire il senso dell’interazione tra persone e oggetti e la relazione affettiva ed emozionale che si stabilisce tra loro, come prodotto storico presenta la poltroncina Kate (Atipico, 2015), da relax ma anche da lettura, da interno e da esterno: un ibrido di tipologie, forme e materiali che riassume perfettamente la sua filosofia progettuale. Per il “mobile che non c’è”, propone Colombano, a prendere nome dall’eremo trentino, fusione di vari elementi domestici, un paravento che nasconde un piano di lavoro e una seduta.

di Caterina Misuraca