Lungo la costa occidentale del Lago di Garda, sulla sponda bresciana, il pendio che domina Gardone Riviera ospita quello che da un secolo è noto come il Vittoriale degli Italiani. Un luogo dal fascino indiscusso che, ogni anno, accoglie oltre duecentomila visitatori desiderosi di varcare la soglia di quel tempio di storia, cultura, arte e poesia che fu l’ultima residenza di Gabriele D’Annunzio.
Per cogliere lo straordinario potere di attrazione della villa settecentesca immersa nel verde, occorre tornare indietro con la mente di cento anni esatti. Nel febbraio 1921, reduce dall’impresa di Fiume da lui capitanata, il Vate dagli slanci patriottici si ritirò in questa splendida dimora di pace accarezzando il sogno di una nuova esistenza solitaria. La residenza signorile che si estende su una superficie di undici ettari, sequestrata dal governo italiano allo studioso tedesco Henry Thode come risarcimento dei danni di guerra, diventerà l’estrema gloriosa opera d’arte del poeta pescarese.
“È piena di bei libri… Il giardino è dolce, con le sue pergole e le sue terrazze in declivio. E la luce calda mi fa sospirare verso quella di Roma. Rimarrò qui qualche mese, per licenziare finalmente il Notturno“. Così riferiva D’Annunzio alla moglie pochi giorni dopo il suo arrivo a Gardone. Ma a questo faraonico progetto si dedicherà per anni con passione, estro e dedizione, affiancato nel suo grandioso intento – interrotto ciclicamente da periodi di difficoltà finanziarie – dall’amico architetto Gian Carlo Maroni. Chiara la divisione dei ruoli: “Chiedo a te la ossatura architettonica”, scrisse a Maroni l’uomo simbolo del Decadentismo, “ma mi riservo l’addobbo – da tappezziere incomparabile. Desidero di inventare i luoghi dove vivo”. Nell’atto di donazione del Vittoriale allo Stato italiano, firmato il 7 settembre 1930, il cantore dell’Italia umbertina confesserà: “Il mio amore d’Italia, il mio culto delle memorie, la mia aspirazione all’eroismo, il mio presentimento della patria futura si è manifestato qui”.
Bagno Blu, decorato con circa 900 oggetti d’arredo (Fotografia di Marco Beck Peccoz)
Celebrata dal volume Cento anni di storia del Vittoriale degli Italiani. L’incantevole sogno, pubblicato in occasione del centenario (1921-2021), la maestosa dimora dannunziana in cui “la pace è perfetta” è ancora oggi un luogo iconico e senza eguali: un complesso monumentale tutelato e valorizzato dalla Fondazione del Vittoriale degli Italiani, istituita per volontà dello stesso d’Annunzio nel 1937.
Edifici, viali e piazzette interne sorgono tra giardini e corsi d’acqua che conducono a un teatro all’aperto: un anfiteatro affacciato sul Garda il cui palcoscenico è stato calcato da artisti di caratura internazionale che hanno voluto rendere omaggio al poeta abruzzese – da Paolo Conte, a Eleonora Abbagnato, da De Gregori e Lou Reed, fino a Patty Smith, Ludovico Einaudi, Franco Battiato, Ben Harper e Joan Baez. Numerose le donazioni che hanno reso il parco un museo a cielo aperto puntellato di sculture e opere dei maestri dell’arte contemporanea italiana: dall’immenso “Cavallo Blu” dello scultore Mimmo Paladino al bronzo “Star” del francese Jacques Villeglé, dall’obelisco di Arnaldo Pomodoro alla fontana ad albero di Mario Botta. E poi gli “Angeli” di Ugo Riva, il San Sebastiano di Ettore Greco e i cani di Velasco Vitali, guardiani silenziosi dell’imponente mausoleo che ospita le spoglie di Gabriele D’Annunzio.
E se il Laghetto delle Danze a forma di violino, il Laghetto del Mas, il Giardino delle Vittorie e le dodici aiuole dello splendido roseto sono valsi al Vittoriale il premio come “Parco più Bello d’Italia” nel 2012, a lasciare senza fiato i visitatori sono gli interni della “vecchia casa colonica” trasformata in Prioria dal Principe di Montenevoso, titolo conferito al poeta-soldato nel 1924 quando Fiume fu annessa all’Italia, e gli infiniti elementi dagli stili più svariati accostati dal Vate con ineguagliabile audacia e un risultato estetico impeccabile. Quello stesso ardimento che spinse D’Annunzio a incastonare nel parco della villa la prua della nave militare Puglia, un torpediniere in disarmo donatogli dalla Regia Marina, con il ponte di comando simbolicamente rivolto verso l’Adriatico.
