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La questione storica della Santa Casa di Loreto: un viaggio tra mistero e storia

Stando alla tradizione cristiano-cattolica la Santa Casa di Loreto sarebbe stata trasportata dagli angeli da Nazareth a Loreto nel 1291. Ma le ricerche archeologico-documentarie hanno ampiamente dimostrato come tale struttura sia giunta a Loreto tra il 1291 e il 1294 per volere umano. La documentazione dell’Archivio Vaticano studiata dagli storici Lapponi, Thèdenat e Santarelli, dimostra come dietro a tale traslazione ci sia il volere della famiglia nobile bizantina De Angelis, dal cui nome sarebbe poi derivata la leggenda del trasporto angelico. Tale famiglia, molto ricca e potente, era imparentata con gli imperatori di Costantinopoli che regnarono dal 1185 al 1204, quando vennero spodestati e furono costretti a ripararsi nel regno dell’Epiro.

Inoltre sotto la Santa Casa è stata rinvenuta, durante gli scavi archeologici condotti tra il 1962-65, una moneta con raffigurato Guido II La Roche, figlio di Elena De Angelis. Tale scoperta suffraga ancora di più il coinvolgimento della famiglia nel trasporto. Guido II de la Roche nacque nel 1280. Fu Duca di Atene dal 1287 alla propria morte, ultimo duca della propria famiglia. Succedette nella carica alla morte del padre, il duca Guglielmo I de la Roche, in un periodo in cui il Ducato di Atene aveva superato il Principato di Acaia in ricchezza, potenza e importanza. Data la sua minore età, inizialmente fu posto sotto la reggenza di sua madre, Elena De Angelis Comnena, la quale fu obbligata a sottomettersi a Isabella di Villehardouin, Principessa di Acaia, nel dicembre 1289. Quando Elena sposò Ugo di Brienne, nel 1291, questi divenne balivo del ducato. Nel 1296 Guido raggiunse la maggiore età. Nel 1299 si fidanzò con Matilde di Hainault, figlia di Isabella e Florent, ma re Carlo II d’Angiò obiettò che non gli fosse stato chiesto il permesso, così papa Bonifacio VIII intervenne nella disputa al fianco della giovane coppia. Nel 1307 fu nominato balivo di Acaia dal suo nuovo signore, Filippo I di Taranto: governò bene, ma per appena un anno, forse morì il 5 ottobre 1308. Non lasciò eredi, e la linea dei duchi De la Roche si estinse: il Ducato di Atene fu disputato tra diversi rivali fino a quando il parlamento ducale non elesse Gualtiero V di Brienne. Stando a ciò che aveva rinvenuto Lapponi agli inizi del Novecento, questa famiglia De Angelis era molto vicina alla corte imperiale e possedeva terre in Palestina. Quando le loro terre furono prese dai Turchi essi vollero far portar via tutto ciò che di prezioso lì vi era, tra cui la Santa Casa.

Sempre dalla documentazione si evince come essi possedessero ulteriori terre proprio a Loreto, ove fecero trasportare e ricostruire la Casa. Un documento scoperto alla fine degli anni Novanta del Novecento andrebbe ad avvalorare ulteriormente tale tesi. Nel settembre del 1294, Filippo II d’Angiò, principe di Taranto e quartogenito del re di Napoli, Carlo II, prese in moglie Ithamar, figlia del despota dell’Epiro, Niceforo I Angelo-Comneno. Filippo II d’Angiò ricevette in dote dalla moglie, oltre ad alcune terre nel despotato d’Epiro, anche oggetti preziosi. Nell’elenco del documento in questione, Foglio n. 181 del Chartularium culisanese dell’Archivio ecclesiastico di S. Caterina a Formiello di Napoli, al secondo e terzo paragrafo sono indicate le pietre della Santa Casa e un’icona della Vergine con il Bambino. Il documento originale è andato perduto per eventi bellici nel 1943, quello che oggi possiamo visionare è una trascrizione del 1859 realizzata dal vescovo Benedetto D’Acquisto. Il documento è considerato dagli studiosi il codice diplomatico dell’Ordine equestre e militare Costantiniano Angelico Originario di Santa Sofia, istituito il 22 giugno 1290 da Niceforo I Angelo nell’Epiro, precisamente a Giannina. Il Chartularium è detto anche culisanense poiché fu redatto e conservato nel Palazzo di Collesano a Palermo, ove nel 1575 prese dimora Stefano II Angelo, gran maestro dell’Ordine Costantiniano Angelico.

In questo Palazzo, i principi Angelo-Comneno tennero corte sino al 1860, con il titolo di principi De Angelis dell’Epiro. Nel 1910 il documento fu esposto dalla Biblioteca Nazionale di Palermo. Come già detto il documento andò perduto nel 1943, ma esistono varie copie, tra le quali quella del già citato D’Acquisto, tra le più attinenti all’originale. Naturalmente nella trascrizione fatta da D’Acquisto vi è stato un ammodernamento grafico che ha visto lo scioglimento delle abbreviature. Il documento non porta data, ma l’incipit ci suggerisce essere del settembre del 1294: «Accipit Dominus Philippu a Domino Nicephoro has res dotis nomine pro Margharitha sponsa» (Archivio ecclesiastico di S. Caterina a Formiello di Napoli, Chartularium culisanese, f. 181). Ci dice che Filippo di Taranto riceve in dono da Niceforo queste cose. L’uso del presente indicativo ci spinge a pensare che sia stato redatto proprio nella data del matrimonio.

Dunque, tale documento andrebbe ad avvalorare le tante ipotesi formulate dagli storici sulla provenienza bizantina della Casa lauretana; essa giunse infatti nelle Marche non per opera dei Templari, ma per volere di una famiglia, quella degli Angelo-Comneno, più nota in seguito come famiglia De Angelis.

di Riccardo Renzi – Istruttore direttivo presso Biblioteca civica “Romolo Spezioli” di Fermo

Immagini: per gentile concessione della Biblioteca civica “Romolo Spezioli” –  Fondo Stampe e Disegni, stampe n. 11, 12, 13, 4118, 4132, 4770, 4772