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Giardino e Palazzo Giusti: un percorso di natura, arte e storia nel cuore di Verona

Giardino e Palazzo Giusti si trovano nella via omonima della città di Verona, non lontano dal centro, eppure nascosti all’occhio del visitatore frettoloso. Un percorso di natura, arte e storia, un’oasi di verde che incanta lo spettatore per la sua bellezza e armonia senza tempo. Tutto ebbe inizio alla fine del 1200 quando la famiglia Giusti si trasferì a Verona dalla Toscana per sviluppare l’industria della tintura della lana, prima fonte di ricchezza della città scaligera. Nel 1406 Provolo Giusti acquistò un’area adiacente all’antica via Postumia, principale asse viario commerciale est-ovest della pianura padana, e proprio qui, lungo le antiche mura della città, la famiglia Giusti per due secoli utilizzò gli spazi dell’attuale giardino per far bollire i calderoni in cui la lana veniva trattata e per stendere ad asciugare i panni.

Giardino Giusti

Nel corso del XVI secolo quello che in origine era un insediamento produttivo venne convertito in un palazzo di rappresentanza nello stile del Sanmicheli, famoso architetto che propose lo stile rinascimentale di matrice romana nel nord Italia, e completato da un giardino formale con bossi, cipressi, fontane e grotte, secondo la moda del tempo. Principale artefice del giardino e del palazzo fu Agostino Giusti, un uomo colto, appassionato di musica e di pittura, in stretto contatto con i Medici e gli Asburgo, nonché fiduciario dei Veneziani.

Fontana delle tartarughe

L’accorpamento dei piccoli fabbricati usati per l’attività laniera diede origine all’attuale palazzo, con due corpi laterali e un grande salone di rappresentanza. L’atrio d’ingresso presenta un portico a sei arcate aperte sul cortile d’onore. Oltre il cancello si intravede il lungo Viale dei Cipressi, che termina nella Grotta, e il Mascherone scolpito nella rupe. Il Giardino Giusti richiama molti elementi dei giardini medicei, che erano un punto di riferimento estetico delle élites colte dell’epoca.

La grotta

Con il diffondersi in Europa del Grand Tour, il Giardino Giusti divenne una tappa obbligata per tutti i grandi viaggiatori di passaggio per Verona, come poeti, artisti e teste coronate, quali Cosimo III, Charles de Brosses, Mozart, Goethe, Addison, Ruskin, l’Imperatore Giuseppe II, il Re Carlo Felice di Sardegna e lo Zar Alessandro di Russia. Il giardino viene mantenuto all’antica, con la semplicità dei tempi antichi che privilegiavano l’architettura, la mitologia e i legami con il mondo classico, con pochi fiori, pochi cespugli e alberi esotici. Salta all’occhio ancora la presenza di tutti gli elementi alla moda dei giardini del Cinquecento: vasi con agrumi, statue mitologiche, fontane, grotte, mascheroni, reperti romani e padiglioni per sostare e ammirare il panorama.

Il parterre
Parterre e statua nel giardino Giusti

Il giardino si articola in due parti ben distinte: quella pianeggiante e quella alta. La sezione in pianura è divisa in nove quadrati simmetrici, dominati da aiuole di bosso e in alcuni spiccano al centro le statue mitologiche di Diana, Venere, Atalanta, Apollo e Adone, scolpite dal veronese Lorenzo Muttoni.  L’asse principale è il suggestivo Viale dei Cipressi che porta alla Grotta e al Mascherone, lasciando alla sua destra il Labirinto, ridisegnato da Luigi Trezza e tutt’oggi ancora percorribile, e alla sua sinistra il Parterre all’italiana, il Giardino di Agrumi (importante fonte di reddito per il Veneto con un mercato che arrivava fino in Russia), e la cosiddetta “vaseria”.

Il viale dei cipressi

Degno di nota anche il Cipresso di Goethe, che vantava oltre seicento anni e purtroppo sradicato dal vento durante un nubifragio nell’agosto del 2020, ammirato dal celebre poeta e scrittore nel 1786 e citato nella sua opera Viaggio in Italia del 1817:

“Avevo tolto quei rami nel giardino Giusti, il quale giace in un’amena posizione, e dove sorgono cipressi giganteschi, a grande altezza, a forma di piramide. È probabile che nei tassi tagliati artificialmente in punta dei giardini del settentrione, si sia voluto imitare quest’albero stupendo, i cui rami tutti, giovani e vecchi, dalla base al vertice si drizzarno tutti verso il cielo. Desso vive non meno di tre secoli e si può pertanto dire meritevole di venerazione; giudicandoli dal tempo in cui fu piantato il giardino Giusti, questi avrebbero di già raggiunta quell’età rispettabile.”

