Vai al contenuto

Rosso d’abisso: il fascino del corallo

La desolazione che era nella sera l’ha soffiata via il vento caldo d‘Africa. Oggi a San Vito Lo Capo, si respira Scirocco. Ninni Ravazza, il corallaro di San Vito, una sera mi invita a cena. Tra bicchieri dondolanti e sapori di busiate con lampuga e finocchietto selvatico, mi dice: “Domani ti porto sul corallo. Dobbiamo solo verificare che il vento non soffi da Libeccio.” Quella notte, accomodato a dormire sul ponte di coperta della barca di Stefano Carletti, ho sperato davvero che Eolo l’indomani non spirasse dal terzo quadrante. Quando mi sveglio noto con piacere che il vento è scaduto.

Andrea Murdock Alpini – Il crepuscolo a San Vito Lo Capo, 2021

Il Corallo è un bene preziosissimo per il corallaro, così Ninni Ravazza nel mostrarmi il suo punto, mi fa dono del suo sapere, gelosamente custodito per anni e tenuto lontano da occhi lesti che rubavano il mestiere. Proteggere questo luogo che gli ha dato da vivere è stato in un certo senso, una missione, sia per lui e sia per i suoi compagni di barca con cui lavorava nei fondali sanvitesi. Per tanti anni ho sentito parlare dell’Oro Rosso, e sebbene il corallo lo avessi già visto diverse volte in Mediterraneo, questa volta l’immersione ha un sapore differente. Immergersi in un punto in cui è presente il corallo è una bellissima esperienza, ma immergersi in un punto in cui si pescava Corallo è ben altra cosa. Se la prima immersione è aperta a tutti, la seconda è preclusa a tutti, bisogna essere invitati. Il corallaro è un uomo dalle tante vesti, può avere mano di piuma o di ferro, può avere cultura del mare oppure può essere un distruttore indiscriminato. Il corallaro in fondo è colui che sa scegliere cosa prendere dal mare. Spesso il pescatore di corallo è visto come colui che distrugge il fondale marino unicamente per arricchirsi, posso dire che non sempre è così. Di fronte a me ho uomini che amano il mare.

Ninni Ravazza – Corallo appena pescato a San Vito Lo Capo

Ogni corallaro che si rispetti ha cura del suo maleppeggio, il martello-piccozza a doppia lama che scalpella la roccia marina. Il manico in legno assume diverse dimensioni in base alla corporatura dell’uomo che lo utilizza, ma anche in base alla sua manualità. Il gesto doveva essere plastico, netto e pronto a raccogliere i preziosi rami nel coppo di rete in cui l’oro rosso cade. Ieri sera, durante la cena, Ninni mi ha mostrato il suo attrezzo da lavoro, ormai riarso dal sole da lunghissimo tempo. Non assaggia la sapidità del Mediterraneo da decenni. Mentre navighiamo i due corallari parlano, come veri italiani, con le mani più che con le labbra. Mimano i gesti, muovono le braccia come fossero ancora dei ragazzi, sono felici. Siamo quasi arrivati al punto, Stefano porta la velocità della barca a dieci nodi fintanto che Ninni prende le vecchie mire a terra: “Sono anni che non torno più qui”. Li lascio parlare, intervengo poco, mi gusto lo scambio aromatico tra due generazioni a confronto. Quando Stefano Carletti aveva finito di pescare Corallo, le nuove leve come Ninni Ravazza iniziavano a cercare i preziosi rami rossi.

