In base a una stima delle Nazioni Unite le città continueranno a crescere e nel 2050 arriveranno, complessivamente, a contenere il 66% della popolazione mondiale. Il fenomeno dell’inurbamento è correlato con i cambiamenti economici e tecnologici e incide sulla socializzazione e sugli stili di vita. Osservando le immagini della Terra scattate di notte da un satellite, potremmo scoprire dove si concentra il maggior numero di abitanti semplicemente individuando le aree più illuminate: da una parte le città, con le loro luci, dall’altra il paesaggio naturale con le sue oscurità.
Le città sono espressione della nostra capacità di progetto e di uso del territorio e ciò che le rende più vivibili è sempre più dipendente dall’energia elettrica. Da sempre è la luce ciò che ci permette di vedere, ma in questo millennio ha modificato anche la percezione visiva dello spazio e ci ha dato anche un luogo nuovo per vivere e per fare esperienza. Camminare in città è come muoversi su un palcoscenico di luce, in cui si perde la costanza della forma e la sua permanenza temporale. Chiunque appartiene all’insieme e nell’insieme si perde come l’individuo. Le prospettive vengono falsate mettendo in primo piano ciò che è illuminato. Tutto si muove e muta: le persone e le cose. Le città sono un flusso di gente che cammina e corre, di luci che cambiano, di confini che si dilatano, di “sconfinamenti”.
Gli spazi delle città del nostro tempo non vengono solo “camminati”, ma anche “navigati” grazie all’energia elettrica. Il web, la realtà aumentata, ha permesso alle città di essere esplorate anche dall’interno. On line possiamo scoprire luoghi e conoscere anche ciò che sta dentro i palazzi facendoci perdere quella distinzione tra dentro e fuori, ma anche tra materiale e immateriale perché, con i moderni mezzi tecnologici, è la vista a fare da padrona: l’immagine. L’uso della luce nello spazio urbano contemporaneo ha cambiato anche il nostro modo di gestire il tempo. Se, in passato, portare la luce in città, con i lampioni a fuoco, era indispensabile per illuminare le strade e garantire sicurezza di percorribilità, oggi con l’uso dell’energia elettrica si è fatto molto di più. La luce può non spegnersi mai. La città è il luogo dell’eterno presente illuminato dove è l’uomo che decide se e quando spegnere la luce. Ci sono città che non dormono mai, dove si trova sempre qualcosa di aperto. Dominare la luce rappresenta per l’Uomo una forma di potere e persino di gestione del tempo che non è più dipendente dalla Natura e dai suoi cicli.
Alla luce abbiamo imparato ad affidare la nostra comunicazione e il modo di far vedere, conoscere e raccontare la città e le sue attività. Grazie alla scoperta del led, che riduce i consumi di energia elettrica, anche i cartelloni pubblicitari, per esempio, sono stati sostituiti da grandi monitor e, sempre con la luce, si illuminano facciate di edifici, monumenti, punti strategici. I passanti davanti alle vetrine vengono percepiti come parte dei filmati pubblicitari. Si vive attorniati dalla luce.
Se un tempo in città si trovavano punti per bere e lavare, con vasche d’acqua e fontanelle, oggi si pensa a come distribuire rifornitori di energia elettrica per automobili e cellulari da cui siamo inseparabili, divenuti – di fatto – estensione della nostra memoria. Senza quest’ultimi, perderemmo anche le nostre coordinate geografiche non più affidate a indicazioni stradali, piazze o alti campanili dotati di orologi, ma allo strategico uso di Google Maps e alle numerose app che ci consigliano, passo dopo passo, cosa c’è da vedere o dove possiamo trovare ciò che ci serve.
Le luci, con i loro colori, creano anche atmosfere e diventano l’espressione della tristezza e della felicità della città come se fosse un organismo capace di provare e dare emozioni. Basti pensare, per esempio alle luminarie per le feste, quasi obbligatorie per rendere contagioso il clima tra gli abitanti. Oppure alle luci fredde di certi luoghi o alle luci diradate e traballanti di zone periferiche che immediatamente ci evocano aree di confine, di degrado, di precariato e povertà. O pensiamo anche allo spegnimento collettivo delle luci di casa come forma di dissenso e protesta.
Se un tempo pensando alle città si immaginavano architetture, luoghi e attività, oggi non è più possibile pensarle senza l’energia della luce che le alimenta, le caratterizza, le muove e ne segna i flussi, le racconta anche attraverso le immagini di cui siamo ghiotti consumatori nel web.
Questa visione della città della luce la trovo in particolare nelle fotografie di Francesco Tadini (www.francescotadini.org), fotografo milanese che usa una tecnica particolare: si muove durante lo scatto e somma il movimento individuale al movimento della città. Potremmo dire che guarda con l’occhio dell’abitante della metropoli immerso nella sua dinamicità con uno sguardo che si muove costantemente, trascinando inconsapevolmente, una cosa nell’altra. Ognuna di queste foto potrebbe essere una qualunque città del mondo perché ciò che le accomuna ormai non è più solo la forma, ma la dinamica e l’emozione impalpabile che si trasmette attraverso la luce.
di Melina Scalise – giornalista, psicologa
fotografie di Francesco Tadini