Il viale dei cipressi

Questa parte del giardino, squadrata e rigorosa, richiama l’intervento architettonico dell’uomo, l’ordine e la simmetria. La sezione boscosa del giardino è invece concepita per stupire il visitatore, che percorre all’ombra i viottoli in salita, ed è formata da allori, tassi e un sottobosco di sempreverdi. La Rupe, la Grotta, il gioco di luci e di ombre e le prospettive sono stati creati artificialmente per generare ammirazione, spettacolo e meraviglia. Dal Belvedere, ricavato sopra la testa del mascherone, si può godere di uno dei più bei panorami della città di Verona. La Grotta presenta la tipica facciata cinquecentesca e all’interno sulla volta sopravvivono le decorazioni formate da conchiglie, coralli, madreperle e spugne. Un tempo la parete di fondo era rivestita di specchi mentre quelle laterali erano ricoperte di affreschi.

Il padiglione

Tra gli elementi architettonici del giardino spicca il Padiglione, costruito con colonnine di recupero trecentesche: questo luogo appartato offre un altro meraviglioso panorama sulla città. Da menzionare anche la Torre, che con la sua scala a chiocciola segreta scavata nella roccia permette di salire al giardino superiore adiacente alle mura scaligere del XIV secolo; il Mascherone-Belvedere, attribuito a Bartolomeo Ridolfi, era stato ideato per impressionare i visitatori perché dalla bocca poteva emettere lingue di fuoco e fumo; e diversi frammenti archeologici ed epigrafi romane appartenenti alla collezione di Agostino Giusti, grande appassionato di antichità. Inoltre, nella cinta muraria di epoca comunale, sono state ricavate tre nicchie che ospitano le statue di Bacco, Cerere e Venere, oggi però andata perduta.

Panorama offerto dal padiglione

Nel 1583 Agostino Giusti e la moglie Alda Malaspina decisero di trasferire la loro dimora dalla residenza di famiglia di Santa Felicita, presso il Ponte Pietra, al nuovo palazzo al Muro Novo, degna cornice al giardino rinascimentale sul quale si affaccia il cortile d’onore. L’architetto potrebbe essere il veronese Paolo Farinati, considerando il fatto che la decorazione dipinta a finte architetture della facciata fu realizzata dal figlio Orazio. Questo appartamento dell’ala di ponente si articola in sette sale e sono il frutto di lavori che si sono susseguiti dal tardo Cinquecento alla metà del Novecento.

Giardino

L’appartamento è stato abitato dalla famiglia Giusti fino al 1944, quando fu reso inagibile dai bombardamenti. Il resto del palazzo era stato requisito come comando della Luftwaffe fin dal 1943. L’appartamento venne poi restaurato nel 1954 da Alberto e Mary Farina, che lo presero in affitto vitalizio dai Giusti e  vi abitarono dal 1954 al 1984. Ancora oggi il palazzo e il giardino sono di proprietà della famiglia Giusti. Prima di entrare nel palazzo, il visitatore viene accolto nella Corte d’Onore, uno spazio cinto da mura con merli a coda di rondine in memoria delle origini ghibelline della famiglia Giusti. Questo cortile fungeva da teatro per gli intrattenimenti musicali dell’Accademia Filarmonica e per le rappresentazioni, come avvenne per esempio nel 1581 quando fu allestita la prima della favola pastorale Aminta di Torquato Tasso.   Il piano nobile del palazzo è diviso in due grandi appartamenti, ala est e ala ovest, con un salone centrale per i ricevimenti. La selezione delle piante collocate nelle varie sale, oltre a enfatizzare la bellezza degli arredi e le particolarità architettoniche, crea una coreografia che avvolge il visitatore e lo accompagna alla scoperta delle varie specie che venivano importate dai viaggi nel nuovo mondo agli inizi del secolo scorso. Ogni sala è allestita con una specie arborea predominante, scelta in relazione alle funzioni abitative della sala stessa e alle persone che qui abitavano e la frequentavano. L’allestimento del verde è a cura di Flò Bologna.