Rami di corallo rosso pulito e lavorato

Diminuiamo ulteriormente la velocità di navigazione, la dimezziamo. Ora lo scafo della nostra imbarcazione scivola lenta sull’acqua. Mi metto all’ecoscandaglio e guardo il punto in cui la batimetrica fa un salto netto: da -65m a -33m. Questa è la ‘pettata’ che stiamo cercando, qui a varie quote una volta si pescava oro rosso. Oggi scenderò per filmarlo.  La ‘pettata’ è un palmo di metri di fronte a me. Anche l’acqua cambia colore e diventa più scura. La corrente è molto intensa. Scendo lungo la cigliata per una ventina di metri, assestandomi a quota 60-m. Lascio che gli occhi si abituino alla luce naturale, il sole è alto, l’acqua è un po’ opalina ma tutto sommato si vede bene. Voglio godermi i colori del mare come li vedono i pesci, e sebbene questo pensiero sia un’astrazione è bello vivere successivamente il contrasto, quando i potenti fari squarciano il buio e rendono la parete policroma. Corallo ne trovo, ma sto aspettando quello giusto da filmare, cerco un’emozione rossa con una spolverata di polipi bianchi. Torno verso l’inizio della parete, al punto in cui ho iniziato, risalgo di qualche metro. La cigliata scende verso il fango ancora una decina di metri ma preferisco spostarmi dai -60m in cui mi trovo a -53m. Noto che lì la roccia si interrompe in piccoli balconcini aggettanti.

Manifattura trapanese, Saliera, Fine XVII-XVIII sec. – Rame dorato, corallo, argento. Courtesy Regione Siciliana, Museo Regionale “Agostino Pepoli”, Trapani

D’improvviso una macchia rossa si allunga in prospettiva. Sono fortunato. L’idea di guardare dal basso all’alto è stata premiata. Finalmente ho trovato quel che andavo cercando. Il corallo è cresciuto protetto: è stupendo! Rami robusti e rossi si protendono come alberi dalla roccia ricca di madrepore e spugne. La pesca dell’oro rosso ha accompagnato l’uomo sin dall’antichità, da millenni i popoli del Mediterraneo impreziosiscono le raffinate cesellature auree con il rosso che il mare produce. Madonne sugli altari e donne sugli scranni sono state abbellite dalle regali tonalità vermiglio, scarlatto, purpureo e amaranto del corallo. Avventurosi uomini, da sempre sfidano le profondità e le conoscenze fisiologiche del corpo umano per spingersi un metro più in là, alla ricerca del ramo più bello.

Ramo di corallo rosso grezzo

La conoscenza del proprio essere avviene per mezzo di un autorespiratore ad aria. “In profondità sentivo il cuore nelle orecchie” questa è la tecnica che usava Stefano Carletti sul fondo, mentre “in superficie passavo lungo tempo a concentrarmi pensando all’immersione che avrei fatto”. Andare sott’acqua è un lavoro per il corallaro. Egli rischia la propria vita e ogni tanto quando vede il corallo in fiore, di bianco vestito, pensa alle ‘morti bianche’ dei compagni che improvvisamente si spegnevano sul fondo, durante l’immersione e “non sapevamo perché”. Ora dinanzi a me ho una ciuffata di corallo davvero suggestiva. Inizio a filmarla, provo a illuminarla in vario modo, voglio impregnarmi di rosso. Guardo il corallo e per la prima volta capisco il valore che questo animale marino ha per il corallaro. Quando trovi i rami rossi, ti assale l’adrenalina, più ne vedi e più ne vorresti cercare. Il corallo è la vera ebbrezza da profondità che ti ammalia come Circe e ti trasforma da uomo a raccoglitore. Quando la febbre rossa ti pervade non puoi più tornare indietro. L’Oro Rosso dà assuefazione, ti inebria.

Ninni Ravazza – Un pesante coppo pieno di corallo dopo una pescata memorabile

L’immersione al Corallo di San Vito mi ha fatto percepire la vecchia subacquea, il cui strascico ho vissuto da bambino, dove l’avventura di cercare per mare valeva quanto l’immersione stessa. Quanto a noi tre, il mare ci ha amalgamato e il corallo ci ha unito indissolubilmente.

Ninni Ravazza – Pronto all’immersione per la pesca del corallo con le attrezzature di una volta
Ninni Ravazza – Corallo appena pescato al termine di un’immersione fruttuosa
Varietà di coralli, incisione tratta da Athanasius Kirker, 1678
Pesca di coralli a Trapani, Antonino Bova, incisione, da A. Leanti, Lo stato presente della Sicilia, 1761

Testo e fotografie subacquee del Corallo e di San Vito in superficie: Andrea Murdock Alpini – Phy Diving Equipment

Fotografie storiche del Corallo: Ninni Ravazza