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Editoriale 12/MMXXIII

Bronzi Pergola

Ci sono scoperte che avvengono a seguito di un’intuizione, altre per una pervicace insistenza nel tentare e ritentare la strada giusta, altre ancora si materializzano dopo aver agito con un razionale metodo scientifico che ne abbia prefigurato l’esito. E poi ci sono le scoperte che, semplicemente, sono figlie del caso, ma non per questo meno cariche di fascino. In quest’ultima categoria bisogna collocare ciò che è avvenuto la mattina del 26 giugno 1946 in località Santa Lucia di Calamello, a Cartoceto di Pergola, nella campagna  a sud di Urbino, quando durante alcuni lavori di scavo resisi necessari per far defluire l’acqua piovana vennero fuori delle meravigliose statue che sarebbero successivamente passate alla storia come i Bronzi dorati di Pergola. Un capolavoro dell’antichità. Un gruppo scultoreo di inestimabile valore storico, artistico, culturale. Un lascito che, ancorché sia uno fra i tanti dell’età romana, nulla può togliere al senso di meraviglia e di bellezza insito in ogni scoperta archeologica. Infatti meraviglia e bellezza non sono certo categorie che si prestino all’abitudine o ad una superficiale noncuranza, per poi soggiacere all’indifferenza. Tutt’altro! Ogni volta che si presentino davanti ai nostri occhi ci aprono scenari ricolmi di suggestioni e di stimoli positivi. E poco importa, come nel caso dei Bronzi di Pergola, se la datazione non è precisa, se l’individuazione dei personaggi rappresentati non è puntuale, se le cause che hanno indotto qualcuno in tempi antichi a seppellirli in quel luogo sono sconosciute. Importa molto di più, e una volta di più, che quei pezzi del passato ci facciano sognare con tutta la monumentale espressione che ci offrono.

di Fabio Lagonia

 

 

Fabio Lagonia

Fabio Lagonia

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