Ca’ Pesaro rende omaggio alla grande mostra su Vittore Carpaccio, allestita a Palazzo Ducale di Venezia, presentando l’ultimo ciclo di lavori del pittore Marco Petrus, raccolti sotto il titolo di Capricci. La serie prende spunto dalle linee, rigorosissime e misurate, delle tipiche braghe veneziane indossate da certe figure che animano le scene di alcuni teleri di Vittore Carpaccio e di Giovanni Mansueti, esposti nelle sale delle Gallerie dell’Accademia di Venezia.
La mostra, curata da Michele Bonuomo, è visitabile a Cà Pesaro dall’11 febbraio al 10 aprile, ed è promossa dalla Fondazione MuVe in collaborazione con M77 Gallery. Con questa mostra la Galleria Internazionale d’Arte Moderna rinnova la sua vocazione di suggerire sempre nuove letture del passato con la lente del tempo presente. Di lente si può davvero parlare nel caso del nuovo ciclo di dipinti di Marco Petrus, che il pittore milanese fa derivare, più o meno direttamente, dalla visione e dallo studio attento delle opere di Carpaccio e di Giovanni Mansueti. In particolare, la serie trae suggestione dalle linee e dai pattern delle tradizionali braghe veneziane che vestono le figure nei grandi teleri esposti alle Gallerie dell’Accademia. Il primitivismo dei Maestri antichi diventa, nella serie Capricci, una traduzione mentale che astrae un particolare del dipinto o del ciclo pittorico e lo esplode sulla tela. Il processo parte da una minuziosa analisi dei dettagli decorativi e si sviluppa nella ripetizione e riproduzione delle trame cromatiche, esplicitandosi infine nella riflessione e inflessione dei ritmi che ne escono. Si realizza così una grande installazione che assume le dimensioni ed il significato di un nuovo ciclo pittorico”, afferma la Responsabile di Cà Pesaro, Elisabetta Barisoni.
“Dopo il progetto “Matrici” – 2015 – pensato per la città di Napoli, ideato a partire dalle geometrie delle architetture delle Vele di Scampìa, questo inedito repertorio di opere aniconiche dell’artista milanese è giocato tutto su un passaggio, mentale e concettuale – prima ancora che strettamente pittorico – che dal particolare tende all’universale”, scrive il curatore Michele Bonuomo. Che aggiunge: “E così, passando dal micro al macro e incrociando rimandi e riflessi come in un gioco di specchi, Petrus focalizza la sua attenzione su dettagli apparentemente marginali, quelli appunto suggeriti dai costumi veneziani presenti nella grande iconografia rinascimentale, per far progredire il suo costante e coerente processo di ricerca, centrato sulla forma e sul rigore della composizione e del colore che travalica pretesti e suggestioni iniziali, mettendo a punto una perfetta e atemporale geometria pittorica, e un meticoloso dispositivo compositivo e cromatico. Il nuovo ciclo di lavori di Petrus si pone anche come riflessione sulla fluidità, circolarità e ripetitività delle forme pittoriche: se infatti il punto di partenza dei Capricci è la suggestione dei quadri del Cinquecento veneziano, non avrebbe potuto essere concepito senza tenere ben presente la ricerca sulla forma sperimentata da tanta astrazione geometrica, e da altrettanta arte ambientale e spazialista.
I Capricci vanno intesi, dunque, come una sorta di gioco mentale e di esercizio pittorico. Ma anche come dichiarazione d’amore per la pittura e per le sue molteplici forme e possibilità: il ciclo in mostra si compone di ventisei tele di medio e grande formato, affiancate o sovrapposte, in un dinamico susseguirsi di rimandi, scambi, allusioni e citazioni che lo spettatore, come per un complicato rebus, è invitato a osservare e risolvere con la mente prima ancora che con gli occhi”.
“Il richiamo alla lezione dell’arte antica rinnova la volontà di Fondazione Musei Civici di far dialogare le attività e le collezioni delle proprie sedi museali, in un incontro e dialogo con la storia che possa attivare sempre nuovi interrogativi e nuovi stimoli culturali”, chiosa Mariacristina Gribaudi, Presidente della Fondazione Musei Civici di Venezia.