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Editoriale 7/MMXXII

Può una fotografia suscitare emozioni, evocare ricordi e creare suggestioni ben più ampie dell’immagine riprodotta e circoscritta nel tempo e nello spazio finiti di uno scatto? Certamente sì. La meravigliosa Cadillac Type 61 Coupé 1950 che sfreccia sulla nostra copertina e, prima ancora, su San Lazaro, la strada che corre parallela al Malecon, ci conduce verso mondi in cui sembrano fondersi la storia, il paesaggio, i popoli che stanno di qua e di là dall’Atlantico, la vita delle singole persone fatte di carne, ossa e anima.

La Habana è davvero un luogo capace di accendere un fuoco di ispirazioni e provocare sentimenti, anche contrastanti, di seduzione e incanto. Se poi c’è un colore che rappresenta e accompagna tali sentimenti, probabilmente è il verde; è il colore della speranza e della vita che si rinnova, e su quella Cadillac – che incede fiera e imperturbabile verso il futuro – quel verde dà forma alla dignità. Una dignità che si mescola con la poetica malinconia già insita nel nome, Malecon, con cui il mondo intero conosce la fascinosa passeggiata marina della capitale cubana, tra i superbi palazzi di tonalità pastello e le boriose onde dell’oceano che si infrangono sull’asfalto bagnando passanti e auto. Anche questo è un tratto identitario con cui la metropoli caraibica si rende viva e presente. Uno dei tanti. Come il sapore del rum, il ritmo della salsa, il rombo delle auto d’epoca. Come “un buon sigaro cubano che chiude le porte alle volgarità del mondo”, per dirla assieme al compositore Franz Liszt. È il sorriso dell’Avana.

di Fabio Lagonia

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