Vai al contenuto

A pensarci bene tutta la fotografia è analogica, nacque per produrre un analogo del reale. Presto si comprese che, essendo un pessimo analogo, a livello concettuale era meglio parlare di rappresentazione. Tuttavia con l’inizio di una diffusione reale della fotografia digitale, intorno al 2000, con fotocamere e altri strumenti dal prezzo abbordabile e buona qualità, si venne a creare una frattura tra la fotografia precedente e quella che si stava rapidamente evolvendo. Curiosamente la fotografia analogica in un certo senso è stata definita così per contrapposizione a quella digitale, precedentemente si parlava tout court di fotografia.  Ciò valse anche per i termini dei materiali di consumo. Prima di questa frattura nessuno entrava in un negozio di fotografia a chiedere della carta fotografica ai sali d’argento: chiedeva semplicemente della carta. Oggi è opportuno precisare che si desidera carta ai sali d’argento. Infatti si chiama abitualmente carta fotografica quella che ha una superficie simile a quella realmente fotografica ma non contiene sali d’argento. È adatta solo per stampe ink-jet, a spruzzi infinitesimali di inchiostro, precisissime ma regolari, non irregolari come i granuli di argento.

Rigosauro bicefalo – Pesce piatto cartilaginoso formato da due teste contrapposte e ricoperto da una pelle rugosissima, vero e proprio labirinto entro cui si perdono microrganismi spazzini. Il rigosauro vive sul fondo fangoso degli stagni, a lungo immobile per la costante tensione contrapposta delle due teste, infine si muove fulmineo quando una delle due si addormenta

Nel giro di pochi anni nei negozi di fotografia gli scaffali destinati a materiali di consumo rimasero vuoti. L’abbandono della precedente fotografia fu rapidissimo, comportò la chiusura di molte storiche ditte produttrici di pellicole, di carte, di sviluppi, per non dire di materiali più raffinati come i viraggi, stabilizzatori e altro.

Clavis anglica – Serpe corta e robusta, dalla mascella possente, rigida nei movimenti contrariamente alle sue simili, che scivolano sinuose. Dall’isola da cui proviene ha cominciato a diffondersi in tutto il mondo a partire dal XIX secolo

Tuttavia nel giro di pochi altri anni avvenne qualcosa di apparentemente paradossale. Più progrediva la tecnologia, più aumentavano i megapixel del sensore, più veniva diffusamente avvertito che tale precisione iperrealistica produceva risultati freddi, omologati. Standard a livello elevatissimo, ma comunque standard. Stampando file digitali con una ink-jet, si possono ottenere centinaia di copie, rigorosamente identiche tra loro anche se di ottima qualità. Una stampa analogica su carta ai sali d’argento è una copia unica, se ne possono stampare altre ma non saranno identiche. In campo artistico il valore di un’opera deriva in parte anche dalla sua unicità, in parte dal lavoro artistico-artigianale che c’è dietro per produrla.

Orapec – Ovino africano (particolare della testa), privo di lana, capace di resistere mesi senza bere né mangiare, perennemente in movimento. Poco apprezzato dai predatori per la sua carne asciutta e priva di nutrienti

Gradualmente, ma abbastanza rapidamente, cresce in molti giovani “nativi digitali” il desiderio di scoprire e conoscere la fotografia analogica. Cresce in molti giovani anche il desiderio di passare alla pratica, di conoscere facendo. Dapprima in modo del tutto a-scientifico, ammirando la fotografia analogica come magia e alchimia. Usando rullini scaduti per ottenere effetti di colori imprevedibili, ricorrendo per lo sviluppo dei negativi a procedimenti bizzarri, come lo sviluppo al caffè o nell’acqua di fiume. Poi cercando di operare in modo più corretto, per garantirsi risultati ripetibili.  La creatività non può essere frutto del caso.

Tyrogallus rex – Vive nella foresta torbiera del Borneo indonesiano ma solo in quella dello stato del Kalimantan. Si ciba di erbe fermentate, mescolate alla torba acida e depositate in larghi strati nella foresta. Gli indigeni lo chiamano La-froig

Questa nuova ondata di fotografi, unita alle milizie di chi non aveva mai abbandonato l’analogico, pur nelle mille difficoltà per il reperimento di materiali sensibili e chimici, produce una domanda, forte, alla quale l’industria risponde. Moltissimi materiali, dai rullini, agli sviluppi, alle carte ai sali d’argento, tornano in produzione. Fortunatamente esistono ancora testi scritti, ricette di chimica affidabili. Cresce così uno “sperimentalismo” che porta a riscoprire e praticare   tutte le antiche tecniche. Dalla fotografia al collodio umido, alla fotografia minutera, al positivo diretto, dai lumen print alla Kallitipia, al Van Dyke.

