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Parigi e il mito della Belle Epoque

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Molte delle bellezze che oggi si possono ammirare a Parigi risalgono ad un periodo davvero straordinario, ricco di grandi cambiamenti sociali e culturali e di eccezionali invenzioni che, grazie alla fiorente industrializzazione e ai progressi scientifici, migliorarono la qualità della vita e crearono un’enorme fiducia nel futuro. Infatti dalla fine dell’Ottocento fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, la lunga pace europea e il crescente benessere alimentarono il mito della Belle Epoque, un’epoca di spensieratezza che stava cominciando a delineare quella che sarebbe stata una società di consumatori e ad accelerare in maniera vertiginosa il ritmo della vita. Le persone potevano dedicarsi ad altre attività, giacché le recenti conquiste come la corrente elettrica, la radio, il telefono, l’automobile avevano regalato più tempo libero e, inoltre, i progressi nel campo della medicina avevano ridotto considerevolmente la mortalità e debellato buona parte delle epidemie. In questo florido periodo Parigi era la capitale del mondo, una nuova generazione di artisti in cerca di libertà vi affluiva da ogni dove per esprimere la creatività in tutti i campi, dall’architettura alle arti dacorative, dalla gioielleria alla decorazione di interni. La Parigi della Belle Epoque darà forma anche a una figura mitica: quella della parigina, una donna chic celebrata dalle matite dei couturier. Ma anche del flâneur, il vero parigino sebbene quasi mai di nascita.

Quai des Nations (Riproduzione foto d'epoca di Luca Monti)
Quai des Nations – Nazioni straniere occuparono le rive della Senna dal Pont des Invalides al Pont de l’Alma con padiglioni di dimensioni faraoniche, lungo tutto il Quai Branly, ribattezzato per l’occasione Quai des Nations. I padiglioni dell’Italia, dell’Impero Ottomano (il primo a sinistra), della Germania, degli Stati Uniti sono i più apprezzati dal grande pubblico e sono elogiati per le loro qualità architettoniche. Gli edifici più imponenti per dimensioni si affacciano sulla Senna, in modo che le loro facciate si riflettano nel fiume per una resa visiva mozzafiato – (Riproduzione foto d’epoca di Luca Monti)

Tutte le nuove meraviglie in fatto di arte, moda e innovazioni tecnologiche venivano esibite e celebrate alle Esposizioni Universali, e Parigi ne ospitò una delle più importanti, quella del 1889, che proprio per quell’occasione vide la realizzazione di uno degli emblemi della capitale francese:  la Tour Eiffel. Con i suoi 300 metri di altezza non solo dimostrò l’evidente superiorità del ferro, ma divenne anche il monumento più alto del mondo. Difficile credere che, prima ancora della fine della sua costruzione, la Tour Eiffel fosse al centro di numerosi dibattiti da parte degli artisti e dei letterati più influenti dell’epoca, i quali speravano nella sua demolizione. Nonostante fosse odiata e profondamente discussa, alla fine dell’Esposizione Universale si decise di conservarla perché, comunque, si rivelò utile per le telecomunicazioni. Significativo fu l’aneddoto legato allo scrittore Guy de Maupassant che aveva firmato la petizione per il suo abbattimento. Egli spesso pranzava in uno dei ristoranti situati al primo piano e un giorno un giornalista, incuriosito da questo strano comportamento, gli domandò: “Perché venite sulla Torre Eiffel se la detestate tanto?” E Maupassant rispose: “Perché è il solo luogo della città da cui non la si vede!” Sarebbe utile capire quella strana attitudine tutta parigina alla distruzione delle tracce del proprio passato: il culmine  della foga distruttiva è la riduzione in macerie di quanto fu costruito per le esposizioni universali. Oltre alla vittima designata, la Tour Eiffel appunto, rari sono gli esempi di sopravvivenza a tale foga. E così della Parigi della Belle Epoque resta quasi nulla. Le rare residue vestigia si possono osservare nei quattro angoli della Ville Lumière ormai solo sotto forma di fantasmi perduti. Oltre alla Torre restano il Petit Palais e il Grand Palais, fra circa un migliaio di strutture create in quell’epoca. E poi ci sono i chioschi Guimard, tipici di certi ingressi della Metro.

Tour Eiffel (fotografia Tour des Arts)
Tour Eiffel (fotografia Tour des Arts)