Il Trionfo di Aurora, affresco nel Palazzo Giusti

La Sala dell’Aurora è la più importante dell’appartamento ed è stata affrescata con motivi mitologici nel 1766 dal pittore veronese Francesco Lorenzi, il quale era stato a bottega da Giovan Battista Tiepolo a Venezia e anche suo collaboratore nella realizzazione del soffitto del salone da ballo di Palazzo Canossa nel 1761, oggi andato perduto. In realtà pare che la famiglia Giusti avesse chiesto l’opera a Tiepolo ma, essendosi recato in quel periodo a Madrid presso la corte di Carlo III di Spagna, avrebbe raccomandato il suo allievo Lorenzi. Sul soffitto emerge Il Trionfo di Aurora che, a causa dei danni subiti dai bombardamenti, è stato restaurato nel 1954 insieme all’attuale pavimento in marmo.

Il Trionfo di Aurora, affresco nel Palazzo Giusti

La Sala da Pranzo è stata restaurata anch’essa nel 1954 dall’ingegnere Cesare Benciolini, per volontà dei coniugi Farina, ed è stata decorata dal pittore Orazio Pigato con tre grandi vedute dipinte a tempera, ispirate ad alcune incisioni ottocentesche di panorami di Verona.  Il Salotto dei Cavalli è molto curioso perché gli arredi sono composti dal motivo ricorrente del ferro di cavallo, che proviene dalla villa dei conti Cittadella, nobile e antica famiglia padovana imparentata con i Giusti, dei primi anni del XX secolo. Qui si possono anche ammirare i ritratti dei membri della famiglia Cittadella appesi alle pareti.

La sala da pranzo
Il salotto dei cavalli

La camera da letto con i suoi colori pastello è una vera delizia per gli occhi. Sul soffitto è affrescata, sempre da Francesco Lorenzi, L’Allegoria del Trionfo del Tempo e della Verità, e nell’alcova, realizzata nel 1954 da un disegno di Cesare Benciolini, troneggia un meraviglioso letto impero a baldacchino.

L’allegoria delTrionfo del Tempo e della Verità, affresco nel palazzo Giusti
Camera da letto

Nella Sala delle Pietre sono conservati antichi frammenti di scavo medievali, rinascimentali e falsi d’autore, provenienti dalla collezione del senatore veneziano Girolamo Ascanio Molin, la cui figlia Paolina aveva sposato Carlo Giuseppe Giusti nel 1801. Qui, a partire dal 1926, sono stati effettuati importanti interventi di abbellimento per volontà di Giovanni Giusti e della moglie Eleonora Albertini, che ereditarono il palazzo e il giardino dal cugino Vettor Giusti, senatore del Regno d’Italia e sindaco di Padova. La Sala del Camino porta il nome dal camino cinquecentesco che è stato collocato qui nel 1926. Nella sala si trovano quattro busti: uno in marmo di Carrara di un senatore veneziano, forse un Molin, attribuito allo scultore Danese Cattaneo, un’allegoria femminile in marmo data al veneziano Giovanni Bonazza, uno di Diana e l’ultimo di Apollo, entrambi in gesso, che risalgono al Cinquecento e probabilmente facevano parte della collezione di Agostino Giusti. I soffitti a travature di questo spazio e della Sala delle Pietre risalgono all’epoca di Agostino Giusti ma, le nuove decorazioni degli stessi e delle fasce decorative con gli stemmi di famiglia, dipinte nel 1926, sono stati voluti da Giovanni ed Eleonora Giusti.

Busto nella sala del camino
La sala del camino

Il Salotto Rosso, di stampo ottocentesco, deve il suo nome alla tappezzeria in stoffa rossa a cineserie con il grande divano ad angolo capitonné ed era a particolare uso di Eleonora Giusti Albertini, l’ultima a risiedere nella proprietà. Grazie all’amore e alle costanti cure di tutti coloro che si preoccupano di preservare il valore del nostro patrimonio storico e culturale, questo luogo è stato, è e sarà anche in futuro un inestimabile gioiello architettonico e naturalistico.

Il salotto rosso

di Sheila Gritti