Personcellus lunensis – Gli antichi pensavano fosse una bacca, un seme o un frutto caduto da una pianta imprecisata: la natura animale del Personcellus venne ipotizzata solo quando ormai si era quasi estinto. In estate, durante le notti di luna piena, migliaia di personcelli comparivano per sparire altrettanto repentinamente, non appena la luna entrava in fase calante. Scorzuto (forse) e inafferrabile, non si sa altro di lui e nemmeno questo poco è sicuro

Dal connubio tra tecniche antiche e contenuti attuali nasce una nuova fotografia dal cuore antico. Cristiano Vassalli passo per passo, ha frequentato tutti questi ambiti fotografici, dalla fotografia analogica a quella digitale e a ritroso, o forse avanti, tornando a utilizzare le tecniche antiche, in un percorso circolare. Nella concezione ciclica il tempo è rappresentato come una ruota. Tutto ciò che avviene si ripete in una circolarità incessante, anche se in maniera sempre diversa.

Sandemano – Mitilo endemico del fiume Douro: ha il guscio scuro mentre il mollusco può essere bianco, rosato o rubino. Profumatissimo, è molto apprezzato in cucina. Secondo un detto lusitano, “il sandemano fa buon sangue”

Vassalli, accanto alla professione di fotografo pubblicitario, ha da sempre portato avanti una propria ricerca artistica: all’inizio con pennelli e collage, poi coniugando la pittura e il mezzo digitale con la fotografia. I paesaggi, gli oggetti, i ritratti dei suoi lavori vengono immersi nel colore o esaltati dal bianco e nero, lucidi o satinati, sempre colti in una luce o da un’angolatura particolare, per strappare alla realtà racconti, emozioni, evocazioni, sogni. Poi concentra la sua attenzione sulla kallitipia, un’antica tecnica di stampa al nitrato d’argento risalente a metà Ottocento con la quale si ottiene un’ottima resa dei chiaroscuri unita ad una nitidezza eccellente. Una kallitipia ben eseguita è indistinguibile anche a un occhio esperto dalla platinotipia, che ha un costo di produzione assai superiore. Perciò, sin da subito, venne utilizzata spesso per le fotografie artistiche.

Drago giraffa – Si favoleggiava di questo drago già in epoca omerica: un gigante buono dall’aspetto inquietante e che non sopportava i soprusi. Chi avesse un animo pacifico non avrebbe avuto nulla da temere da lui. Glabro, dal lungo collo, si credeva vivesse sulle rive del mar Ircano e fosse dotato di una forza straordinaria oltre che di vista, udito e olfatto sensibilissimi. Molte sono le storie di cui è protagonista, solitamente alleato e vendicatore dei bambini maltrattati

Il riprendere tale tecnica è stata per l’autore un’esigenza non solo formale ma di contenuto. Impiegare il procedimento in kallitipia per realizzare opere in  formato A3 (29,7 x 42 cm), A2 (42 x 59,4 cm) o formati maggiori è attualmente impossibile dato che non viene più prodotta la pellicola fotomeccanica di grandi dimensioni.

Ippophiso degli Sciapodi – Tradizionale cavalcatura del leggendario popolo degli Sciapodi, gli uomini con una gamba sola che adoperavano per farsi ombra. L’ippophiso, dal capo serpentino, veniva montato in piede e procedeva balzellon balzelloni

Dagli anni ‘40 e prima sino agli anni ‘70 e poco oltre, grafici e tipografi usarono moltissimo la pellicola fotomeccanica a toni continui o contrastata, per eliminare i mezzi toni. La utilizzò Mario Giacomelli, che aveva una tipografia per realizzare quei paesaggi innevati solcati da nere strisce di terra arata. Per stampare una kallitipia di grandi dimensioni occorre avere un negativo ugualmente grande, dato che si stampa a contatto, su una carta sensibilizzata personalmente dall’autore del processo. Altrimenti si possono realizzare stampe partendo da negativi realizzati col banco ottico, ma non oltre le dimensioni 20x25cm.

Tartaruttola di Babele – Si narra che un portentoso rettile abbia accompagnato la costruzione della leggendaria torre. Sbucava durante i lavori non si sa da dove, arrancava lungo le scale, scivolava oltre i muretti, spariva dietro gli angoli. Lasciava una bava appiccicosa e medicamentosa, capace di guarire e calmare ogni ferita e dolore.La tartaruttola fu inghiottita dal crollo della torre e da allora non se ne seppe più nulla

