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Le Corbusier pittore, scultore, designer

A vent’anni dalla mostra tenutasi nell’ex Civica Galleria d’Arte Contemporanea di Lissone (ora MAC, Museo d’Arte Contemporanea) dedicata a Le Corbusier pittore, scultore e designer, Giovanni Ronzoni propone e cura una nuova esposizione sulla figura prismatica dell’artista francese negli spazi dell’ex Osservatorio del Colore/Deposito Merci di Lissone, dal 14 aprile al 4 giugno 2023. Non a caso la mostra si intitola “Ventannidopo. Le Corbusier pittore scultore designer e viaggi a nord/ovest”.

 

Stampe con cornice, periodi vari – Riproduzione Fondation Le Corbusier Mourlot Imprimeur – Collezione privata

L’idea di proporre questo evento – di cui la rivista «Globus» è media partner – nasce dal ruolo che la città di Lissone ha rivestito negli anni nel campo industriale e artigianale, nell’arredamento e nel design più innovativo, divenendo un punto di riferimento a livello europeo anche nell’arte. Basti pensare al Premio Lissone 1946-1967, fulgido esempio di cooperazione culturale fra pubblico e privato nel dopoguerra nel campo delle arti visive.

Stampa de “La Main Ouverte”, Roqhebrune-Cap Martin, 3 dicembre 1957 – Riproduzione Fondation Le Corbusier Mourlot Imprimeur –  Collezione privata
Stampa con cornice – Riproduzione Fondation Le Corbusier Mourlot Imprimeur – Collezione privata

La mostra, suddivisa in sei sezioni, prevede l’esposizione di alcune opere originali di Le Corbusier, nonché di opere riprodotte, provenienti da collezioni private, oltre ad un catalogo e alla proiezione di due filmati sulla mostra del 2003. Pertanto, il progetto ambisce a completarne il racconto e ad illustrare questa figura artistica nella sua interezza, da diverse angolazioni, ricordandola come designer, ma anche e soprattutto come pittore e scultore. Proprio questi due ultimi aspetti di Le Corbusier, in particolare, sono spesso misconosciuti e messi in ombra  dalla sua attività di architetto per la quale ha raggiunto la fama mondiale, ma sono tuttavia elementi fondamentali del suo “fare” tant’è che egli stesso ebbe a dire: “Mi si riconosce come architetto e non mi si vuole riconoscere come pittore; eppure è attraverso la pittura che sono approdato all’architettura”.

Fronte Manifesto per l’Icsid, convegno mondiale sul design – Milano, 1983
Retro Manifesto per l’Icsid  convegno mondiale sul design – Milano, 1983

Ma chi era Le Corbusier? Pseudonimo di Charles-Édouard Jeanneret-Gris, nato nel 1887 in Svizzera e naturalizzato francese, è figlio d’arte giacché la mamma era una rinomata musicista e il padre uno smaltatore di quadranti d’orologio. Dettagli non trascurabili per comprendere la sua spiccata propensione verso l’arte. Il critico d’arte Fortunato D’Amico analizza “le radiose speranze del Secolo breve” nella prospettiva immaginata da Le Corbusier le cui invenzioni hanno consentito all’architettura di progredire e di smarcarsi da un linguaggio stantio in voga nel passato: “Il suo apporto teorico e pratico  alla costruzione delle città sorte durante tutto il periodo del Secolo breve, quello che Eric Hobsbawn identifica tra il 1914 e il 1991, quindi dall’inizio della prima guerra mondiale e la fine della Guerra fredda, è assolutamente rilevante. I cinque punti dell’architettura, pubblicati nel 1928, non hanno prodotto solo il nuovo linguaggio di comunicazione della’architettura moderna, ma anche inciso profondamente sugli stili di vita dei cittadini. […] Poeta del cemento armato ma anche principale estensore della Carta di Atene, un documento che fissa i principi fondamentali della città contemporanea ponendo come postulato che sole, verde, spazio sono i tre elementi principali che guidano le scelte urbanistiche. […] Il concetto di habitat promosso da Le Corbusier concepisce l’architettura e il territorio come una grande macchina da abitare. […] L’invenzione del Modulor riallaccia relazioni con Vitruvio e Leonardo, rinnovando l’idea che l’architettura e il design sono strumenti creati per soddisfare le necessità umane”.