In quegli anni le città cambiarono volto: le capitali europee, tutte di fondazione antica e caratterizzate da tessuti medievali, cominciarono a trasformarsi per avere più ordine e pulizia. A Parigi, già durante il Secondo Impero, l’urbanista Georges-Eugène Haussmann mise in atto una vera e propria opera di sventramento del centro storico per la realizzazione dei grandi boulevard, illuminati di giorno e di notte. Questi luoghi sono ben visibili nelle tele dei pittori impressionisti, la maggior parte delle quali si trova oggi conservata al Museo d’Orsay, allestito all’interno di un’antica stazione ferroviaria. L’Impressionismo nacque come una provocazione d’avanguardia, una rivoluzione, ricca di conseguenze per tutte le correnti artistiche future. Tutto cominciò il 15 aprile del 1874 quando venne inaugurata, nello studio parigino del fotografo Nadar, una mostra a cui presero parte trenta artisti, che si erano riuniti in un gruppo per presentare collettivamente le loro opere. Era, in assoluto, la prima esposizione collettiva indipendente da un’intromissione statale e dai condizionamenti di una giuria. Il nuovo stile pittorico scandalizzò l’opinione pubblica sia per ciò che raffigurava – in  particolare paesaggi, scene urbane e di vita quotidiana, i classici temi storici e mitologici dell’arte accademica – sia per come li raffigurava, ovvero con l’utilizzo di tavolozze dalle tinte chiare, luminose, piene di sensibilità atmosferica, con pennellate brevi e macchie di colore puro. Louis Leroy, uno dei critici più ostili a questa corrente pittorica, facendo riferimento a uno dei dipinti di Claude Monet, Impression, soleil levant, coniò uno dei termini più fortunati della storia dell’arte: per ridicolizzare questi artisti, li definì “impressionisti”, termine che in seguito essi decisero di mantenere proprio perché esprimeva il senso della cattura di un’emozione fugace.

Impression, soleil levant, Monet, 1872 - Museo Marmottan Monet
Impression, soleil levant, Monet, 1872 – Museo Marmottan Monet
Moulin Rouge notte (fotografia Tour des Arts)
Moulin Rouge (fotografia Tour des Arts)

Per la società del tempo, più tempo libero significava intrattenimento; era un’abitudine frequente ritrovarsi nei caffè o andare a teatro e il centro del divertimento parigino divenne senz’altro il quartiere di Montmartre. Il celebre Moulin Rouge aprì i battenti il 6 ottobre del 1889, da un’idea degli impresari Charles Ziedler e Joseph Oller e nacque sulla scia del successo del Moulin de la Galette, un ristorante con annessa sala da ballo ricavato in un vecchio mulino a vento.  I due imprenditori fecero costruire sopra il cabaret un finto mulino rosso, colore che si adattava perfettamente allo spirito del locale ed era ben visibile anche in lontananza. Il Moulin Rouge ebbe un immediato successo, che conserva ancora oggi grazie al vasto repertorio di spettacoli e balli tra cui si ricorda il famoso can-can, e alle grandi celebrità del calibro di Edith Piaf, Yves Montand, Frank Sinatra e Liza Minnelli che ne hanno calcato il palcoscenico. Altra eccezionale novità della Belle Epoque fu la nascita del cinematografo grazie ai fratelli Auguste e Louis Lumière che nel 1895 presso il Gran Café in Boulevard des Capucines, proiettarono i loro primi dieci cortometraggi a un pubblico pagante.

Della Belle Epoque rimane qualche indirizzo gourmet, dal lussuosissimo Maxim’s allo sfarzoso Le Train bleu; alcuni negozi presentano fortunatamente ancora un arredamento di Art Nouveau, tra cui la gioielleria Tecla, la cioccolateria Debauve & Gallais e La Samaritaine, nuovo polo del lusso parigino, appena riaperto dopo un lungo restauro. Fra gli edifici che testimoniano il movimento Art Nouveau il più iconico è indubbiamente Lavirotte. Pochissimi i resti del passato a luci rosse della capitale del vizio: solo due bordelli oggi trasformati uno in hotel di lusso, Maison Souquet, l’altro in casa privata. Tutto ciò che resta di un passato che si fonde con il mito.

Maison Boutet (Riproduzione foto d'epoca di Luca Monti)

Maison Boutet (Riproduzione foto d’epoca di Luca Monti)

Passeggiando tra questi luoghi straordinari si possono ancora assaporare le stesse emozioni che provarono gli uomini dell’epoca, travolti da un’onda di rinnovamento senza precedenti.

di Sheila Gritti e Teresa Occhionorelli – Tour des Arts

Riproduzioni foto d’epoca: Luca Monti

Foto di copertina (Riproduzione foto d’epoca di Luca Monti): Expo 1900, il Palazzo dell’Elettricità –  Annunciata il 13 luglio 1892, fu inaugurato il 14 aprile 1900 dal presidente Émile Loubet e aperto al pubblico il 15 aprile. Termina il 12 novembre, dopo 212 giorni di apertura.  Accoglie 50,8 milioni di visitatori. Evento emblematico della Belle Époque e dell’Art Nouveau, lascia in eredità diversi edifici a Parigi, tra cui il Petit Palais e il Grand Palais. Il tema è “Bilancio di un secolo”. Inoltre, nell’ambito di questa esposizione universale, si svolgono a Parigi i 2 giochi olimpici dell’era moderna. 

Autori

  • Luca, che si descrive come “flâneur tous les jours” e “guardatore” di fotografie, è un creativo nato in Italia, londinese di adozione, lavorante un po' in tutto il mondo, che ama il cinema e scattare foto. Il suo soggetto preferito sono le vecchie fabbriche dismesse della città dove vive sua madre ma, alcune volte, preferisce semplicemente restare nel suo studio parigino a scattare Polaroid dei sui amici, perché lo trova divertente e le Polaroid sono cool. Il suo colore preferito da usare come s...

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