Per realizzare le sue opere Vassalli ricorre a un mix sapiente di tecniche analogiche e digitali, inutile negarsi quello che il progresso permette se altri procedimenti sono impossibili. Così la sua opera può chiamarsi retro-innovativa, rinnova i fasti passati grazie a tecnologie attuali. Il risultato si può ottenere fotografando in digitale o in analogico, con quest’ultimo si deve però scansionare la pellicola di ripresa per ottenere un file digitale. In entrambi i casi con una stampante ink-jet o laser si possono ottenere ottimi negativi formato A3 e A2 su appositi fogli di acetato trasparente.  Non è un lavoro automatico come potrebbe sembrare, bisogna avere una grande esperienza analogica di camera oscura per riuscire a realizzare un negativo digitale, attraverso un lavoro sulle curve in Photoshop, del tutto simile alle curve tonali di un negativo analogico. Vassalli ha grande esperienza del mondo fotografico analogico e di quello digitale, riesce a fare confluire i due mondi per produrre i risultati che la sua mente ha immaginato e desidera rendere reali, concreti, visivamente condivisibili, con la realizzazione di una kallotipia. Poi viene ovviamente il supporto sul quale stampare, carta 100% cotone di ottima qualità e piacevole trama, Vassalli provvede personalmente col pennello alla sensibilizzazione del supporto e allo sviluppo mediante una chimica che segue le formule originali dell’Ottocento. Forse per alcuni lettori addentrarsi in disquisizioni tecniche su un’opera fotografica è poco interessante. Altri invece, comprendendo che il precorso non è solo tecnico ma prima di tutto concettuale, possono apprezzare. Del resto non è solo forma ma anche contenuto, differenze formali anche sottili possono essere particolarmente apprezzate da chi sa coglierle e sa dar loro il giusto valore. Sono queste raffinate differenze a determinare l’abisso tra l’opera unica e la riproduzione seriale.

Argocefalo

La tecnica della Kallipia fa da supporto d’elezione alle pareidolie realizzate da Vassalli, espressioni fotografiche di illusioni del subconscio che tende a ricondurre a forme note dei profili naturali dalla forma casuale. Un complice gioco tra l’autore e l’osservatore, che desidera stare come davanti ad un camino, immergendosi visivamente nel racconto, come in “Se una notte di inverno un viaggiatore”, ascoltando le descrizioni di incontri vissuti da un immaginifico cacciatore.  D’altronde tutto ciò è insito nella natura più intima, ambigua, sfuggevole, della fotografia, che è sempre rappresentazione di un reale personale e aleatorio, mai fredda e asettica documentazione. Come spiega Vassalli si tratta di «un safari incruento a caccia di bestie fantastiche, scovate in vecchi pezzi di legno e portate sotto l’obiettivo fotografico. Questa catalogazione di bestie immaginarie è un antico esercizio ormai in disuso, un po’ come la tecnica scelta per la stampa delle foto, e ha avuto in passato sublimi classificatori quali Flaubert, Eco, Borges. Chimere, draghi, invenzioni nuove su invenzioni antiche, storie plausibili e assurde insieme, bestie già estinte prima ancora d’essere mai esistite, fossili dalle tinte cupe, pelli rugose, scorzute, forme buffe, esseri magici, paurosi, amici. Alla fine però ci si deve arrendere: come scrive Borges, ci “s’accorgerà che la zoologia dei sogni è più povera di quella di Dio”.»

Megarino

Commento critico  (a cura di Alessio Lana)

In tempi di immagini sintetiche, di fotografia affidata all’intelligenza artificiale che tutto può (o sembra potere), la “Natura” ci stupisce ancora. Le virgolette (e la maiuscola) sono d’obbligo perché qui la si intende in senso lato. Natura come il nostro occhio che può vedere cose che noi umani possiamo sì immaginare ma solo se, come Vassalli, l’organo viene addizionato alla dovuta concentrazione, a una buona dose di attenzione e a una mole inimmaginabile di immaginazione. Natura intesa come foto-grafia, come raggi luminosi che saettando continuamente “scrivono con la luce”, ma sta al fotografo imbrigliarli al momento giusto con l’obiettivo, preparagli un comodo giaciglio con l’argento e poi farli riposare a dovere sul cotone. E infine Natura come soggetto e fonte d’ispirazione, con il termine “bestia” che riporta al passato, a quelle creature selvatiche, sfuggenti, ignote che poi l’uomo avrebbe conosciuto e, in parte, distrutto. Ma tra queste pagine sono in salvo. Qui siamo nel mondo della Natura fantastica, impossibile distruggerla se non uccidendo l’immaginazione. C’è chi ci sta provando, sia chiaro, ma artisti come Vassalli dimostrano che la resistenza è ancora viva e la guerra ben lungi dall’essere vinta.

Pappalello

A cura di Roberto Besana

Fotografie di Cristiano Vassalli    studio-vassalli.it/

Didascalie di Giuliana Battipede

Commento critico di Alessio Lana

Testo di Giorgio Rossi

Giorgio Rossi – Dal 1978 in poi per circa 30 anni lavora come fotografo professionista, per società di pubblicità turistica e riviste di viaggi. Svolge documentazione architettonica/archeologica su incarico Sovraintendenza BB.CC. di Roma,  per illustrazione articoli su testate a diffusione nazionale e internazionale: Modo, Casa Vogue, VilleGiardini e altre. In seguito alla crisi dell’editoria smette di fotografare. Nel 2013 spronato da Lia Alessandrini  riprende  a fotografare da amatore, sperimenta cose diverse col piacere di mettersi in gioco e confrontarsi. Con altri amici apre la pagina FB  Semplicemente Fotografare. Dal 2019 collabora con articoli settimanali a Sensei, rivista di fotografia on-line di NOC, New Old Camera.

Giorgio Rossi