La vera memoria della “vita inimitabile” di Gabriele D’Annunzio è però racchiusa nella casa di “Frate Gabriel priore”, come l’eclettico scrittore amava definirsi dopo il suo ritiro sulle sponde del Garda. “Sono avido di silenzio dopo tanto rumore, e di pace dopo tanta guerra”, rivelava agli amici elencando le innumerevoli stanze, a partire dall’ambiente mistico e sacrale del Vestibolo, l’ingresso che conduce alle due stanze d’attesa: l’Oratorio Dalmata, e la Stanza del Mascheraio, destinata ai molti creditori e agli ospiti sgraditi che venivano fatti attendere ore prima di essere ricevuti. Quasi surreale l’atmosfera della Stanza della Musica, tappezzata da damascate stoffe scarlatte e ornata da drappeggi di seta nera dorata, disseminata di quadri e soprammobili. Non meno affascinante la Stanza del Mappamondo, biblioteca d’arte e cenacolo, o la sensualissima Stanza della Leda, camera da letto del poeta, in cui un gesso dorato dell’amata di Zeus in forma di cigno occupa la nicchia di fronte al talamo. E ancora, l’anticamera adibita a studio della Zambracca, caratterizzata dai riferimenti all’arte greca e da una fornitissima farmacia in cui D’Annunzio venne ritrovato senza vita.
Rinchiuso nella penombra – per la fotofobia dell’occhio destro ferito durante un violento ammaraggio o per ingannare con l’oscurità l’immagine del suo volto ormai decadente – D’Annunzio visse gli ultimi anni circondato da manoscritti, quadri, documenti, sculture e soprammobili accatastati ovunque, anche nella Veranda dell’Apollino in cui il poeta sostava per sbrigare la sua corrispondenza. Nel solo Bagno blu, spazio privato del Vate, compaiono circa novecento oggetti di gusto orientale. In una lettera a Guido Cadorin, il poeta definiva la Stanza del Lebbroso, l’ambiente forse più intimo e raccolto della Prioria, “un miracolo di là della tua arte e di là della mia ispirazione. È un miracolo ed è un mistero entrambi inconoscibili”. Proprio qui D’Annunzio si ritirava in meditazione, steso su un letto lugubre attorniato da pareti dispendiosamente rivestite.
Dal Corridoio della Via Crucis alla Stanza delle Reliquie, che rivela una personale concezione del sacro attraverso l’accumulo di immagini religiose alternate a medaglie al valore e reliquie di guerra; dalla Stanza delle Marionette, in cui si preparavano le amanti occasionali, alla Stanza del Giglio, lo studio biblioteca con un armorium e volumi di storia e letteratura italiana “in così gran numero e di tanto pregio che superano forse ogni altra biblioteca di solitario studioso”.
Tutto, al Vittoriale, parla di una vita spesa nel lusso estremo, alla ricerca del bello, del sublime, del piacere edonistico di un vivere fuori dagli schemi, oltre le regole, spesso al di sopra delle proprie possibilità. Lo raccontano i tappeti persiani e i bassorilievi, gli specchi dalle imponenti cornici barocche e i marmi che rivestono i pavimenti o le pareti laccate di rosso e oro, i lunghi corridoi adibiti a biblioteche e la tavola da pranzo sormontata dal carapace di una gigantesca tartaruga imbalsamata. Ma, soprattutto, il sontuoso guardaroba del Vate esposto nella sezione museale “D’Annunzio segreto”: un tripudio di pantofole decorate, stivali, completi per la caccia alla volpe, abiti per ogni occasione, camicie da notte, foulard, bauli, occhiali e vestaglie da camera.
Il Vittoriale ospita anche il sottomarino della “beffa di Buccari” e il biplano che il 9 agosto 1918 volò su Vienna lanciando volantini che annunciavano la vittoria italiana, oltre alle auto del poeta – una Isotta Fraschini, una Fiat Tipo 4 e una Bentley – e alla sala cinematografica più piccola del mondo: una sola poltroncina per visualizzare i filmati tratti dalle pellicole del Vate, conservate negli archivi, come parte del progetto “D’Annunzio digitale”.
di Silvia M. C. Senette – giornalista