Ritratto di Le Corbusier nel suo Atelier, pubblicato a pagina 52 del catalogo “Bonjour Monsieur Le Corbusier” a cura di Robert Doisneau e Jean Petit, edizioni H. Grieshaber, 1988 – Collezione privata (le tirature sono due) – Photo © Robert Doisneau
Bonjour Monsieur Le Corbusier, a cura di Robert Doisneau e Jean Petit, edizioni H. Grieshaber, 1988 – Collezione privata

Il designer Lorenzo Damiani sottolinea un aspetto di Le Corbusier, già asserito dallo stesso maestro francese, ovvero come e quanto «la sua molteplice attività creativa – dalla pittura all’architettura, dal design alla scultura e tanto altro – sia figlia della medesima matrice ideativa». Si può pensare a tal proposito all’anno 1928, che «rappresenta un momento decisamente importante per il mondo del design: è l’anno in cui videro la luce alcuni oggetti immediatamente considerati dei classici del design moderno e contemporaneo, come il Table tube d’avion denominato più pragmaticamente LC6, la Chaise longue detta LC4 e – per non scrivere più dello stretto necessario – LC1, LC2, LC3… Pensare a questi prodotti significa cercare di capire il contesto progettuale nel quale sono nati, in cui tutto doveva avere un ruolo e una funzione razionale ben precisa per assurgere al ruolo di “macchina”, garantendo la migliore performance possibile: ecco, allora, il motivo per cui la Chaise longue venne definita dallo stesso Le Corbusier come una “macchina per il riposo” e le sue architetture come “macchine da abitare”». Si tratta di lavori che l’artista francese produce e firma assieme a Pierre Jeanneret e Charlotte Perriand nel campo della progettazione di elementi per l’abitare. Non c’è dubbio che quelle idee abbiano anticipato alcune tra le maggiori espressioni del design contemporaneo.

LC4 Chaise longue a inclinazione variabiale con struttura in acciaio cromato lucido, 1928 – Le Corbusier, P. Jeanneret, C. Perriand – Collezione “Cassina i Maestri” (collezione privata)

“Ventannidopo.  Le Corbusier pittore, scultore, designer e viaggi a Nord/Ovest” è inoltre un evento che consente alla città di Lissone di riaprire il “locus” dell’ex Osservatorio del Colore/Deposito merci, da tempo dimenticato, consegnandogli nuova fertile vita e facendogli assumere un ruolo significante per la cultura attraverso questa mostra che ha il merito, fra gli altri, di mettere in luce l’arte pittorica a cui Le Corbusier si è dedicato con impegno perseverante e umanitario sino al suo ultimo battito di ciglia, restituendocelo come uno dei maggiori interpreti dell’arte a tutto tondo del secolo scorso.

L’ex Osservatorio del Colore/Deposito merci di Lissone (MB)
L’architetto Giovanni Ronzoni, ideatore e curatore della mostra

Nel 1951 Le Corbusier viene incaricato ed inizia a tracciare il piano urbanistico di Chandigarh, città dell’India settentrionale che conta più di un milione di abitanti. Sin dai primi pensieri si manifesta la volontà di inserire nella grande piazza, di fronte al Palazzo di Giustizia e del Parlamento, il simbolo della Mano Aperta che pensa di materializzare a monumento universale che gira sul proprio asse seguendo la direzione del vento a fronteggiare l’Himalaya.

Quadro originale de “La Main Ouverte”, 10 agosto 1954 – Matita nera e pastelli colorati su carta da lucido – Collezione privata
Riproduzione in ferro in scala 1:5 de “La Main Ouverte” – Collezione privata

Per le Corbusier la “Mano Aperta” rappresenta la sintesi poetica ed intellettuale del suo pensiero: la mano aperta per ricevere… la mano aperta per donare. Ecco il testo che egli scrisse nel 1965, un mese prima della sua morte:   “Questo segno della Mano Aperta per ricevere le ricchezze create, per distribuirle ai popoli del mondo, deve essere il segno della nostra epoca. Prima di ritrovarmi un giorno nelle regioni celesti fra le stelle del Buon Dio, sarei felice di vedere a Chandigarh davanti all’Himalaja che si leva dritto sull’orizzonte,  questa Mano Aperta”.

La copertina del catalogo della mostra

Fotografie di Gigi Angiolicchio e Giovanni Ronzoni

Immagine in copertina: Stampa con cornice – Riproduzione Fondation Le Corbusier Mourlot  Imprimeur – Collezione privata